1985 |
The
Long Ryders | State
of Our Union [Island] | |
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Mentre le band californiane si scambiavano i vinili dei gruppi
garage degli anni 60, i Long Ryders di Sid Griffin si accontentavano dei
dischi dei Byrds. Ma non si limitarono ad omaggiarli inserendo la Y nel loro nome
o edulcorando il jingle-jangle sound della chitarra di McGuinn, ma anche ricordando
a tutti che era esistito Sweetheart Of The Rodeo, Gram Parsons e il country-rock.
Senza saperlo crearono il roots-rock moderno come lo conosciamo e definiamo oggi,
anticipando di un paio d'anni la decisiva svolta in questa direzione dei Green
On Red. The State Of Our Union fu l'album della maturità e la loro
eredità più importante, paradossalmente più apprezzato in Inghilterra che da un
America poco vogliosa di riscoprirsi, e che decretò con la sua disattenzione il
prematuro declino della band. (NG) Take
#2, prova anche: Native Sons
(Zippo 1984) | -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
1985 |
The
Rave-Ups | Town+Country
[Demon] | |
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Un cuore diviso a metà , come suggerisce accortamente il titolo:
rock'n'roll e anima country, la grande Los Angeles dove i Rave Ups prendono
forma e gli spazi infiniti della provincia americana. Da una parte un beat sbarazzino
che strizza l'occhio al fenomeno del college rock (il singolo Positively
Lost Me), dall'altra quella radicalità roots che sembra accostarli
alla rinascita californiana del tempo. Il leader Jimmy Podarsky mette insieme
i sogni di una piccola band: non andranno molto lontano, nonostante un contratto
con la Epic. Town+Country è il loro attimo fuggente: tra lo sbuffare
di By the way, la grana grossa di In
My Gremlin e una cover di You Ain't Going
Nowhere (Byrds) spunta almeno un pezzo da antologia. Si chiama Radio
e non andrebbe dimenticato (FC) |
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1985 |
Tom
Waits | Raindogs
[Island] | |
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La sintesi tra il "vecchio Waits", sentimentale e lirico, ed
il "nuovo Waits", mefistofelico e brechtiano. Rain dogs, grazie
anche alla presenza del formidabile e rivoluzionario chitarrista Marc Ribot, è
un disco che riesce a spaziare dai rantoli per incudine e voce al country di Blind
love, dove ci mette lo zampino un'altra vecchia pellaccia come Keith
Richards, dalle "polke da cimitero" al rock di Downtown
train, che diventerà una hit grazie a Rod Stewart, per finire con le
ballate scorticate e sanguinanti come Time.
Il tutto filtrato da un piglio fuori dall'ordinario e leggermente folle, che contribuisce
a fare di quest'album uno dei capolavori assoluti del musicista di Pomona. (GG) Take
#2, prova anche: Swordfishtrombones
(Island 1983) |
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1986 |
Ben
Vaughn | The
Many Moods of [Restless] | |
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Un vero outsider, Ben Vaughn, rispolverava l’essenza del
rock’n’ roll, con un approccio sghembo e ironico, in questo molto simile, seppure
successivo, alle Violent Femmes. Nel cuore degli anni Ottanta, in piena era “big
drum sound”, sfoderò una manciata di canzoni che sembravano imprigionate in qualche
varco nel tempo tra il 1954 e non oltre il 1962. Il suo “ritorno al futuro” ebbe
un colpo di coda anche dieci anni dopo, con quella gemma che è Cubist Blues (con
Alan Vega e Alex Chilton) ma il suo capolavoro, oltrea questo esordio, resta Dressed
In Black. Era il 1990, gli anni Ottanta si svuotavano. Oggi Paul Young fa il cuoco.
Ben Vaughn ha una radio (splendida) in rete: la differenza si vedeva già allora.
(MD) Take #2,
prova anche: Beautiful Thing (Restless
1987) |
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1986 |
The
BoDeans | Love,
Hope Sex & Dreams [Slash] | |
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Che fortuna, per i chitarristi/cantanti/compositori Sammy Llanas
e Kurt Neumann, esordire col patrocinio di un T-Bone Burnett fresco reduce dal
colossale King Of America (dello stesso anno, 1986) di Elvis Costello. Le traiettorie
rock'n'country del loro debutto, tra brillantina anni '50 e malinconiche ballate
rootsy, sono già state sperimentate altrove, ma il beat ruspante di She's
A Runaway, il border crepuscolare evocato da Still
The Night o le secche frustate rock delle varie Fadeaway,
Misery e Say You
Will hanno dalla loro il pregio della sincerità. Llanas e Neumann si
fanno ancora chiamare BoDeans, e Love & Hope & Sex & Dreams
resta a tutt'oggi il loro album più riuscito. (GC) |
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1986 |
Died
Pretty | Free
Dirt [Citadel] | |
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Dal desolato outback australiano, un oceano di fuoco, tensione
e fulmini onirici. Lo sciamanesimo di Jim Morrison e la rabbia del punk-rock convergono
in un affresco di maestosa psichedelia, prodotto con estro visionario da Rob Younger
dei leggendari Radio Birdman. I Died Pretty, vuoi per i continui rimescolamenti
d'organico, vuoi per un'inspirazione in costante calo, non sapranno più ripetersi
a simili livelli, ma in questo caso l'organo doorsiano di Frank Brunetti, la sei
corde acida di Brett Myers e la voce solenne di Ron Peno bastano e avanzano per
consegnare il bruciore febbrile di Free Dirt all'olimpo dei classici.
(GC) | -.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
1986 |
Evan
Johns & H-Bombs | Rollin'
Through The Night [Alternative Tentacles] |
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Verso la metà del decennio, l'etichetta di Jello Biafra dei Dead
Kennedys porta alla luce una dinamitarda session del 1982 dove Bill Kirchen, Danny
Gatton, Commander Cody e gli ZZ Top fanno comunella per inondare di rockabilly
sguaiato, bar-boogie al fulmicotone e spediti r'n'r da taverna l'ultimo raduno
in toga di Bluto Blutarski. Artefice del baccanale è Evan Johns, allampanato
virginiano stabilitosi in quel di Austin, Tx. (dove sedeva allo stesso bancone
dei LeRoi Brothers), che inciderà con molto alterne fortune fino all'inizio degli
anni '90, ma senza più ritrovare l'energia e la forza trascinante di questo Rollin'
Through The Night, party-album per eccellenza se mai ce n'è stato uno
soltanto. (GC) |
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1986 |
Giant
Sand | Ballad
of a Thin Line Man [Zippo] | |
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L'estetica del deserto sembra essere ancora informe, o quanto
meno imprigionata dentro un muro di chitarre che riflettono l'essenzialità della
stagione punk (non a caso nel disco svetta un omaggio al Johnny Thundres di You
Can't Put Your Arms Around a Memory). Howe Gelb è uno strano
freak che sbuca dalla sabbia dell'Arizona con un rock'n'roll aguzzo che profuma
solo lontanamente di country, e si accompagna con un canto stridulo che lo fa
subito accostare al Neil Young più acido. Dimenticati in un angolo dalla critica
più sensibile al loro fascino lo-fi, i Giant Sand degli esordi sono invece
un pugno nello stomaco che accosta schegge folk (Who
Am I, Graveyard) a vere e proprie
cavalcate elettriche: su tutte Thin Line Man,
Hard Man to Get to Know ed una devastante
versione di All Along the Watchtower. (FC) Take
#2, prova anche: Valley of Rain
(Zippo 1987) |
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1986 |
Loudon
Wainwright III | More
Love Songs [Rounder] | |
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Nella famiglia più musicale d'America, i Wainwright, Loudon rappresenta
per serietà, coerenza e costanza un raro esempio di songwriter "al di sopra di
ogni sospetto"; con More Love Songs, che a mio gusto è il suo disco
di punta, aiutato da una band stellare e sotto la produzione di Richard Thompson
e John Hiatt, confeziona un Bignami della musica americana che trova pochi altri
riscontri. Infatti, Wainwright passa senza stridori di sorta dal country, al folk,
al blues e persino a coloriture jazzistiche sciorinando una dozzina di canzoni
(nella ristampa Edsel ci sono due bonus tracks) senza tempo che ti lasciano a
bocca aperta e per freschezza, eleganza e impatto esecutivo. (GZ) |
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1986 |
Nancy
Griffith | The
Last Of The True Believers [Philo] | |
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Poetessa laureata del country-rock, la texana Nanci Griffith
inaugura con The Last Of The True Believers una nuova fase della
sua inconfondibile epopea rootsy. Ballate sempre forbite, squisitamente letterarie,
sospese in un'essenzialità narrativa a cavallo tra folk e rock, eppure stavolta
ancor più dolci, ariose ed efficaci del solito (grazie anche alla produzione del
grande Jim Rooney). Incantano il Tom Russell di St. Olav's
Gate e il lamento bluesy di Banks Of The Pontchartrain,
ma più di ogni altra cosa rapisce lo scatto di copertina, dove in uno scenario
alla Bulli e pupe la nostra stringe tra le mani una copia di The Kindness Of Strangers,
la biografia del drammaturgo Tennessee Williams scritta da Donald Spoto. Nel retro,
invece, il libro immortalato è Lonesome Dove di Larry McMurtry, e direi che non
c'è altro da aggiungere. (GC) Take
#2, prova anche: Once in a Very Blue Moon
(Philo 1984) |
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