Superati i settant’anni,
ma con una voce e un feeling che possiedono ancora tutta la carica di
quel ragazzino partito dalla North Carolina alla volta di New York vero
la fine dei 60s, Lee Fields è suo malgrado uno degli ultimi testimoni
rimasti di quella rinascenza soul avviata qualche stagione fa in casa
Daptone records. Strano che vi approdi direttamente soltanto oggi, fatta
eccezione per alcuni singoli ad inizio dei 2000, in occasione del nuovo
lavoro intitolato Sentimental Fool, questa volta non accreditato
in combutta con i suoi fedeli Expressions. Le carte in tavola però non
cambiano drasticamente, perché la squadra messa a disposizione dal produttore
e boss dell’etichetta Bosco Mann (nome d’arte di Gabriel Roth) è di prima
scelta e soprattutto calibrata al millimetro sulle dinamiche di una “sweet
soul music” che non fa nulla per nascondere i suoi legami con il passato.
A maggior ragione dopo le scomparse di Sharon Jones e Charles Bradley,
tra le stelle più brillanti di marca Daptone, il nostro Lee Fields raccoglie
orgogliosamente il testimone e conferma quegli standard di ispirazione
e qualità musicale che già avevano convinto gli adepti del genere in Special
Night e It
Rains Love. Nell’entrata alla scuderia Daptone c’è stato forse
un passaggio più marcato dal funk al southern soul, da quell’amato James
Brown, al quale fin da inizio carriera Fields è sempre stato accostato,
ad altri eroi come Otis Redding e James Carr. È la sensazione che sprigionano
episodi quali Forever e I Should
Have Let You Be, piazzati in apertura a dare l'impressione di un’interprete
al massimo della sua espressività, romantico nella dichiarazione di Sentimental
Fool, struggente nella richiesta all’amata di Just Give
Me Your Time e con quella pena nel cuore che è la fiamma che alimenta
questo repertorio, da What Did I Do a Save Your Tears for Someone
New.
Canzoni, in buona parte firmate dallo stesso produttore, che cesellano
suoni e versi che sembrano uscire da qualche cassetto della Stax o dagli
studi di Muscle Shoals, in un gioco di specchi fin troppo evidente, al
quale però Lee Fields sa offrire una credibilità che altri giovinastri
del "nuovo soul" non possono vantare. D’altronde, da un musicista
che ha debuttato nel 1969 e ha attraversato quasi quattro decenni prima
di riprendersi quello gli spettava, non ci si può aspettare altro che
questa forza d’animo, qui esternata nel finale di Extraordinary
Man, traccia ammantata di grazia gospel, ma ribadita anche
da quegli episodi più brucianti (Two Jobs e The
Door su tutto il resto, Your Face Before My Eyes a tallonarle
di una incollatura) che non rinunciano agli impulsi ritmici funk e all’intensità
dell’r&b d'annata, ricamati dalla band attraverso organetti sixties, sezione
fiati e archi arrangiati con un gusto vintage assolutamente impeccabile.
Manca forse l’elemento di “novità” che qualche anno addietro poteva suscitare
i più sinceri entusiasmi, ma Lee Fields è così concentrato nel ruolo da
non avere tempo da perdere con queste inutili distinzioni: Sentimental
Fool è un altro bersaglio a colpo sicuro.