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country soul revue di
Fabio Cerbone (13/03/2018)
Di
un fatto può stare certo Nathaniel Rateliff: la mossa di reinventarsi artisticamente
attraverso il connubio con The Night Sweats e di capovolgere così l'impostazione
musicale sino ad allora inseguita come autore è stata vincente. Lo hanno dimostrato,
in questi tre anni seguiti alla pubblicazione dell'omonimo
album del 2015, il successo di pubblico sulle due sponde dell'Atlantico,
i dischi d'oro, i concerti sempre più affollati e una formula sonora che grazie
alla recente uscita del doppio dal vivo Live
at Red Rocks ha confermato la sua forza di attrazione. Di tutti i "visi
pallidi" alle prese con la rielaboraizone dei canoni classici della canzone soul
e r&b che fu della Stax e degli studi di Muscle Shoals, Rateliff ribadisce di
essere il più attento al groove e alla passionalità, evitando di lavare il sound
del gruppo, semmai mantenendolo saldo dentro i binari dell'elettricità d'annata.
Tearing at the Seams è il naturale secondo tempo di questa
storia, ancora prodotto con Richard Swift e ancora imbevuto di atmosfere sudiste,
ballate country soul e bassi pulsanti, magari senza il mordente di un singolo
piacione come S.O.B., ma sostenuto da una cooerenza interna e anche da una maturazione
degli arrangiamenti che tutto sommato lo rende il disco della definitiva consacrazione.
Qualcuno, statene certi, lo troverà un ripiego o una semplice ripetizione, ma
superati i fuochi d'artificio di Shoe Boot,
con il suo grasso battere ritmico, e Be There, accoppiata iniziale che
non ci fa sentire orfani del lavoro precedente, Tearing at the Seams cresce sulla
distanza e costruisce una parte centrale e una coda dove un senso del classico,
in fatto di melodie e commistioni rock & soul, promuove a pieni voti la proposta
di Nathaniel Rateliff. Egli stesso afferma di avere voluto un coinvolgimento maggiore
di tutta la band nella stesura dei brani, assemblati in uno studio di Rodeo, nel
New Mexico, con una carica emotiva che li portasse in una direzione unica.
Ed
è un po' l'effetto evidente di questa miscela di chitarre swamp e fiati soul,
di tastiere dal timbro caldo e southern, con la sezione ritmica di Joseph Pope
III (basso) e Patrick Meese (batteria) in risalto e i ricami di Luke Mossman (chitarre)
e Mark Shusterman (piano) dietro la voce rovente di Rateliff. Il quale eccelle,
non c'è partita, nei tempi medi e in quelle ballad dove l'espressività salvifica
di matrice gospel sudista meglio si può esprimere: si comincia con A
Little Honey ed entrano in circolo le "good vibrations",
con quel taglio sixties e intramontabile nelle melodie, fra il dondolio irresistibile
di Say It Louder e le venature country pastorali alla The Band (da sempre
un punto di incontro fra bianco e nero dell'american music) di Hey
Mama e Babe I Know.
Il funkeggiare paffuto di Intro,
in concomitanza con la successiva Coolin' Out, torna all'amata epopea della
Stax, prima che Baby I Lost My Way (But I'm Going Home) gigioneggi un po'
con un soul blues in minore che sembra portare nel cuore personaggi come Bobby
Blue Bland, mentre You Worry Me cerca persino
il singolo furbesco che possa fare la sintesi fra vecchio e nuovo. Il finale riporta
in quota il tormento soul dei Night Sweats con gli struggimenti guancia a guancia
di Still Out There Running, semplice quanto
efficace nella progressione circolare del brano, ma soprattutto con l'intensità
dell'interpretazione dello stesso Nathaniel Rateliff in Tearing
at the Same, title track posta in chiusura a rappresentare degnamente
il climax del disco.