Su questa
musica si potrebbe improvvisare all’infinito!
(Marco Faussone, chitarrista dei So what? Jazz Ensemble)
C’è qualcosa di proibito oggi: è lo spettro sovversivo
e rivoluzionario degli anni Ottanta. Per i seguaci
della cultura alternativa la loro egemonia nel rock
comincia col 1990. L’alternativo venne usato come
arma contro “la plastica, il tronfio e banale superficialismo
militante” del decnnio precedente. Peccato che nella
furia barbara sopravvisse ciò che veramente impersonava
quel pregiudizio lapidario: Madonna o i Queen più
vuoti sono santi intoccabili per la maggioranza.
I tipici cinema, musica, vestiario, letteratura
fantastica banditi da un maremoto putrido di depressione.
Il brutto divenne bello, la depressione regola e
la tensione al vitalismo esiliata. Quei tagli di
capelli, cinema d’azione, suoni riverberati divennero
corna, forcone e coda del diavolo e sbeffeggiati
con sufficienza. Oggi nelle birrerie si può
sentire denigrare i Whitesnake per i loro video,
beandosi di ciò che s’è prestato al disastro collettivo
di una discesa negli inferi di atomizzazione sociale
e spersonalizzazione individuale.
Ma nell’ombra c’è chi desidera altro e anela alla
luce di un profeta che imponga di nuovo quell’epoca.
Ma come? Oltre a superare il fuoco di sbarramento,
com’è possibile riportare quel verbo da quell’Agarthi
proibita senza diventare derivativi, o peggio, accidentalmente
parodistici? E sarebbe possibile rendere il tutto
innovativo? Quel profeta rivoluzionario c’è e si
chiama Adam Granofsky. Il nome d’arte Granduciel
è la traduzione francese del suo cognome. Fino al
momento della separazione con il sodale Kurt Vile,
Adam era con i War on Drugs parte di quel
mondo Indie che era diventato una delle voci dominanti
del nuovo volgare modernismo. Ma la separazione
dal collega doveva significare qualcosa; e fu Lost
in the Dream. Persi in quel sogno magnifico,
l’old gold dream, ecco come sono nati i brani di
questo capolavoro scintillante e materico, avvolgente
e supersonico. Perché non prendere le vibrazioni
positive degli anni Ottanta e tenderle verso gli
orizzonti sconfinati di una musica che si allunga
potenzialmente all’infinito? Con i Neu! sembra un
dilemma commerciale: come rendere appetibile qualcosa
di ostracizzato? Prendendo gli elementi più appetibili
(richiami ai Dire Straits, l’energia dell’Heartland
rock) e unendoli al gruppo tedesco meno progressivo
e più vicino alla nostra epoca.
Avviso ai fanatici della bassa fedeltà: alla larga.
Un esercito di tecnici ha infuso un’eccelsa qualità
sonora in questo disco, e ne verranno citati i principali
e i loro lavori: Greg Calbi (il Boss, Johnny Winter,
Dire Straits, la parte più materica) e Steve Fallone
(Uriah Heep, Scorpions, Rainbow, quel horreur!)
al Master; gli esperti Jeff Zeigler e Mike Johnson
hanno aiutato Granduciel alla produzione. Perché
la musica si faceva così: producendola. Il disco
scorre come un corso d’acqua, talvolta limpido come
un torrente, talaltra placido come un fiume.
Lost in the Dream è un capolavoro senza tempo,
nel tempo e in più tempi come ricordano i riferimenti
possibili ad altri artisti incastonati in questi
gioielli di canzoni. Non potrebbe iniziare più intensamente:
Under the Pressure ricorda Only the Young dei
Journey ma rimestata dalla voce vicina a Dylan di
Adam, mentre il ricamo incessante degli strumenti
conduce alla stupenda lisergica coda finale. E perché
non sentire echi di Walk of Life in Red Eyes
e nel suo battito irresistibile? Battito che
rallenta e si fa profonda introspezione su Suffering,
che lambisce certi brani sereni dei Pink Floyd.
La velocità riprende piede su Ocean in Between
the Waves, con la sua irresistibile ascesa.
Disappearing cerca addirittura un raccordo
col pop sintetico britannico, in una vellutata e
raffinata elegia. Eyes to the Wind un paesaggio
totale di brezze e nuvole che si rincorrono attraverso
l’alchimia perfetta fra gli strumenti e le loro
armonie struggenti. Burning mira addirittura
a Born in the USA, assieme divampano e infondono
vita nuova al genere. L’omonima non dileggia il
passato dell’autore, ma lo confronta con il presente
via REM. In Reverse traccia la strada d’una
sintesi: fusione d’atmosfera e andamento, punto
mediano che non è minimo comune denominatore ma
massimo comune sviluppatore. Il titolo del successivo
capolavoro, A Deeper Understanding, mostra
fin dal titolo la direzione di un autore in grado
di approfondire il proprio percorso, un analizzatore
che riassume il tutto in geniali musiche.
Capodanno 2017: anno del cavolo, gli ultimi giorni
dominati da un tempo plumbeo, ritrovo a casa di
amici. Un’improvvisazione, sulle note suggerite
da Under the Pressure. Persone che si conoscono
da anni e nuovi arrivati che suonano e cantano insieme
senza timori, poi vanno a dormire a notte fonda,
abbracciati a coppie nel tepore di una casa collinare
immersa nell’eco delle note calde della musica vitale,
mentre fuori il nevischio muta nella pioggia leggera
che scioglierà la neve. La scioglierà.