“Evasivi torpori, consapevoli errori, incontri
sfuggenti ritornano”. È un verso di uno dei brani più pop e se
vogliamo “modernista” del nuovo album di Evasio Muraro, si chiama
Lei Lei, e racchiude in poche righe un po’ tutta la poetica del
disco, intitolato Non Rientro. E anche il brano omonimo, breve
e immediato, racconta di un “rientro” all’insegna di un nuovo stile
per Muraro, che, sebbene annoveri nel suo passato la militanza in band
con il rock americano da strada nel cuore, come i Settore Out (rivitalizzati
nel frattempo con il comeback-record fANTASMI
del 2020) e i Groovers, già nei suoi album solisti come Canzoni Per
Uomini di Latta nel 2009 e O
Tutto o l’Amore del 2010 si era dimostrato autore in perfetto
bilico tra tradizione cantautoriale alla Ivan della Mea, e amore per
la melodia nostrana.
E se Scontro
Tempo nel 2013 cercava di affermarsi anche in un mercato
di appassionati, grazie alla produzione di Chris Eckman dei Walkabouts,
Non Rientro gioca la carta di cercare di evitare qualsiasi
catalogazione, perché qui brani da puro cantautore chitarra-voce come
Tenera convivono con produzioni decisamente più radiofoniche
del suo solito come la bella Stupido Film
o l’ancora più elaborata Stazioni. Magari a qualcuno non piaceranno
tutte le soluzioni scelte, anche se in Solo,
per esempio, mi pare che trovi una perfetta simbiosi tra suoni più elettronici
e il suo songwriting (anche grazie alla voce di Nagaila Calori), ma
è innegabile che i brani e i testi di Evasio, come il primo qui citato,
sempre votati a elaborare i rimpianti di una vita solitaria, si sposano
bene anche con questa nuova veste pensata col fido collaboratore Fidel
Fogaroli.
Sembra sempre sospesa un metro sopra la realtà la poetica di Evasio,
parla di amori, ma paiono un qualcosa di irrealistico, appartenente
unicamente al suo mondo interiore, il che lo rende autore davvero personale
e difficile da catalogare (vengono sempre in mente Ivan Graziani o Alberto
Fortis e altri eroi dello stralunato rock italiano di fine anni Settanta,
ma alla fine nessun paragone potrà mai calzare perfettamente con lui).
Anche perché, per esempio, Muraro non ha la passione del racconto di
provincia di un Graziani, i suoi testi sono ermetiche mitragliate di
sensazioni, così come non sfrutta la tagliente ironia di un Fortis.
“Giurami almeno tu che sei reale” canta infatti in Mi Fermo Qui (Rosespine),
quasi a rendersi conto che le figure femminili che popolano i suoi testi
sono idealizzazioni di una vita vissuta nei sogni notturni raccontati
in Tenera (“Spensierato l'attimo,
dolce l'attesa”). È un poetico disincanto che dura tutto il disco fino
all’ultimo verso di Una cosa venuta dal mare, dove immerso in
un muro di distorsioni canta “Se tu sapessi vivere adesso, falliresti
lo stesso come gli uomini”.