|
|
inserito
il 01/09/2005
|
|
![]()
Esordio dell'anno? Mettiamo la mani avanti: se non verremo clamorosamente
smentiti di qui a qualche mese da altri illustri outsiders proponiamo
già la candidatura al summenzionato titolo per If You Knew my Mind
di Grayson Capps, clamorosa rivelazione nel novero dei "maledetti"
cantastorie sudisti. Capps rientra di diritto nella categoria essendo
nato e cresciuto a Brewton, Alabama, impregnandosi degli umori musicali
di quella terra paludosa. Il fatto è che l'aria lasciva del blues rock
di apertura, Get Back Up, chitarra sonnecchiante sullo sfondo ed
un'armonica a scavare nelle radici del Delta non rende l'idea di quello
che attende l'ascoltatore. Tanto meno la successiva title track, un country
blues rigorosamente acustico e rurale che mette al centro un'insistente
slide guitar. Brani fascinosi e sudaticci, southern feeling quanto volete,
ma solo un aspetto parziale del songwriting già maturo di questo vagabondo,
con barba sfatta ed aria da busker di strada. Prodotto da Trina Shoemaker
conservando lo spirito roots e nelle stesso tempo spingendo verso
arrangiamenti stratificati, a tratti dai toni gospel soul, If You Knew
my Mind non è il solito luogo comune del chitarrista dal piglio sudista,
ma un corposo affresco dei margini del Sud, dentro le storie di reietti
e sconfitti, primo fra tutti lo stesso Capps, spesso protagonista in prima
persona delle storie narrate. Salito agli onori delle cronache grazie
alla partecipazione alla colonna sonora del lungometraggio A Love Song
for Bobby Long (tre le canzoni del film riprese nel disco), diretto
dall'amica Shainee Gabel e interpretato da John Travolta e Scarlett Johanson,
il nostro si è guadagnato la fiducia della piccola label newyorkese Hyena,
che ha praticamente ristampato il disco, uscito a livello indipendente
la scorsa stagione, con l'aggiunta della ballad Lorraine's Song. Fatto
curioso, sia il film che la canzone omonima, un tenebroso e struggente
folk blues acustico, sono basati sul romanzo inedito scritto dal padre
di Grayson, Everett Capps. Quasi quarantenne, alle spalle diverse sfortunate
esperienze discografiche (con la sua prima band Stavin' Chain), Capps
ha fatto tesoro delle ferite, tracciando un southern blues che profuma
a volte di country indolente, altre si rafforza in un suono elettrico
violento e oscuro. Nella prima categoria ricadono l'afflato soul di Slidell
e la citata Lorraine's Song, nella seconda l'infuocata discesa
all'inferno di Mercy o il rock spiritato di Buckshot, con
i cori di Rosalind Gonsalves e le grintose chitarre d'appoggio
di Tommy MacLuckie. Nel mezzo gradazioni tutte da scoprire, dal
groove decisamente "nero" di I Can't Hear You, altro bluesaccio
eccitato, a quello più funkeggiante e ritmico di How's I To Know,
fino, per contrasto, all'inquietudine di Graveyard, un folk rock
funereo e colmo di tensione che rammenta il Tom Waits dei bei giorni andati.
|