Pubblicato in vinile per il Record Store Day
e in cd qualche settimana fa, Day Of The Doug
è un tributo alla musica di Doug Sahm con dodici canzoni che
abbracciano i diversi periodi della carriera del musicista
texano, sia come solista che come leader del Sir Douglas Quintet
e dei Texas Tornados. Nato a San Antonio nel ’41 e morto a
Taos nel ’99, Sahm è stato una figura fondamentale della musica
Tex-Mex, ma non solo poichè ha assorbito anche influenze del
British Pop e della scena hippie californiana dopo il suo
trasferimento nel ’65 a San Francisco dal Texas, dove è tornato
nel ’71. Figura di culto, ha raggiunto un successo di massa
solo con alcuni singoli del Sir Douglas Quintet tra il ’65
e il ’68.
Jay Farrar ha conosciuto Sahm nei primi anni Novanta, quando
collaborarono alla cover di Give Back The Key To My Heart
incisa dagli Uncle Tupelo nel ’93 (nell'ultimo disco della
band, Anodyne). Ma questa volta ha voluto dedicare
un intero album al musicista texano, che verrà anche presentato
in tour insieme all’esecuzione integrale di Trace,
album d’esordio dei Son Volt pubblicato nel ’95. Da profondo
conoscitore di questo artista, Jay ha scelto nel momento di
pausa della pandemia tracce meno conosciute, evitando i singoli
di successo e coprendo tutti i periodi della produzione di
Sahm, affiancato dagli attuali colleghi Andrew DuPlantis,
Mark Spencer, Mark Parrerson e l’ultimo arrivato John Horton,
ex Bottle Rockets (che furono i primi a pubblicare un disco
di cover di Sahm, Songs of Sahm del 2002), aggiungendo
come apertura e chiusura due messaggi telefonici lasciati
da Doug sulla sua segreteria.
Le versioni sono adattate allo stile dei Son Volt e
alla voce di Farrar, più bassa di tono e decisamente più melodica
e malinconica di quella di Sahm, senza stravolgere gli originali.
Dal periodo del SDQ spiccano l’up-tempo What About Tomorrow,
il roots rock Yesterday Got In The Way, il country
Keep Your Soul meno campagnolo rispetto all’originale,
la briosa Dynamite Woman caratterizzata dagli inserimenti
dell'organo Farfisa e Seguin, che sembra uscita dal
canzoniere della band. Dal periodo successivo emergono l’apertura
byrdsiana di Sometimes You’ve Got To Stop Chasing Rainbows
eseguita senza chitarra acustica, la scorrevole Beautiful
Texas Sunshine con la pedal steel di Brad Sarno, la robusta
Juan Mendoza cantata da DuPlantis, una divertente e
ballabile Poison Love e la ballata It’s Gonna Be
Easy che chiude un disco che Doug Sahm avrebbe sicuramente
apprezzato.