Sotto c’è il grigio della
vita al crepuscolo, sopra la luce di un altro domani: piace interpretarla
così la copertina di A Beautiful Time, per un uomo e un
artista che si affaccia alla soglia dei novant’anni (soltanto uno di meno,
traguardo raggiunto proprio negli ultimi giorni di aprile) e non smette
di fare musica e di incidere, riflettendo una volta di più sulla morte
con dolcezza (I’ll Love Till the Day I Die, canzone scritta per
Willie da Rodney Crowell e Chris Stapleton) e beffarda ironia (la ruspante
I Don’t Go to Funeral). Dischi come
l’aria che respira, Willie Nelson conferma una fecondità artistica che
per lui probabilmente rappresenta soltanto una ragione di esistenza stessa:
nel giro di un anno o poco più sono spuntati un tributo alla musica di
Frank Sinatra (That’s Life), un album in famiglia di ispirazione
country gospel (The Willie Nelson Family) e ora la ripresa dell’ispirato
sodalizio con il produttore Buddy Cannon.
Un team quest’ultimo che ha fruttato a Nelson una sequenza di lavori rilevanti
in un tempo della carriera nel quale molti colleghi penserebbero solamente
a un placido ritiro. E invece A Beautiful Time si aggiunge al lotto
con una grazia che è capace ancora di trasmettere emozioni, anche quando
il mood si fa più languido e romantico, attraversato in buona parte dai
toni meditabondi della ballata, con una vena di nostalgia perfettamente
giustificata dall’età di Willie. Sobbalzi elettro-acustici, i punti fermi
dell’armonica dell’inseparabile Mickey Raphael, il pizzico della inequivocabile
chitarra dello stesso Willie, il disco prosegue paziente e mansueto sul
sentiero di una country music densa di ricordi e sentimentalismo, dalle
confessioni di My Heart Was a Dancer ai sogni a tempo di valzer
di Dreamin’ Again, Me and My Partner e della stessa A
Beautiful Time, con le piccole colorazioni di un piano elettrico,
della steel guitar, del raddoppio delle voci a sostenere il canto oggi
più sommesso di Willie, che tuttavia non ha perso lo smalto di quel fraseggio
unico (Live Every Day).
Lungo il percorso poche le variazioni sul tema, dando la sensazione di
un’uniformità che potrebbe anche passare per stanchezza, ma è semmai il
riflesso di una condizione dell’anima dell’artista: adorabile il ritratto
di We're Not Happy (Til You're Not Happy)
e il numero country swing di Don't Touch Me There, così come la
scelta di un paio di cover (in un disco assai più ricco del previsto di
brani firmati in coppia con Cannon), dalla velata, elegante interpretazione
di Tower of Song di Leonard Cohen alla più luminosa dedica di With
a Little Help from My Friends, il classico dei Beatles che
qui sembra inserirsi idealmente in un messaggio più ampio, quello che
abbraccia l’intero orizzonte di A Beautiful Time.