Un
doppio disco che avrebbe potuto comodamente uscire in versione singola,
una rock'n'roll band nuova di zecca con cui condividere i meriti, una
grafica elegante e misteriosa al tempo stesso, aspetti nemmeno tanto secondari
che riassumono lo spirito "settantesco" di Cold Roses,
"la rinascita" artistica di Ryan Adams, l'agognato ritorno
nelle braccia della tradizione e del country rock, almeno stando alle
sirene di quelli che ancora oggi si inginocchiano in preghiera davanti
ai ricordi dei Whiskeytown o dell'esordio solista Heartbreaker.
A costo di sembrare spocchiosi, ci permettiamo di dissentire con questa
superficialità, da sempre accompagnata con un gioco al massacro
nei confronti di un personaggio antipatico e incontrollabile (quest'anno
pare ci regalerà altri due cd), un teppistello che maneggia la
storia del rock americano assecondando i suoi capricci da star. Avrà
pure le sue colpe Ryan Adams, vero genio o autentico bluff, ma francamente
dietro Cold Roses ci sono solamente canzoni maledettamente
belle e rotonde, che compongono un quadro molto più complesso di
quello che si vuol far credere. Perchè Ryan Adams le canzoni le
sa scrivere e interpretare con una perfezione che rasenta il miracoloso,
aprendo spazi, ricordi, agganci ad un passato che è l'alfabeto
dell'american music. A metà del guado, tra le livide suggestioni
al neon e il rock newyorkese di Love
is Hell, lo sposalizio tra pop e Americana sound di Pneumonia
e la classicità di Gold,
Cold Roses è un monumento all'arte della ballata urbana, con appendici
country e folk più marcate, eppure sempre nuove all'ascolto. I
Cardinals sembrano proprio la band adatta per l'occasione: le chitarre
brillanti di J P Bowersock e
la steel di Cindy Cashdollar sono un toccasana, un combo essenziale
per le scorribande del leader, oggi più che mai in spolvero vocale,
con l'appoggio di Rachel Yamagata ai cori. La produzione di Tom
Schick non fa rimpiangere Ethan Johns e semmai opta per un suono ancora
più corposo e luccicante, in cui sprizzano continui inyrecci fra
chitarre acustiche ed elettriche. Oggi poi Ryan Adams è in vena
di romanticherie, di struggimenti d'amore che lo rendono particolarmente
giudizioso. Soprattutto nel primo round di questo doppio prodigio Adams
ricorre spesso alle luci soffuse: Magnolia Mountain e Mockingbird
scaricano tuoni elettrici e persino un pizzico di psichedelia su un tappeto
che ha la forma della ballata infusa di soul, ma il resto è tutto
una successione di irresistibili ganci elettro-acustici (una Cherry
Lane che è classica al primo ascolto), di melodie dolcissime
(Sweet Illusion, When Will You Come back Home) e fragili
(Now That You're Gone, la pianistica How Do You Keep Love Alive),
interrotte solo in una occasione dallo sbottare di Beautiful Sorta.
La seconda ripresa risulterà ancora più trascinante, perchè
semplicemente perfetta nel riassumere la cifra stilistica di Ryan Adams:
l'incedere country rock armonioso di Let it Ride e If I Am Stranger,
il rock dal taglio seventies della stessa Cold Roses e Life
is Beautiful, e poi ancora una Dance all Night con armonica
dylaniana che aggiorna la Firecracker contenuta in Gold, e poi...e poi
scoprite il resto da soli, che ne vale la pena, tanto si è capito
che questo è uno dei dischi dell'anno
(Fabio Cerbone)
www.ryan-adams.com
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