Curioso notare come, oltre alle
“similitudini stilistiche” sia Sam Cook che Marvin
Gay aggiungano una “e” al loro cognome originario,
per variarne il possibile significato (“cuoco”
il primo, “omosessuale” il secondo), anche se
poi, la pronuncia ne lascia intatto il richiamo.
Ma le affinità non si fermano qui: in tempi, occasioni
e modi diversi, ci sono anche le rispettive maturazioni
socio-artistiche e la grande influenza sul mondo
black, e non solo. Inoltre, i due grandi
artisti “condividono” la prematura e tragica fine:
ambedue assassinati, ancora giovani, con un colpo
di pistola: Cooke nel ‘64 da una tenutaria di
un motel (il sospetto di un complotto), Gaye vent’anni
dopo, dal padre!
Marvin Pentz Gay Jr, nasce a Washington,
D.C., il 2 aprile 1939. Cresce con la passione
per i gruppi vocali che, tra la fine dei Quaranta,
per tutti gli anni Cinquanta e poco oltre, hanno
grande diffusione, riservando soddisfazioni e
fama – seppure spesso effimera -, a non pochi
giovani dei ghetti e non solo. Inizia con i Rainbows
e poi i Marquees, non lasciando segni particolari,
poi si aggrega alla “seconda edizione” dei famosi
Moonglows, guidati da Harvey Fuqua. Nel ‘58 viene
reclutato per qualche incisione (Chess), che non
ha grande riscontro, ma comincia a farsi conoscere,
e Fuqua lo porta a Detroit, dove Gaye firmerà
un contratto con la Motown di Berry Gordy Jr.
Nei primi tempi viene utilizzato come corista,
occasionalmente batterista; poi comincia ad incidere
a proprio nome per la Tamla, una delle labels
della casa discografica detroitiana. Nel ‘62 inizia
a farsi notare con la discreta Stubborn Kind
of Fellow e l’anno successivo con la più intensa
Pride and Joy (Martha & the Vandellas gli
fanno da coriste). Intanto, sposa Anna, sorella
del boss.
Alcuni suoi duetti hanno buoni riscontri, soprattutto
quelli con Kim Weston (It Takes Two), ma
quelli più significativi arriveranno dal legame
(non solo artistico) con Tammi Terrell, fatti
di raffinate dosi zuccherine pop-soul. Vari i
successi, ad iniziare da Ain’t No Mountain
High Enough e dagli album United (‘67)
e You’re All I Need (‘68), forti dei consensi
concertistici del duo. Il tutto dura fino a quando
lei si ammala di cancro, con laceranti vicissitudini
e prematura morte (ventiquattrenne) nel 1970,
che lascia in profonda crisi il poco più che trentenne
artista washingtoniano. Nel contempo, Marvin ottiene
una serie di risultati anche commerciali di rilievo,
già a partire dall’eccellente, sinuosa I Heard
it Through the Grapevine (’68). Mentre il
suo rapporto coniugale con Anna è in profonda
crisi, la guerra in atto in Vietnam – in cui è
impegnato per tre anni anche il proprio fratello,
Frankie -, e le problematiche legate alle periferie
delle grandi città, in particolare dei ghetti,
fanno maturare in lui una forte coscienza socio-razziale.
Marvin
Gaye - I Heard It Through The Grapevine
Marvin
Gaye - Sexual Healing
Pur ostacolato da Gordy, si propone
di realizzare un disco impegnativo: il capolavoro
What’s Going On (‘71). Anche se
realizzato con qualche orchestrazione di troppo,
il “concept album” risulta denso di contenuti
universali (conflitti sociali, ecologia, povertà,
guerra): oltre al sofferto brano che ne dà il
titolo, si distinguono Mercy Mercy Me (The
Ecology) e Inner City Blues (Make Me Wanna
Holler) che, proprio insieme a What’s Going
On, divengono hit di rilievo. Il tempo di
una buona colonna sonora (Trouble Man),
ed ecco un altro cambio stilistico: il gioiello
Let’s Get It On ne incrementa soprattutto
l’immagine di sex symbol, ma anche il lato sentimentale.
E’ in quel periodo che Marvin si lega a una diciassettenne,
Janis Hunter, mettendo in crisi il matrimonio
e i rapporti col cognato Gordy. Il divorzio da
Anna e il matrimonio con Janis (‘77) contribuiranno
a renderlo confuso, pure artisticamente, trascinandolo
verso registrazioni poco più che discrete, con
qualche guizzo, sia coi duetti con Diana Ross,
che in alcune esibizioni in concerto (nel ‘77
riprende la prima posizione nelle classifiche
r&b e in quelle pop, col live Got to Give Up
di stampo disco: n.1 r&b e pop).
Mette in atto un tour de force progettuale e di
produzione che, oltre a rendere omaggio alla ex-moglie,
gli dovrebbe consentire pure un ritorno economico
per sopperire al dissanguamento causato dal divorzio
di cui è responsabile. Here, My Dear (‘79)
è un “pasticcio” (anche di copertina), che ha
comunque qualche spunto brillante. Poi “annaspa”
di nuovo, cominciando a perdersi anche psicologicamente,
assalito da démoni, relativi a “identità” e sessualità,
e dal distacco anche da Janis (divorzio nell’81).
Tuttavia lascia segni della sua classe, anche
a Montreux (‘80). Nell’82 ritorna con Midnight
Love, che contiene l’irresistibile Sexual
Healing (n. 1 r&b per settimane e n. 3 pop),
che sembra l’annuncio di una “guarigione”. Non
è così. Riprende una pericolosa discesa, ai limiti
della paranoia, che si conclude nell’84, quando,
durante una lite col padre – a sua volta “indefinibile
miscela” di religiosità e ambiguità sessuale -,
quest'ultimo gli spara, uccidendolo il giorno
prima del suo compleanno: il 2 aprile 1984. Avrebbe
compiuto 45 anni.
Il postumo Sanctified Lady (tratto da Dream
of a Lifetime) è l’ultimo segno del suo potenziale
mediatico in ambito black.
p.s. A raccontare al meglio la sua vita ci penserà
l’impareggiabile David Ritz - note le sue opere
riguardanti i Neville Brothers, Aretha Franklin
e altri -, con “Divided Soul” (Omnibus Press,
1985), tradotto in italiano, col titolo “Un’anima
divisa in due” (Arcana, 2010).