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  Daniele Tenca
Just a Dream
[Appaloosa records 2023]

Sulla rete: appaloosarecords.it

File Under: blues for a better world


di Fabio Cerbone (17/03/2023)

Non conosciamo nel dettaglio le ragioni che separano di ben sette anni il qui presente Just a Dream dall’ultimo segnale discografico lanciato da Daniele Tenca, Love is the Only Law, ma possiamo sicuramente constatare che sono serviti ancora una volta a immaginare un cambio di rotta, confermando come il musicista milanese preferisca sempre scartare un po’ di lato rispetto ai traguardi precedenti.

Se la matrice blues - elettrica, pulsante e spesso a braccetto con trame più rock - si innestava sulle forti tematiche sociali dei suoi primi lavori (con una menzione d’onore per Wake Up Nation), segnando il passaggio dall’italiano alla più espressiva (e adatta) lingua inglese; se il citato Love is the Only Law aggiungeva alla ricetta una sensibilità più intima e d’autore, a grandi linee legata all’Americana; il nuovo album si concentra adesso sulla forza del ritmo e anche sulla modernità espressiva della black music, come anticipano i primi due brani in scaletta, Scars in Sight e la stessa Just a Dream (il sogno rimanda direttamente a quello di Martin Luther King). Così la passione per l’idioma del blues si allarga nella direzione del funk, di un r&b più contemporaneo, “sporcando” i riff della tradizione con tappeti sonori, programmazioni e loop ritmici.

Una scelta coraggiosa, addirittura spiazzante per chi forse lo vorrebbe tenere legato a una scena “roots” italiana più definita, un tentativo che, sebbene non sia riuscito in tutti i suoi passaggi, restituisce comunque forte e chiara l’impostazione internazionale del disco, sia nella parte musicale che in quella lirica. Just a Dream, in buona parte pensato e inciso dallo stesso Daniele Tenca (chitarre assortite, basso, armonica e molti altri strumenti) con il contributo essenziale in fase di produzione e negli arrangiamenti di Antonio “Cooper” Cupertino, prende una strada comunicativa più aggrappata al presente, affrontando quegli argomenti di carattere sociale e politico (qui pricipalmente rappresentati da razzismo, violenza, emarginazione e crisi ambientale) che anche in passato hanno innervato la scrittura di Tenca, ma declinandoli con una colonna sonora che annoda disco-funk e tradizione in What If He Was Your Son? (presente la slide guitar del collaboratore storico Heggy Vezzano) e in Dreamkiller, roccioso rock blues modellato sul groove accattivante di certi Black Keys più recenti (No More Time Left), o infine strutture da moderna e languida ballata soul blues (Indifference, tra le migliori in scaletta, e ancora il lentaccio in minore Cellphone Ringtone Blues, che evoca qualcosa dello stile del Dylan di Time Out of Mind).

In tutto questo emergono idee sonore e cadenze affascinanti, e altre invece più prevedibili (Pretty Mama è l’episodio blues più canonico e forse fuori contesto, vista la direzione presa dall’album), soprattutto una voce che appare più a suo agio quando i giri del motore musicale calano di intensità (anche nella pregevole parentesi da folksinger di una innodica Smiling Man), benché non siano mai in discussione l’intento e la visione di Daniele Tenca, anzi, in qualche modo sottolineate dalla scelta delle due cover presenti nella raccolta: il brano I Can’t Breathe di H.E.R., singolo vincitore di un Grammy nel 2021 come canzone dell’anno e ispirato dalla scaldalosa vicenda dell’assasinio di George Floyd per mano della polizia di Minneapolis, e la conclusiva This Land, canzone firmata dal chitarrista Gary Clark Jr., nella quale il famoso inno di Woody Guthrie viene reimmaginato (e rivendicato) dal punto di vista di un afroamericano.

Nel primo caso il beat resta fedele all’originale, compreso il contributo vocale rap di Guy Davis, soltanto macchiato da una chitarra bluesy, ma non riesce del tutto a replicarne la stessa intensità emotiva, mentre si rivela molto più interessante la traduzione acustica del pezzo di Clark Jr., ballad che, accompagnata solamente da chitarra acustica e organo, esalta la densità del testo e sembra agganciarsi idealmente al fantasma dello stesso Guthrie.