Mancava un pezzo della storia e il secondo capitolo sulla
conquista dal vivo del Ryman Auditorium di Nashville da parte di Jason
Isbell e dei suoi 400 Unit è qui per concluderla con toni trionfalistici.
Il primo atto era andato
in scena nel 2018, un live album che testimoniava sei serate sold out
nel tempio della musica cittadina, a seguito del tour più recente
della formazione, svolgendo un compito celebrativo sulle conquiste sino
ad allora raggiunte dal musicista dell’Alabama, anche se il suono e gli
arrangiamenti tendevano a restare dentro i margini. Da una parte c’era
il songwriter capace di esprimere nelle sue ballate i sentimenti più intimi,
dall’altra un gruppo che mostrava la crescita in pubblico e la competenza
nel cogliere le diverse sfumature compositive di Isbell.
Occorreva soltanto un po’ di sporcizia rock in più, e magari un reperotorio
che fosse innervato da una rinnovata energia: Live From The Ryman
Vol. 2 svolge benissimo questo compito, soprattutto perché attinge
in via quasi esclusiva al repertorio degli ultimi due album di studio,
una sorta di rinascita dopo qualche momento di appannamento per Jason
Isbell, colpito anche da passaggi difficili nella propria vita personale,
con la separazione dalla moglie, e spesso parte integrante dei 400 unit,
Amanda Shires. La via di uscita sono quindici brani e una set list a dir
poco perfetta nel dosare intensità elettrica e confessioni acustiche,
con una predilezione però per il gesto rock, per la liberazione delle
chitarre e del loro impasto melodico, tanto da eleggere attualmente Isbell
e la sua band tra i migliori discepoli della lezione degli Heartbreakers
di Tom Petty. Non è un caso che sul finale Jason scelga di interpretare
una cover, l’unica inclusa nella scaletta, dello stesso Petty, quella
dolcissima Room at the Top (dal dimenticato
e bellissimo album Echo) che congiunge idealmente le loro traiettorie
e fa da passaggio di testimone.
Frutto della selezione di una serie di registrazioni provenienti da quattro
show negli ultimi sei anni di presenza dei 400 Unit al Ryman Auditorium,
catturati con vitalità dall’ingegnere del suono Cain Hogsed e mixati a
Nashville da Todd Tidwell, Live From The Ryman Vol. 2 fa incetta
di brani dai premiati Reunions
(il primo passo verso la risalita) e Weathervanes
(il migliore da diversi anni a questa parte) aggiungendovi la citata Room
at the Top e una strepitosa The Last Song
I Will Write, ripescaggio dal lontano esordio solista di Isbell
del 2009, all’epoca appena uscito dal’avventura con i Drive-By Truckers.
Proprio quest’ultima è una delle tante testimonianze del liberatorio e
trascinante american rock’n’roll che Jason è qui capace di restituire
insieme ai 400 Unit, che hanno nelle chitarre spaziali della spalla Sadler
Vaden e nelle tastiere di Derry deBorja i due elementi che sembrano davvero
richiamare un parallelo (senza paragoni “blasfemi” e semmai con l’intenzione
di evocare una linea di comune sentire) con l’altra coppia storica Campbell-Tench
negli Heartbreakers.
Sentiteli scorazzare in lungo e in largo, per esempio nell’uno-due iniziale
di Save the World e King of Oklahoma, dove Isbell e soci
ribadiscono la loro capacità di restare saldamente dentro la storia del
classic rock americano, ma di saperne elaborare la lezione traghettandola
verso l’attualità dell’Americana. Oppure lasciatevi condurre nelle trame
violentemente “younghiane” (e Neil Young in chiave elettrica con i Crazy
Horse è senza dubbio l’altro pilastro di ispirazione sonora per Isbell)
di una rutilante Miles, prima che
arrivi l’heartland rock di When We Were Close a gonfiare le vele
dei 400 Unit, lanciati infine a rotta di collo verso le radici southern
dello stesso Isbell in una This Ain’t It che
è tutta un rimpallo di solismi chitarristici e strade blu, nove minuti
che dagli onnipresenti Heartbreakers giungono alla Georgia dell’Allman
Brothers Band.
Ma Live From The Ryman Vol. 2 è anche altro, come anticipato, la
conferma di un sonwgriting che in questi anni non a caso è diventato un
punto di riferimento per la scena Americana: modulato su armonie vocali
e sensibilità pop che cova dietro la scrittura “tradizionalista” di facciata,
Isbell imbocca percorsi più languidi in Only Children e Middle
of the Morning, propone una forma di ballata rock che abbraccia una
certa drammaticità in Overseas e Running With My eyes Closed
(che pare uscire dalla California dei Fleetwood Mac), per acquietare quindi
gli animi nella piccola digressione acustica collocata al centro dell’album
con l’accoppiata formata da Strawberry Woman e Cast Iron Skillet.
In tutte queste occasioni i 400 Unit dimostrano di essere cresciuti fianco
a fianco con Isbell e le sue canzoni, di averne carpito i segreti, restituendone
le emozioni con un’opera di traduzione sonora che questo Live From
The Ryman Vol. 2 esalta con rara efficacia.