Willie
Nelson (con
David Ritz)
My Life
- È una lunga storia [Il
Castello, pp.352]
Esce
anche dalle nostre parti, un po’ a sorpresa ma a conferma della trasversalità
e dell’ormai assodata fama del personaggio, l’autobiografia dell’inesauribile
e spesso sorprendente Willie Nelson, tradotta dall'editore Il
Castello a diversi anni di distanza dalla pubblicazione originale in
patria, datata 2015. Libro che sancisce e fissa le coordinate di un
percorso lungo e amplissimo in cui l’artista di Abbott, Texas, classe
1933, racconta l’evoluzione che lo ha portato a toccare i più diversi
ambiti musicali in una perenne ricerca artistica ma anche personale,
nobilitata da una onestà intellettuale che lo ha visto fare più di un
passo falso, eppure che lo ha reso icona della musica americana nel
senso più completo del termine.
My Life – E’ Una Lunga Storia, scritto con il supporto
di David Ritz, specializzato in biografie (ne ha scritte più di una
trentina, da BB King a Ray Charles, da Etta James a Lenny Kravitz),
dipinge un quadro quantomai esaustivo e approfondito, monumentale come
il personaggio, appassionato ed ironico, sempre assetato di nuove esperienze
e spesso in lotta con un ‘music business’ che ha cercato di domarlo
senza riuscirci. Dettagliato, anche raccontando momenti poco edificanti
della sua vita, My Life ha forse l’unico difetto di non comprendere
gli ultimi dieci anni di attività di Willie Nelson, più che mai pieni
di dischi di straordinaria fattura (vi rimandiamo alla discografia presente
su RootsHighway, qui di seguito ndr) e di una maturazione che
ha rinsaldato il legame tra lui e un pubblico sempre più eterogeneo,
che ne ha compreso la grandezza, come detto, fortemente variegata.
Da queste pagine traspare il forte senso della famiglia, intesa come
vincoli di sangue ma anche come affinità elettive, riconoscendo in alcuni
personaggi quali Mae Axton, la sorella Bobbie, il produttore Jerry Wexler
e anche Waylon Jennings, Kris Kristofferson e Johnny Cash, suoi pards
negli Highwaymen, un ruolo basilare nella sua crescita personale ed
artistica. Sono qui poi ben raccontate le tante battaglie per vedere
riconosciuto il proprio talento e le proprie peculiarità, da quelle
nei confronti dell’establishment nashvilliano negli anni Sessanta alla
volontà di esprimere sentimenti e situazioni spesso in contrasto con
il senso comune legato al ‘politically correct’.
Scorrevole e piacevolissimo nella lettura, My Life sottolinea
anche il lato ‘politico’ della personalità di Willie Nelson, il suo
senso democratico e condivisivo, l’amicizia con l’ex presidente Jimmy
Carter, i problemi causati dall’uso della marjuana, mentenendo sempre
sullo sfondo l’amore per la country music ma anche per il blues, il
jazz, il western swing e il pop, che lo ha portato negli anni a collaborare
con un numero infinito di musicisti dalle più diverse provenienze. La
sincerità e la freschezza di questo lungo viaggio narrato in prima persona
rende il personaggio ancora più amabile, con tutte le sue numerose debolezze
ma anche con la forza di credere nel potere salvifico della musica,
coinvolgendo il lettore con una prosa immediata e mai banale. Un viaggio
che merita di essere condiviso e apprezzato.
::
Willie Nelson in 10 dischi
-
a cura di Fabio Cerbone -
76 album solisti a proprio nome (almeno fino a quando
sono state scritte queste note, con l'arrivo del più recente
Last Leaf on the Tree), oltre un centinaio se contiamo anche quelli
nati da collaborazioni a più mani, districarsi all’interno della discografia
del texano Nelson è un’opera che toglie quasi il fiato, una ricerca
degna del più incallito topo di biblioteca, lungo oltre sessant’anni
di carriera. L’interesse per le forme più disparate dell’american
music e non solo, le capacità interpretative e strumentali (non
saranno mai abbastanza celebrate le doti del Nelson chitarrista), che
lo hanno spinto nelle direzioni più impensabili, attraversando i territori
del jazz, della canzone pop, persino del reggea, accrescono la “confusione”
per chiunque voglia suggerire una sintesi. Indichiamo dunque un percorso
che vuole essere soltanto un primo approccio, concentrandoci soprattutto
sulle opere a suo nome, nella prospettiva più classica legata all’idea
del musicista di rottura con la tradizione country di Nashville e della
figura ante-litteram di “fuorilegge”. Queste ci sono sembrate le 10
tappe da cui partire nell'esplorazione:
Yesterday's Wine (RCA, 1971) Shotgun Willie (Atlantic, 1974) Phases and Stages (Atlantic, 1974) Red Headed Stranger (Columbia, 1975) Stardust (Columbia, 1978) Spirit (Island, 1996) Teatro (Island, 1998) Songbird (Lost Highway, 2006) Heroes (Legacy, 2012) Last Man Standing (Legacy, 2018)
::
Willie Nelson on RootsHighway
Dai nostri archivi, in ordine
cronologico le recensioni apparse in questi anni sulle pagine di RootsHighway,
cercando di stare al passo con la prolificità di un musicista
e autore dal carattere camaleontico.