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Black Snake Moan
Hypnotic Blues


a cura di Sara Fabrizi (15/05/2023)

Gli amanti del blues rock e della psichedelia da sempre attingono al vastissimo repertorio d’oltreoceano alla ricerca di novità che soddisfino la voglia mai paga di quel sound antico e attuale al contempo. Io vi dico che basta passare per Tarquinia, provincia di Viterbo, per trovare quei suoni. E’ in questa città dell’alto Lazio, antica patria degli Etruschi, infatti, che troverete Black Snake Moan, progetto one man band di Marco Contestabile. Attivo dal 2017, passando per vari album e per proficue partecipazioni a prestigiosi festival musicali, è attualmente approdato alla pubblicazione di due 7”, due doppi singoli, Revelation & Vision (Dead Music Records – Tufo Rock Records) e “Fire & What You See (Hypnotic Bridge Records) che continuano nel solco tracciato dai suoi esordi. Gli ho fatto qualche domanda per Rootshighway ed è stato estremamente piacevole scoprire come suggestioni musicali appartenenti a terre ed epoche molto distanti possano dialogare intrecciandosi in un linguaggio universale potentissimo e fortemente evocativo.

Sulla rete: blacksnakemoan-omb.bandcamp.com


L'intervista

Come nasce il tuo amore per la musica e qual è stato l'input che ha portato al tuo progetto?

Il mio amore per la musica nasce da bambino; mia madre è stata una danzatrice classica ed insegnante, sono cresciuto ascoltando sempre musica, ricevendo costanti stimoli artistici di vario genere in famiglia. L’interesse per lo strumento è iniziato tardi, lasciando una ipotetica “carriera sportiva” all’età di 16-17 anni. Dopo la visione del live di Joe Cocker a Woodstock, scoperto grazie a mio zio, e la consequenziale iniziazione al rock, nacque la voglia di cantare e suonare, interesse e curiosità che stavo maturando interiormente sempre più. E’ stata una vera e propria rivelazione e liberazione. Iniziai così a coltivare la mia passione per la musica suonando più strumenti presso Il Centro Aggregazione Giovanile di Tarquinia, confrontandomi in sala prove con molti ragazzi e iniziando un nuovo percorso. Black Snake Moan, il mio progetto, è nato nel 2017 dall’esigenza di intraprendere una strada solista, ossia la visione di una band racchiusa in un solo elemento, suonando contemporaneamente più strumenti. La scelta di suonare come solista nasce dalla volontà di vivere un progetto che rappresentasse lo specchio della mia realtà musicale, creativa ed indipendente.

Leggo che la tua appartenenza geografica (Viterbo, anticamente patria degli etruschi) ha ispirato il tuo approccio alla musica. In che modo?

La mia terra natale, Tarquinia, in provincia di Viterbo, è la terra degli antichi Etruschi, una regione ricca di storia permeata di mistero, dove il culto della morte e le credenze nella vita ultraterrena e negli eventi soprannaturali erano parte del quotidiano. Mi ha costantemente ispirato stimolandomi e diventando parte integrante della mia vena artistica. Sono sempre stato affascinato dai luoghi e dai paesaggi evocativi che mi regalano Tarquinia e le terre limitrofe. Le lunghe passeggiate immerso nella natura o nel centro storico mi hanno suggestionato e ricondotto a scenari che associo molto al viaggio, spirituale e di fantasia. E’ stato determinante vivere la mia terra per sviluppare il mio percorso creativo e sono davvero grato per questo legame ai luoghi a me cari. Interpreto questo legame come un richiamo costante ai “luoghi della mia memoria” perché fissano un evento memorabile che si ripropone ciclicamente nella mia vita, acquistando un significato che va ben oltre lo spazio ed il tempo.

Ogni luogo vissuto ha una memoria, interna ed esterna, da scoprire, da ricostruire, da interpretare. La memoria del luogo in cui vivo si presenta puntualmente attraverso il ricordo e la testimonianza, qualcosa che già ho vissuto o che sto proponendo sotto una nuova chiave raccontandola con il mio linguaggio artistico-musicale. Le radici culturali sviluppano lo scenario del proprio universo intimo, trasmettendo esperienze e dando la possibilità di condividere le proprie sensazioni. I temi della solitudine e della libertà, il dolore, l’amore, sono dentro la mia musica. Cerco di parlare di qualcosa di più grande di me, che mi trascende, onorando le mie origini tramite simbolismi e metafore. Mi sento profondamente connesso alle mie origini e da qui trae spunto un forte potenziale creativo. Vedo il mondo per quello che è e per quello che mi evoca, e riesco a farlo solo vivendo quei luoghi.

Dall'ascolto dei tuoi brani emerge con prepotenza una vena blues e psichedelica di chiara matrice americana, in particolare West-Coastiana. Come leghi le suggestioni spirituali, culturali, musicali, del sud-ovest degli States con quelle della tua terra di origine?

Il primo approccio stilistico musicale che mi ha cambiato la vita è stata la scoperta del Delta blues. Un flusso di canalizzazioni stilistiche che mi ha portato alla scoperta del rock psichedelico, soprattutto quello degli anni 60/70. La connessione e la suggestione della mia musica risiedono, come già accennato prima, nell’evocazione spirituale dei luoghi che descrivono la mia terra e che si rinnova di significati di volta in volta. Su questo sostrato si innesta un forte collegamento al sud-ovest degli States, tra mistero, misticismo e psichedelia. Mi sento connesso ai luoghi delle mie origini, e forse anche della mia precedente vita, e così cerco di interpretare la proiezione del mio mondo. Questa è la suggestione che mi spinge a scrivere i miei racconti in musica.

Le mie ultime produzioni sono l’esatta conseguenza di ciò che mi stava accadendo e di ciò che stavo ascoltando. La scena artistico-musicale di Laurel Canyon mi ha salvato da un profondo buio emotivo, mi ha dato nuova energia. Avevo bisogno di vivere e di liberarmi dal peso di ciò che stavo vivendo sublimando il dolore. Ho scritto molte canzoni, principalmente con le chitarre dodici corde, specialmente con la mia Rickenbacker, strumento che mi ha permesso di intraprendere un nuovo mood compositivo ispirato al folk-rock psichedelico californiano. Rimasi colpito da una affermazione di Tom Petty nel documentario Echo in the Canyon (che consiglio di vedere) appena imbracciata l’iconica Rickenbacker 12 corde: “Era perfetta per il folk rock, bastava usare il mignolo, non puoi permetterti il resto”. Davvero uno strumento incredibile e magico.

Cerco di non scrivere canzoni per mestiere, scrivo soltanto quando ho qualcosa da dire e fortunatamente questi ultimi anni avevo e ho veramente molte cose da raccontare. Mi piace pensare alla mia vita come collegata alla mia creatività. Non penso più a raggiungere una meta ma piuttosto al nuovo modo di vedere ciò che mi circonda, a perdere e ritrovare me stesso seguendo il corso del destino. Le canzoni sono la voce della mia esistenza, ispirazione ed auto-ascolto che ha sempre alimentato la voglia di andare oltre.

La tua musica è di ispirazione sixties e seventies, credi sia possibile oggi emancipare blues e psichedelia da quel riferimento temporale oppure secondo te è impossibile pensare a questi generi musicali attualizzandoli, ossia estraendoli dall'arco temporale che li ha prodotti per renderli più "moderni" e aderenti all'oggi?

La mia musica è fortemente radicata nel rock psichedelico anni 60/70 e nel blues. La volontà di proporre sotto una nuova veste questo genere secondo me è possibile, e credo che questa musica non abbia un riferimento temporale preciso in questo presente semplicemente perché è diventata senza tempo ed è una costante ispirazione. Esiste una scena neo-psichedelica molto interessante che abbraccia molti generi. Io la vedo come una costante ciclicità stilistica che può rinnovarsi ogni volta. La musica può essere lo strumento ideale per emanciparsi dalla tendenza a seguire la corrente di un determinato momento.

Dove porta il tuo progetto? Vedi evoluzioni e/o rotture rispetto alla tua partenza oppure resterai nel tuo ambito scandagliandolo il più possibile?

Spero che il mio progetto mi porti sempre altrove. Mi piace pensare alla mia musica come alla possibilità di viaggiare e diffondere la mia arte nel tempo e nello spazio. Tecnicamente mi piacerebbe evolvermi e sviluppare la scrittura e la forma di nuove canzoni, collaborare con altri musicisti e produttori, sarebbe una grande fortuna. Ogni volta che scrivo mi sento rigenerato. Mi succede spesso quando intraprendo un nuovo percorso compositivo di avvertire come uno stato di grazia e di catarsi. L’esperienza, artistica ed umana, di questi ultimi anni mi ha portato a cambiare come persona e come musicista. Mi sento libero oppure è semplicemente una soffice illusione. Ho costantemente voglia di mettermi in gioco. La vera scommessa è riuscire a tirar fuori da tutto ciò la connessione che unisca questi due estremi: il vecchio ed il nuovo. La musica mi ha aiutato nei momenti più duri. Io davvero penso che possa migliorare l’essere umano ed elevarci tutti in un’altra dimensione. Credo in quello che faccio, al di là dei risultati, sempre e sempre più oltre. Poi al resto ci pensa il rock’n’roll.


    



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