1985 |
The
Blasters | Hard
Line [Slash] | |
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L’essenza del rock’n’roll: il trionfo dei Blasters che
coincise anche con il loro testamento, nasce sulla schiena del fantasma di Elvis
(presenti i Jordanaires, i suoi background vocals), nell’etica dei Creedence Clearwater
Revival e nell’ottica di uno dei più grandi songwriter americani di sempre, Dave
Alvin. Ma era proprio la realtà al meglio dei Blasters (coadiuvati da John
Mellencamp) a rendere Hard Line un capolavoro che riusciva a sintetizzare
non soltanto il sound, le canzoni e le chitarre del rock’n’roll (e del gospel),
ma anche la sua anima “politica”, quella che sta sempre dalla parte più dura della
linea. Radicale, squillante, potente, univoco, attualissimo anche vent’ anni dopo.
(MD) Take #2,
prova anche: Non Fiction (Slash 1983) |
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1985 |
Danny
& Dusty | The
Lost Weekend [A&M] | |
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Certi percorsi non sono chiari nemmen ai protagonisti. Chiedete
a Steve Wynn o a Dan Stuart, se si aspettavano che The Lost Weekend
diventasse uno dei dischi più celebrati, un sorta di turning point per chi si
era riconosciuto nei Dream Syndicate, nei Green On Red, nei Rain Parade o nei
True Believers e vi risponderanno con uno ghigno di sorpresa. Eppure è successo
proprio così: attorniati da una comitiva di amici e colleghi, Danny & Dusty
diedero vita ad un piccolo capolavoro tra polvere di Rolling Stones, umori di
Bob Dylan (commovente la cover di Knockin' on Heaven's Door) e acidità di Neil
Young. Fu un party ad alto tasso alcolico. E’ diventato il simbolo di un’epoca
sotterranea. Un miracolo del rock’n’roll. (MD) |
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1985 |
The
Del Fuegos | Boston
Mass. [Slash] | |
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Ribelli senza causa, romantici figli di una tradizione sempre
in pericolo ma mai estinta, la band dei fratelli Zanes scarabocchiò al
secondo tentativo (complice il lavoro al mixer di un giovane e non ancora invadente
Mitchell Froom) il perfetto affresco metropolitano per tutti i perdenti che si
ostinavano a cercare, tra lo sfavillare delle luci al neon di quegli anni, l'oscurità
ai margini della città. Chitarre che suonano dure senza essere hard, una batteria
secca e sempre sul punto di deragliare, una manciata di ballate a cui un organo
soul mozza il respiro in gola: tra una It's Alright che
brucia elettricità e passione e la promessa di una Night
on the Town, quest'album rappresenta al meglio quell'altra America
a cui un'intera generazione di sbandati del rock'n'roll guardò con nostalgia e
rabbia. (YS) Take
#2, prova anche: Smokin' in the Fields
(RCA 1989) |
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1985 |
Green
on Red | Gas
Food and Lodging [Enigma] | |
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È l'ingresso in pianta stabile di Chuck Prophet a cambiare
definitivamente le carte in tavola: Dan Stuart si ritrova al fianco l'ideale
spalla creativa formando una vera coppia di killer. I Green on Red si fanno
un giro nel deserto dell'Arizona scoprendo la tradizione. Le visioni acide del
passato si compenetrano con il taglio country rock delle nuove composizioni ed
è subito capolavoro, un Western elettrico in piena regola. La frenesia di Hair
of the Dog, l'epicità di Sixteen Ways,
gli orizzonti sperduti di That's What Dreams Were made
For e l'incedere lisergico di Sea of Cortez
delineano paesaggi cinematografici rinnovando al tempo stesso i legami
con le radici del rock'n'roll. La teatralità di una chiusura quale We
Shall Overcome sancisce per sempre questo legame con il cuore di una
immaginaria Altra America. (FC) Take
#2, prova anche: Here Comes the Snakes
(Restless 1988) |
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1985 |
Hoodoo
Gurus | Mars
Need Guitars [Big Time] | |
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California chiama, Australia risponde: l'arruolamento in difesa
del rock duro e puro attivato dal Paisley Underground raccolse la piena adesione
degli Hoodoo Gurus di Dave Faulkner. Il titolo di questo secondo album
era un grido di battaglia: il mondo aveva bisogno di chitarre, anche se grezze
e mal rifinite. Ma la loro grandezza fu quella di capire che l'estetismo fine
a sé stesso che imperava nel loro tempo poteva tranquillamente essere riciclato
con puro spirito punk operando sulle melodie, generando così una sorta di matrimonio
ideale, tutto australiano, tra l'anima estremamente pop dei Bee Gees e quella
estremamente rock degli Ac/Dc. Oggi questo mix di punk e pop lo chiameremmo power-pop,
ma loro ci aggiunsero pure venature evidenti di roots-rock e un songwriting ironico
e geniale. (NG) Take
#2, prova anche: Blow your Cool
(Elektra 1987) | -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
1985 |
Jason
& The Scorchers | Fervor
ep + Lost and Found [EMI] | |
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Giochiamo sporco: originariamente licenziati ad un anno di distanza
dall'altro, il mix di questi due album incendia il palcoscenico dell'altra Nashville
creando dal nulla il verbo del cosiddetto cow punk. In seguito riuniti in un'unica
raccolta (Both Sides of the Line), ancora oggi essenziale testimonianza del primitivo
impeto rock'n'roll di Jason Ringenberg e dei suoi pard. Fervor
è l'Ep con cui tirano un calcio alla porta cigolante della country music: la travolgente
versione blue collar di Absolutely Sweet Marie
introduce sette brani che scalpitano un country rock irriverente sporcato di punkabilly
ad alto tasso elettrico. Lost & Found, vero e proprio esordio sulla
lunga distanza, perfeziona e amplifica quella lezione con un suono robusto che
diverrà un cardine del futuro movimento alternative country. (FC) Take
#2, prova anche: Reckless Country Soul (Praxis
1982) | -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
1985 |
Jeffrey
Lee Pierce | Wildweed
[Statik] | |
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Quello che mancò a Jeffrey Lee Pierce per diventare un'icona
giovanile alla Jim Morrison o alla Kurt Cobain fu la "fortuna" di morire all'indomani
di questo suo primo disco solista. Quando quella morte che aveva così ossessivamente
intriso tutta la sua poetica lo raggiunse veramente nel 1996, il suo nome era
già finito nel cimitero dei dinosauri degli anni 80 o negli elenchi degli artisti
di culto delle riviste specializzate. Forse anche la sua visione di un'America
distorta e corrotta e le sue apocalittiche previsioni del futuro avrebbero potuto
impressionare le più fervide menti adolescenziali, ma la musica che pulsava in
Wildweed era un roots-rock maturo, reso nevrotico da batterie pulsanti
e decisamente new-wave e con parti vocali vicine al David Byrne più allucinato;
tutto molto elettrizzante, quanto troppo poco definibile per generare inni generazionali
di massa. (NG) |
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1985 |
John
Fogerty | Centerfield
[Warner] | |
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Probabilmente le beghe contrattuali che lo hanno tenuto per dieci
anni lontano dal mondo discografico gli evitarono la pena di dover fare dischi
brutti e poco ispirati per stare al passo dell'era della disco-dance e dell'elettronica.
Sicuramente Centerfield vinse la scommessa di riportare in cima
alle classifiche il nome dimenticato di John Fogerty, salvando capra e
cavoli con un lato in puro "creedence-style" e un lato con drum-machines e l'evidente
presa per i fondelli finale di Vanz Kant Danz.
L'America reaganiana si appropriò indebitamente dell'epica puramente yankee della
title-track, esattamente come fece con Born in The Usa di Springsteen, ma a noi
venne restituito un uomo in grado di scrivere ancora una The
Old Man Down The Road con la stessa semplicità di un tempo. (NG) |
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1985 |
The
Knitters | Poor
Little Cripper on the Road [Slash] | |
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La coppia più incendiaria del punk losangeleno, John Doe ed Exene
Cervenka (The X), imbarca la chitarra "tradizionalista" dell'amico Dave Alvin
inventando di sana pianta la saga popolare dei Knitters, uno scherzo estemporaneo
che tuttavia lascia il segno nella minuziosa ricostruzione delle radici dell'american
music. Un disco di vecchi standard, canzoni degli stessi X, qualche inedito, tutti
riverniciati da un pungente suono honky tonk e rockabilly. Uno stantuffo che rimette
in circolazione l'epopea di Hank Williams e Merle Haggard, Leadbelly e la Carter
Family, i dischi della Sun e le notti brave alla Grand Ole Opry, dandole in pasto
ad una generazione che le aveva lasciate in soffitta troppo in fretta. (FC) |
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1985 |
Lone
Justice | Lone
Justice [Geffen] | |
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Bionda, carina e con una bella e squillante voce country: Maria
McKee sembrava dovesse spaccare il mondo, ma oggi sappiamo come è andata a
finire. Al suo esordio con i Lone Justice sembrò di sentire la versione
femminile dei Tom Petty & The Heartbreakers, ma senza ancora gli annacquamenti
mainstream già accusati dalle loro produzioni di quel periodo. Il buon Petty contribuì
con un brano strepitoso come Ways To Be Wicked,
Benmont Tench e Little Steven insegnarono alla band a suonare in studio, Jimmy
Iovine produsse il tutto con la proverbiale potenza del suo suono, la mega-star
del momento Annie Lennox benedì con la sua voce il fortunato singolo Sweet,
Sweet Baby (I'm Falling). Loro ci misero canzoni all'altezza e la grinta
e l'urgenza dei vent'anni, tutta merce di lusso che già scomparve nel disastroso
album successivo. (NG) | |