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I'm a soul man
di Fabio Cerbone (11/04/2019)
Rischia davvero di restare
l’ultimo dei "soul men" viventi il buon Lee Fields, e
Dio non voglia che questa frase si trasformi in una condanna. A conti
fatti però, con il destino infame che si è portato via troppo in fretta
Sharon Jones e Charles Bradley, due dei campioni più acclamanti di quella
riscoperta di vecchie glorie e personaggi di culto della black music,
Fields assume su di sé tutto il peso di quella tradizione, alzando idealmente
la fiaccola di un mondo in via di estinzione, quanto meno nei suoi protagonisti
originali.
Per lunghe stagioni relegato nei circuiti minori del r&b, dopo una carriera
irta di ostacoli nei Settanta, schiacciato fra la nascente disco music
e le evoluzioni pop del genere, Fields ha trovato un rifugio sicuro e
orecchie sensibili al suo stile "retromaniaco" in casa Truth
& Soul, etichetta collegata al più fiorente giro della Daptone records,
lì dove il produttore e direttore d’orchestra degli Expressions,
Leon Michels, ha cesellato il sound perfetto per la voce di Fields. Cinque
dischi in tutto a partire dal 2009, con un seguito crescente e una qualità
intatta, andatura regolare potremmo affermare, che non tradisce le attese
di chi tempo fa aveva scorto in questo signore della North Carolina (ma
trasferitosi da giovane in New Jersey) un “piccolo James Brown” (Little
JB il nomignolo che si porta appresso da una vita). Difficile dunque che
It Rains Love stravolga il baricentro della musica di Lee
Fields e dei fidati Expressions, ancora una volta densa di groove e grondante
ritmiche funk, di afflato soul che arriva dritto dalle radici sudiste
e proletarie, seppure aggiornato nel passo e nelle atmosfere.
La produzione di Michels spinge sull’incedere pulsante dei bassi e sulla
saturazione del ritmo, a cominciare dall’annuncio della stessa It
Rains Love e dalla tormentata Blessed
with the Best, cori, fiati e beat che si rincorrono per una
dedica speciale all’amata. Amore, quindi, e non potrebbe essere altrimenti
per un ambasciatore del soul: amore, ben inteso, nelle sue diverse facce
e declinazioni, personale, familiare ma anche universale e persino religioso
(il gioiello God is Real, nella coda
finale del disco), alternando laceranti interpretazioni e stile affettato
da autentico intrattenitore soul di lungo corso. Volute di psychedelic
soul si espandono negli archi di Will I Get Off Easy e tra il fluttuare
di Love is The Answer, arrangiamenti settanteschi e parimenti qualche
concessione alla modernità nei loop di Wake Up, i conti tornano
infine con Two Faces e nello struscio di You’re What’s Needed
in My Life.
Si potrà accusare Lee Fields e gli Expressions di capitalizzare con un
po’ di mestiere su quanto già ottenuto nei lavori precedenti, ma vorremmo
averne di più di questa “accademia” soul, dove ciascuna chiamata e risposta
tra sezione fiati, piano, chitarre funky e controcanti femminili non perde
un colpo, è calibrata al millimetro e non manca di innalzare un monumento
allo spirito del mentore James Brown (Love Prisoner, il sussultare
di A Promise Is a Promise). Ancora
una prova di forza, mr. Fields!