inserito il 01/11/2006

Willie Nelson
Songbird
[Lost Highway 2006]


Quanti mesi o forse dovremmo dire quante settimane sono trascorse dalle ultime notizie discografiche su Willie Nelson? Ormai il ritmo tenuto dall'ultra settantenne musicista texano è da capogiro, ma nonostante le giustificate critiche di sovrabbondanza la qualità media assicurata dalle sue più recenti iniziative artistiche dovrebbe far ricredere anche i più scettici. Non abbiamo fatto in tempo ad assorbire il colpo assestato con il delizioso omaggio alle canzoni di Cindy walker - You Don't Know Me - che ci ritroviamo a discutere di una quanto mai curiosa collaborazione fra il nostro veterano Willie e il giovane scapestrato Ryan Adams. Prodotto da quest'ultimo e interamente sostenuto dall'apporto musicale dei Cardinals (oggi accomodati nella formazione con Neal Casal, piano e chitarre, Jon Graboff, steel, Brad Pemberton, batteria e Catherine Popper, basso), Songbird è un lavoro che, laddove non stravolge le regole del gioco nella scelta del materiale (soltanto due nuove canzoni, alcune vecchie rielaborazioni e il resto dominato da cover), acquista un senso pienamente compiuto nella tavolozza delle sonorità, un incontro assai riuscito fra i fraseggi inconfondibili della voce di Nelson e il rock polveroso dei Cardinals, quasi avessimo a che fare con una singolare versione di Cold Roses. La profondità del sound elettro-acustico di quel disco, gli echi "settanteschi" country rock e la sensibilità pop di Adams si adattano come un guanto alla tradizione impersonata dal maestro. Willie Nelson d'altronde possiede una di quella vocalità che risultano riconoscibili e personali in qualsiasi contesto, capace davvero di piegare tutto al suo capriccio: per questo motivo non sorprenderà vederlo mettersi in gioco indifferentemente con il repertorio di Leonard Cohen, Jerry Garcia, Gram Parsons e Fletwood Mac. Assolutamente bilanciato fra antico e moderno, Songbird coglie di sorpresa allo spegnersi di una lunga jam blues, quella di Rainy Day Blues, swingata e manieristica (c'è anche l'armonica dell'amico Mickey Raphael), per entrare nel vivo con la title track, brano firmato da Christine McVie e proveniente dal pluridecorato Rumors. Si tratta di uno degli episodi più caratteristici del disco, una scommessa per lo stile di Nelson, che tuttavia non sembra sedersi sugli allori e riesce probabilmente a superarsi con la riedizione di Stella Blue (Grateful Dead), suono denso ed evocativo dove Ryan Adams e il suo sapiente lavoro di regia giocano un ruolo fondamentale. Un azzardo che trova il suo ideale completamento nella spinta rock di $1000 Wedding, gioiello di Gram Parsons trattato alla maniera dei Cardinals, ed infine nella presenza di una abusata Hallelujah, qui peraltro rispettosa e al tempo stesso personalissima, spruzzata di un'inedita malinconia da border town grazie alla presenza di fisa e steel. Il Nelson più riconoscibile, e se volete anche canonico, va invece rintracciato nei due classici del passato riproposti per l'occasione: lo scintillante country rock di We Don't Run, dalla travolgente complicità, e la ben nota Sad Songs And Waltzes (era sul capolavoro Shotgun Willie) walzer accompagnato dal tocco di Raphael all'armonica. Accostati però questi brani editi alla nuova composizione Back to Earth, ballad country di grande eleganza, all'oscura Amazing Grace, con un organo bluesy che conduce verso le periferie di New Orleans, e soprattuttto all'immensa Blue Hotel, corale country rock composto di Adams e vero gioiello del disco, Songbird acquista una consistenza che supera la semplice scelta delle canzoni.
(Fabio Cerbone)

www.willienelson.com
www.losthighwayrecords.com