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Lankum
Live in Dublin
[Rough Trade 2024]

Sulla rete: lankumdublin.com

File Under: new wave of irish folk


di Fabio Cerbone (26/06/2024)

Se le frontiere del linguaggio folk hanno allargato verso l’ignoto i loro confini e se l’orizzonte della musica tradizionale ha acquisito un nuovo senso del mistero, persino una certa inedita sacralità, lo si deve molto a questi quattro ragazzi irlandesi, senza tema di smentite uno dei migliori “incidenti di percorso” che siano accaduti in questi anni al mondo della cosiddetta musica alternativa.

I Lankum ne fanno parte per biografia personale, approccio e visione, anche se le loro gambe poggiano sulle spalle dei giganti del passato, su quel patrimonio di ballate e ancestrali folk song che il loro repertorio evoca di continuo. Qui però non c’è traccia di agiografia, né tanto meno di puro gesto conservatore, tutt’altro, perché attraverso quattro album di studio (gli esordi come The Lynched, quindi il cambio di nome e la firma per la Rough Trade, con il definitivo decollo artistico) la band irlandese ha forzato i limiti, ha sfondato barriere invalicabili, mettendo in comunicazione antico e moderno attraverso canzoni dal tono marziale, dense e scure, lì dove l’irish tradition viene decostruita in movimenti circolari di drone music e psichedelia, di irruenza rock mascherata e pura avanguardia sonora. Stampa e pubblico hanno capito e apprezzato, nonostante le “difficoltà” di una proposta così estrema e destabilizzante, e sono arrivati i riconoscimenti, i premi e gli “album dell’anno”. Gli stessi che hanno probabilmente indotto i Lankum a sfruttare l’onda dell’entusiasmo, così come a chiudere il cerchio, con una sorta di celebrazione delle conquiste sin qui raggiunte, grazie al classico disco dal vivo.

Live in Dublin
è tutto giocato fra le mura di casa, tratto da tre spettacoli sold out, tra il 29 e il 31 maggio dello scorso anno, presso la sala concerti Vicar Street della capitale irlandese. Il pubblico è dalla loro parte, la musica si fa largo con la stessa vibrante impenetrabilità e consistenza delle opere di studio. In queste ultime era presente forse più libertà di sperimentazione, letteralmente abbandonati al magma sonoro, ma anche nella versione live i Lankum non cedono di un millimetro dal fascino oscuro che ammanta il loro gesto musicale, offrendo nuove, ardite prospettive a strumenti come concertina, harmonium, uilleann pipes e tin whistle.

Solo nove brani nell’edizione digitale (che si accorciano addirittura a sei in quella stampata su vinile), ma con le dilatazioni tipiche della band, tra una The Wild Rover che apre il rito collettivo superando gli undici minuti di durata e una spettrale Go Dig My Grave, cuore pulsante del disco, che sfiora i dodici, entrambe sospinte dalla voce magnetica di Radie Peat, tuono nel tuono all’interno delle bordate sonore dei Lankum. La parte del leone, gioco forza, la fanno i brani tratti dagli ultimi due album, i celebrati The Livelong Day e False Lankum, ma c’è spazio anche per un inedito (quanto meno su disco) come The Rocky Road to Dublin, danza tradizionale che la formazione irlandese rende straniante e onirica con lo stile vocale degli interpreti, Radie Peat insieme ai fratelli e polistrumentisti Ian e Daragh  Lynch, fondatori dei Lankum, oltre al violinista (ma anche molto altro) Cormac Mac Diarmada.

Nel percorso selezionato dai tre show del Live in Dublin anche un paio di intermezzi strumentali, perfettamente incastonati nell'ideaologia sonora del gruppo, a varcare gli stridori sinistri di The Pride of Pedravore e l’eternità evocata da Fugue, brani che trasmutano rispettivamente nell’albeggiante dolcezza folkie di On a Monday Morning e nella travolgente giga finale di Bear Creek, istantanea della "potenza folk" che la band è in grado di sprigionare con la materia musicale a disposizione.



 

 

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