Thurston Moore
Rock n Roll Consciousness
[
Caroline
2017]

thurstonmoore.com

File Under: classic rock

di Nicola Gervasini (14/06/2017)

Yuri Susanna nel 2013 su queste pagine definiva i Sonic Youth come i "Rolling Stones del rock alternativo". Giusta definizione per una intoccabile istituzione del rock sotterraneo che ha scritto tutta la grammatica del genere, comprensiva di melodie eteree alternate ad esplosioni post-punk, o lunghe e ipnotiche improvvisazioni chitarristiche accompagnate da momenti di tradizionale scrittura mainstream. Nel sottobosco di band che dal 1981 ad oggi a loro si sono ispirate, nessuno è mai riuscito a ricreare lo stesso suono, semplicemente perché nel gruppo coabitavano due chitarristi inimitabili come Thurston Moore e Lee Ranaldo, la cui importanza anche in termini di innovazione nella tecnica delle sei corde non sarà mai abbastanza lodata.

A differenza delle pietre rotolanti però i Sonic Youth hanno scelto di saltare tutta la parte finale di revival e di interminabili tour nostalgici a cui erano destinati. Oggi probabilmente riuscirebbero a riempire un palazzetto grazie alle credenziali acquisite nel tempo, mentre ai tempi d'oro giravano per insicuri locali ricavati in scantinati, ma all'indomani del poco considerato The Eternal (2009), loro hanno fatto la stessa scelta dei REM: se i nuovi album non interessano più, meglio lasciar stare. Resta però la domanda fatidica: che fare dopo? Kim Gordon si barcamena tra libri e il nuovo progetto delle Body/Head, Lee Ranaldo ha trovato una sua nuova dimensione nei dischi con i Dust, mentre Thurston Moore sembrava quello più indeciso sul da farsi. E tra l'idea di rilanciarsi come cantautore moderno con l'aiuto di Beck (Demolished Thoughts del 2011) e quella di riciclarsi in una nuova sigla (quella dei Chelsea Light Moving, ingiustamente ignorati nel 2013, e dunque già abbandonati), Moore con Rock n Roll Consciousness segue definitivamente la strada più ovvia: rifare i Sonic Youth.

Cinque brani, durate tra i sei e gli undici minuti, lunghe stordenti improvvisazioni, un sound che è quello di sempre, con veementi sventagliate rock (Turn On) e quel suo solito vezzo di fare brani anche di otto minuti basati sulla strofa e su un unico giro di chitarra ripetuti, senza mai un bridge e o un ritornello (Aphrodite). Un po' come i riff di Keith Richards quindi, marchi di fabbrica iper-collaudati e iper-registrati, solo che forse qui siamo ad un bivio: Moore prima dei suoi compagni sembra voler prender coscienza fin dal titolo che l'avanguardia è stata ormai raggiunta dalle retrovie, che non esiste più nulla a cui essere "alternativi", che persino i suoi lancinanti assoli fatti di rumori, pugni sulla chitarra e distorsioni, oggi suonano come puro classic-rock non di meno di un disco dei Fleetwod Mac.

Resta però il tocco da Maestro, e non è poco, perché alla fine Rock n Roll Consciusness potrebbe anche rischiare di diventare il suo titolo solista più rappresentativo. Perché suona come un Daydream Nation tutto suo, e perché in fondo questo rock è giusto che lo faccia lui che lo sa fare meglio di tutti, e non nuovi artisti senza un vero futuro.


    


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