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Ben Nichols & Rick Steff
Lucero Unplugged
[Liberty & Lament 2025]

Sulla rete: luceromusic.com

File Under: stripped Lucero songs


di Fabio Cerbone (12/02/2025)

Per trovare lo spazio tra le note, dicono Ben Nichols e Rick Steff, quello che rimane di non detto (e di non suonato) dentro una canzone, è nata l’idea di questo Lucero Unplugged, album che vede i soli due membri del gruppo di Memphis, rispettivamente alla chitarra e al pianoforte, ripercorrere dal vivo in studio una storia lunga venticinque anni e un corposo songbook che si allarga a venti tracce spalmate su un doppio vinile (oltre alla contemporanea edizione digitale disponibile su tutti i canali di streaming).

Non fosse passata ormai da tempo la moda del disco “unplugged”, epoca sepolta fatta di dominio di MTV e di musica amplificata dal potere dello schermo, avremmo potuto persino immaginare che i Lucero volessero “sfruttare” il vecchio catalogo per fare cassa, ma è talmente fuori luogo discuterne, vista la storia in gran parte indipendente di questa rock’n’roll band, che è meglio accostarsi a questa uscita da un’altra prospettiva, quella di un omaggio ai loro estimatori di lungo corso. Tale rimane il senso generale di Lucero Unplugged, uno di quei lavori discografici che sembrano rivolgersi a chi è già stato “convertito”, per giunta ripescando in abbondanza dalla produzione storica della formazione, una delle migliori esperienze offerte dal “nuovo rock sudista”, insieme ai colleghi Drive-By truckers, nate allo scoccare degli anni Duemila.

Aprire la scaletta con In Lonesome Times, brano che arriva dai primi nastri della soffitta (The Attic Tapes, così denominati) incisi dai Lucero, è già un segnale chiaro, al quale Nichols e Steff (ormai membro essenziale della band, anche se non presente nella prima stagione) aggiungono altri tasselli e gemme dimenticate che nutrivano il loro alternative country dal turbolento animo punk, lo stesso che dominava l’esordio omonimo del 2001 (My Best Girl e It Gets Worse At Night), lo strepitoso Tennessee di un anno successivo (molto amato, pare di poter dire e a ragione, con ben quattro episodi: Sweet Little Thing, Nights Like These, Darby’s Song e Slow Dancing), e ancora That Much Further West (con la title track, Hate And Jealousy e quello straziante sfogo che rimane la catartica Tears Don't Matter Much). Curioso non abbiamo scelto di includere anche Bikeriders (l’originale stava su Nobody’s Darling del 2005), visto il recente successo del film (girato dal fratello di Ben, Jeff Nichols) e della relativa colonna sonora, la qual cosa fa ancora più onore ai due musicisti e non può che ribadire le buone intenzioni di Lucero Unplugged.

Album che rimane, occorre ribadirlo, un sovrappiù nella storia del gruppo, anche se ha il merito di accendere i riflettori più sulle parole e sull’intesità dei testi di Ben Nichols: l’intima dimensione acustica, gioco forza, esalta il romantico e burrascosco mondo sentimentale, fatto di ricordi, delusioni e speranze, che nutre da sempre il songwriting da adolescenza rock di Nichols, al quale il lirismo e la limpidezza melodica delle note del piano di Rick Steff offrono quel sostegno in grado di non rendere Lucero Unplugged una raccolta troppo involuta e priva di dinamiche. La voce graffia come sempre, cruda e limitata ma efficacissima nel descrivere una certa poetica della sconfitta, mentre il cuore scuro e folkie di queste ballate (Among the Ghost resta un piccolo impetuoso capolavoro anche in questa veste, e Hello Sadness dice tutto già dal titolo) ci racconta come sempre un’altra America, quella a cui continueremo a voler bene nonostante tutto il chiasso politico e la decadenza sociale che oggi la circondano.



 

 

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