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L'intervista
Una delle qualità migliori delle tue canzoni credo stia nel fatto che suonano semplici, molto dirette verso la ricerca melodica. Come nascono? Nella solitudine di una stanza, come un classico folksinger, o sono mediate dalla presenza dei musicisti della tua band? Be', dipende. Farmi venire delle idee interessanti per la mia musica non è mai stato un problema per me. Quello che richiede molto tempo è ottenere quella disciplina che viene richiesta per metterle su carta e di cambiarle se non dovessero funzionare. Cerco sempre di portare con me un taccuino, così posso scarabocchiare qualche idea, delle parole e così via, appena dovessero saltarmi in mente. In più cerco di canticchiare le melodie quano sono in giro. Non esattamente una operazione così celebrale, ma è in questo modo che funziona per me. Quindi il vero problema è di amalgamare il tutto con la chitarra. Ovviamente, quando suoni con altri musicisti, la barca è libera di muoversi e virare a suo piacimento, questo può risultare utile. In alcuni momenti però, riesco a sedermi soltanto con la mia chitarra e uscirmene fuori con l'intera canzone. Quei momenti sono un vero dono Se dovessi descrivere il feeling generale delle canzoni del tuo nuovo lavoro, The Pull: c'è qualcosa di speciale che le tiene unite? Le hai scritte in periodi differenti della tua vita? Avevo un sacco di canzoni che si trovavano in diversi stadi di completezza quando siamo entrati in studio. Alcune di queste erano in giro da un po' di tempo, ma la maggior parte sono state completamente o almeno in parte riscritte appena prima di incidere o durante le registrazioni stesse. La mia preocccupazione maggiore in studio era che queste canzoni fossero troppo differenti l'una dall'altra. Considero questa caratteristica uno dei miei punti di forza e al tempo stesso una debolezza della mia scrittura e del mio modo di suonare, stili che tendono ad essere molto diversi. Sono a volte confuso nel trovare la mia esatta identità musicale. Così non riuscivo a capire come potessimo uscirne fuori con un disco omogeneo. Alla fine ho pensato che se doveva esserci un collante questo sarebbe arrivato dagli altri musicisti e dalle revisioni che avevo fatto sul momento, avendo allora un'idea più precisa della direzione che avrebbe preso il disco. Naturalmente l'importanza di avere lavorato con ottimi produttori, un'eccellente strumentazione e avendo registrato tutte le canzoni nello stesso studio è un fatto che non può essere sottovalutato Alcune di queste canzoni appaiono davvero molto malinconiche e dolci, come ad esempio The Busker: quali tipi di storie attraggono di più il tuo songwriting? The Busker, devo confessarlo, nasce solamente dalla mia esperienza, sono io che rifletto direttamente sui miei ricordi di quando suonavo per strada a Mallory square in Key West o a Portland, nel Maine. Se c'è della malinconia, è perchè fa parte dell'essere un busker, di suonare in giro. Così devono essere un po' anche le città turistiche, Supongo di esserlo anch'io Anche Share Croopers è una canzone molto dolce e fragile, ottima scelta per chiudere un disco: presumo che parli della tua terra d'origine, la tua città...ti senti molto legato alle tue radici? Non particolarmente, se non per una forte curiosità per la mia genealogia. Ma direttamente o meno, deve avere a che fare con il posto da cui provengo, il quale è una terra di fattorie nel Midwest. E' pieno di tutte queste multinazionali dell'agricoltura, della chimica e della bio-ingegneria che hanno dettato legge su come i modelli di sviluppo dell'agricoltura devono operare nel mondo post-industriale. E' diventato anche peggio da quando è arrivata la globalizzazione. Come può sinceramente la gente esigere il controllo sulla natura? Dovrebbe essere una cosa risibile, ma in realtà diventa tragica, quando una società avvalla oggi questa sorta di nonsenso. Così adesso i piccoli coltivatori sono sbattuti fuori e solamente le grandi industrie possono competere. E naturalmente qualche grande manager in un'altro Stato non si preoccuperà di gestire la terra, i salari minimi e le priorità della comunità. Mio dio, questa risposta è più lunga della canzone... Da un punto di vista musicale però il tuo songwriitng sembra molto influenzato dalla tradizione, dal blues e dal folk: quali sono i dischi e gli artisti che hanno ispirato di più le tue liriche e anche il tuo modo di suonare la chitarra? Da ragazzino ascoltavo Harry Belafonte, Johnny Cash, Willie Nelson, the Statler Brothers, e cose del genere. In più mio padre suonava un baritone ukelele e mi cantava ballate country e folk song. Ho sempre amato quel tipo di canzoni, molto integre, che dovevano contenere quel genere di influenze. Exile on Main Street è stato il disco della mia svolta. Da lì naturalmente finisci sempre a Dylan, Joni Mitchell, Taj Mahal, Ry Cooder, Jesse Winchester, Jim Croce, Gregg Allman, Aretha, Ray, Sam, Otis e avanti di questo passo, il che mi ha portato ad approfondire gente come Joseph Spence, Reverend Gary Davis, Mississippi John Hurt, Huddie Leadbetter. Comunque apprezzo molto anche la musica di oggi. Credo che Will Oldham sia un grande artista, mi piacciono Belle and Sebastian, l'ultimo disco di Joanna Newsom è semplicemente strepitoso...Danny Schmidt, Paul Curreri...c'è così tanta musica interessante là fuori. Non mi considero assolutamente come un folksinger, almeno nella misura in cui non lo sono tutti quanti. Leggo anche molta poesia, che ha sicuramente influenzato la mia scrittura Credo che sia davvero notevole la scelta di supportare la tua bellissima voce con un coro femminile: pensi che abbia fornito alla tua musica nuove sfumature? Spesso esce un sapore gospel dallo sfondo Danya River, Liz Barnez, e Rachael Davis sono fra le migliori cantanti che conosca, ed anche tre fra le più belle. La maggior parte della canzoni che hanno al loro interno l'accompagnamento delle voci femminili sono state scritte appositamente con questa idea in testa. Adoro il southern gospel e pensavo che alcune di queste canzoni mi facessero sentire in quella maniera, sai il sentiemnto che avevo provato entrando nelle chiese del Sud. Pper quanto riguarda le sfumature a cui fai riferimento direi assolutamente di si. Tutte le canzoni con le backing vocals sono completamente cambiate o per lo meno si sono rese più intense grazie all'apporto delle ragazze. E' come se avessero iniettato un po' della loro anima in ogni brano che hanno interpretato. E' stato fantastico. Grazie per aver descritto come bella la mia voce...è un gran complimento. E' davvero interessante che un songwriter americano abbia trovato un contratto con una etichetta europea (la Red Kite è inglese). Mi pare chiaro che la scena roots e folk riceva oggi molta più considerazione da queste parti. Sei d'accordo? Come sei arrivato ad incidere per la Red Kite e a decidere di produrre un disco con loro? Be', penso che gli Europei abbiano più soddisfazione nello "scoprire" nuova muisca, il che è una gran cosa per gente come me, artisti che aspettano soltanto di essere "scoperti". E' molto difficile cercare di fare generalizzazioni sulla scena americana, è completamente frammentata. E' difficile farsi notare in un paese così grande. Forse dovrebbero dividere gli States in sei stati, soltanto per amore dell'arte. In ogni caso non credo si tratti di un fenomeno nuovo. Come tutti sanno, un sacco di jazz, blues e folk americano ha cercato rifugio in Europa per molti anni. Non so, la mia sensazione è che arte e business non siano così intrecciati in Europa come lo sono in America. Sospetto sia solamente una mia supposizione. Ho incontrato Martin Levan (il fondatore della Red Kite) mentre facevo da supporto ad Eric Taylor, al Cambria Arts in Galles. Ci siamo tenuti in contatto e alla fine mi ha invitato ad incidere il disco E cosa mi racconti degli apprezzamenti ricevuti da Taj Mahal? Lo hai incontrato di persona? Si, qualche volta. Conoscevo il nome di Taj prima di incontrarlo, ma allora avevo un'idea abbastanza limitata della sua musica. E' stato così gentile da ascoltare quello che stavo facendo. Il mio stile alla chitarra era a dir poco rozzo, e anche le mie liriche erano tremende. L'ho seguito per qualche giorno, mentre si trovava al campeggio dove lavoravo...quell'uomo semplicemente distillava la musica, e ho prestato attenzione. Gli avresti potuto dare una scodella e sarebbe riuscito a tirarci fuori una canzone. Ho imparato da lui alcune tecniche alla chitarra, come il finger-style. Lui aveva appreso da gente come Libba Cotten, John Estes, John Hurt...essere staccato di un'intera generazione da quei musicisti era surreale, veramente, era spaventoso. Poi l'ho incontrato un paio di anni dopo in Colorado quando era in tour con Toumani Diébaté A propostio come è nata la collaborazione con Boubacar Diébaté e quando hai deciso di inserire il suono delle Kora nel disco? E' molto affascinante... Ho incontrato Boubacar grazie al produttore del mio disco Evan Reeves, che stava registrando alcune cose con lui e Bela Fleck, proprio nel periodo in cui stavo cercando un percussionista. Ho scritto la canzone Man Without a Care (dove è presente Diébaté, ndr) mentre giravo l'Irlanda in autostop qualche anno fa, campeggiando nei pascoli vicino a Kilarney. Mi sono reso conto mentre scrivevo la canzone che avrebbe avuto bisogno di un accompagnamento di West African music, sia vocalmente che musicalmente. Naturalmente Boubacar è stata la prima persona che ho chiamato. Quando finalmente si è seduto nello studio insieme a me, dovevamo immaginarci un modo per amalgamare due stili completamente differenti. Direi che ci siamo riusciti. Abbiamo trovato i ritmi in comune, l'abbiamo registrata dal vivo, le voci e tutto il resto, direi due volte più veloci di come la canzone è stata scritta. La parte migliore direi che è il cantato di Boubacar in lingua Mandinka. E' riuscito a catturare completamente il senso della canzone...il che ha una spiegazione, perchè Boubacar è un cosiddetto "griot", un poeta di un'antica tradizione ed un Leone del Senegal. Un griot racchiude in sè musica, vita e storia. Apprezzi altri artisti della roots music Africana? Altri africani? Il primo che mi viene in mente è Thomas Mapfumo and Black Unlimited, viene dallo Zimbabwe, incredibile In quali
tipi di situazioni riesci ad esibirti negli Stati Uniti? Solamente nel circuito
dei festival folk? So che hai già avuto occasione di suonare in Europa: hai notato alcune caratteristiche particolari in questo pubblico? Ho fatto alcuni tour in Inghilterra e qualche data anche in Belgio. Il pubblico mi è sembrato molto disponibile, c'era sempre questa sensazione di attesa prima dello show. Mi pare che la gente oggi richieda molta più determinazione, si aspettano di essere sorpresi e conquistati. A volte negli States non accade la stessa cosa. Ma probabilmente questo fatto ha a che fare con il tipo di strutture in cui suono adesso. Ho come l'idea che il pubblico europeo tenda ad essere più interessato a livello intellettuale e più paziente, ma sono dispiaciuto per la barriera della lingua. Mi chiedo se le liriche siano altrettanto accessibili per coloro che non parlano l'inglese come madre lingua...vedremo
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