E' facile intuire come finirà il novanta per cento delle
recensioni e dei commenti a Moving dei Cheap Wine:
si meriterebbero di più. Invece no: si meritano questo disco, così come
ce lo meritiamo noi, punto e a capo. Intuire il senso di questo passaggio
non vuol dire soltanto capire l'intima essenza di Moving (che è uno splendido
disco), ma anche percepire le radici primordiali del rock'n'roll e la
sua ultima libertà. Piccola parentesi industriale: i Cheap Wine hanno
avuto un estemporaneo rapporto con una parvenza di etichetta discografica.
Risultato: un fallimento all down the line. Dato che sono ragazzi
svegli, da allora (erano i tempi di Pictures) in poi i dischi se li producono
(e se li vendono da soli) e sono uno meglio dell'altro. Moving ha qualche
motivo in più per essere ricordato perché, pur non essendo una svolta
netta rispetto a Crime
Stories, Ruby
Shade o A Better Place, da una parte si avvicina moltissimo
ai Cheap Wine live e dall'altra mostra uno spettro di sonorità non del
tutto inedito, ma che finalmente il gruppo dei fratelli Diamantini
padroneggia come proprio. Le sorprese cominciano subito da I Can Fly
Away, che sembra un reperto della Summer of Love: chitarre
acustiche, psichedelia, le voci che armonizzato e s'intrecciano, i Jefferson
Airplane nell'aria. Eterea e bellissima, almeno quanto la versione di
One More Cup Of Coffee (Bob Dylan) dove una chitarra acidissima
s'infila tra le note del piano, dimostrando che i Cheap Wine hanno allungato
il passo. Qui gioca un ruolo di rilievo Marco Diamantini che schiva
l'ennesima imitazione di Bob Dylan per regalarci una versione vocale personale
e molto profonda. Tra questi due estremi soffusi, ci stanno poi i Cheap
Wine maturati dall'esperienza on the road, a cui il titolo allude senza
remore: le furie chitarristiche di Move Along, The Wheels Are
On Fire e Haze All Down The Line (un grande titolo che in un
colpo associa Jimi Hendrix e Rolling Stone), I Got Gasoline convivono
senza problemi con la psichedelia di Loom And Vanish e Fade
Out (e qui sembra di sentire persino i migliori Pink Floyd), con il
drive springsteeniano di Shakin' The Cage, il turbinio blues di
Snakes e con una ballata come City Lights. Ancora una volta,
il titolo qui nasconde un (forse inconscio) tributo alla Beat Generation
(la City Lights di San Francisco, dove tutto ebbe inizio), ma è tutto
Moving ad essere impregnato all'epica della vita on the road che, ieri
ed oggi, è più la vita delle rock'n'roll band che dei poeti. Fedeli fino
in fondo a queste motivazioni (sulla strada ci stanno loro, non altri)
i Cheap Wine hanno fatto tutto da soli e alla produzione hanno messo Michele
Diamantini che, al di là dei suoni, ha avuto l'intuizione di lasciare
scorrere le canzoni, le chitarre e quant'altro forma l'essenza dei Cheap
Wine senza guardare le lancette dei minuti e dei secondi. Il risultato
potrà suonare quindi out of time, ma è rock'n'roll al cento per
cento.
(Marco Denti)
www.cheapwine.net
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