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I 50 dischi selezionati da RootsHighway
Top Ten 2005

10
Bruce Springsteen
Devils & Dust
(Columbia/Sony)
Le scheletriche ballate folk di Tom Joad, la produzione stratificata di The Rising, le chitarre rock e i modi spicci di Lucky town: Devils & Dust è allo stesso tempo vecchio e nuovo, un Bruce Springsteen che reiventa se stesso senza cambiare pelle, che cerca nuove strade battendo quelle vecchie, tornando all'essenza del folksinger
 


09
Dwight Yoakam
Blame the Vain
(New West)
Nel segno della sua prima autoproduzione, Dwight Yoakam si presenta sotto una luce scintillante, attraverso un suono corposo, elettrico come mai si era sentito, una verve ritrovata che ricorda davvero i tempi migliori. Blame the Vain imprime una sterzata decisiva alla carriera del nostro cowboy preferito
 


08
James McMurtry
Childish Things
(Compadre)
L'impianto sonoro ricorda da vicino le scorribande elettriche dei primi dischi, in particolare Candyland, pescando a piene mani in un rock'n'roll tagliente, crudo, da bar-boogie band e lanciandosi in trascinanti ballate che trasudano puro heatland-rock. In più c'è We Can't Make it Here, la canzone politica del 2005 senza tema di smentite
 


07
Black Rebel Motorcycle Club
Howl
(Echo/Pias)
Se il blues, come si è soliti affermare, è innanzi tutto una condizione dell'anima, prima che un vero e proprio genere musicale codificato, allora si fa fatica a trovare in questo 2005 un disco più blues di Howl. Il cuore dei Black rebel Motorcycle Club oggi sanguina blues, non c'è niente da fare.
 


06
Okkervil River
Black Sheep Boy
(Jagjaguwar)
Un saliscendi di ballate dalle diverse intensità, alcune dall'atmosfera bucolica e altre più vibranti, tutte comunque dense e in crescendo. Il suono degli Okkervil River ne beneficia a pieno, con risultati eclatanti sia per gli arrangiamenti scelti, che per il pathos e le emozioni che ne fanno seguito. Piccola grande band
 


05
Bettye Lavette
I've Got My Own Hell to Raise
(Anti)
Grazie alle miracolose cure produttive del solito Joe Henry, Bettye Lavette "risorge" con un disco soul in buona parte duro, per cuori forti e orecchie abituate al suono ruvido, abrasivo, decisamente ritmico (non in termini di accelerazione) e tutto giocato su cover di autrici e interpreti femminili.
 


04
Grayson Capps
If You Knew My Mind
(Hyena)
Non il solito luogo comune del chitarrista dal piglio southern blues, ma un corposo affresco dai margini del Sud, dentro le storie di reietti e sconfitti, primo fra tutti lo stesso Grayson Capps, spesso protagonista in prima persona delle storie narrate. Tra i bayou di New Orleans e le polverose strade della periferia americana
 


03
John Prine
Fair & Square
(Oh Boy)
Le canzoni sono esattamente come ce le si aspetta: intense, profonde, calibrate, in bilico fra country, folk e ballate tipicamente cantautorali. Nella sua semplicità John Prine ci accompagna nell'ennesimo, splendido viaggio all'interno di un'America rurale che vive una tranquilla vita di provincia lontano dai riflettori
 


02
Mary Gauthier
Mercy Now
(Lost Highway)
Popolato dagli stessi demoni del passato, Mercy Now è nuovamente il frutto di un songwriting crudo, fatto di immagini di desolazione, sconfitta e al contempo di riscatto e preghiera, sotto la guida di un suono asciutto, un pigro country-rock che fa sembrare la Gauthier una sorta di John Prine al femminile
 


01
Ryan Adams & The Cardinals
Cold Roses
(Lost Highway)
Ryan Adams le canzoni le sa scrivere e interpretare con una perfezione che rasenta il miracoloso, aprendo spazi, ricordi, agganci ad un passato che è l'alfabeto dell'american music. Cold Roses è un monumento all'arte della ballata, rock urbano con appendici country e folk più marcate, eppure sempre nuove all'ascolto
 


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