Era il 2002 quando
i Counting Crows pubblicarono il loro quarto
album in studio, Hard Candy. La loro carriera
era partita alla grande, con quel sublime August
And Everything After che dal 1994 molti di noi,
amanti di certa musica americana, continuiamo ad
ascoltare con piacere. Erano seguiti un Recovering
The Satellites (1996) certamente più spigoloso
e rock, comunque niente affatto avaro di ottimi
brani (la ballata A Long December su tutti)
e This Desert Life, tre anni più tardi, che
personalmente considero un piccolo gioiellino. Dopo
quest’ultimo disco si erano presi una pausa di riflessione
di tre anni e l’attesa, per comprendere la direzione
artistica della band di Adam Duritz (anima e voce
dei "Corvi") e compagni, era alta. Da
tenere conto che la line-up nel tempo si era modificata
progressivamente, aggiungendo alcuni membri (per
esempio era salito a bordo definitivamente il chitarrista
e mandolinista David “Immy” Immerglük) e perdendone
altri per strada (Steve Bowman e Ben Mize alla batteria,
fecero posto a Jim Bogios, attualmente ancora in
sella).
Quello che ne uscì fuori fu un lavoro dalle melodie
decisamente più radiofoniche, affidate alla cura
del celebre produttore Steve Lillywhite, ma anche
dall’atmosfera notturna (“A late night album”, come
lo definì il citato frontman durante un concerto)
evidente in alcuni dei suoi episodi come la morbida
Goodnight L.A. e l’intrigante Up All Night
(Frankie Miller’s Goes To Hollywood). American
Girl fu il singolo apripista che fece storcere
il naso a molti, anche perché utilizzata in uno
spot pubblicitario (elemento mai ben visto, soprattutto
oltre oceano), e in fin dei conti non a torto visto
che la band stessa negli anni successivi l’ha sostanzialmente
abbandonata nei suoi concerti. Tuttavia, all’epoca
contribuì ad allargare la base dei “seguaci” dei
Counting Crows in tutto il mondo, considerando anche
il fatto che ai cori è ben riconoscibile la voce
di una certa Sheryl Crow, la cui carriera stava
letteralmente esplodendo.
Fortunatamente, Hard Candy contiene
tantissimi episodi assai più belli e significativi,
a cominciare dalla trascinante title track, piazzata
in apertura, dal testo dolceamaro e che soprattutto
dà l’idea di come questi ragazzi sappiano suonare
come una sorta di orchestra rock ed emozionare toccando
le corde più intime del cuore. In fondo il loro
punto di riferimento su come intendere il gruppo
sono sempre stati dichiaratamente i Grateful Dead
e The Band e, anche se lo stile non è mai stato
sovrapponibile a quello di questi nomi gloriosi
della storia del rock nord-americano, quando si
assiste a un loro concerto si comprende che ne hanno
quantomeno incarnato lo spirito “corale” e “appassionato”.
Prova di quanto detto è la splendida If I Could
Give All My Love – Or – Richard Manuel Is Dead
che suona come un esplicito omaggio al compianto
membro della band di Robbie Robertson. Le chitarre
si intrecciano con riff e assoli e regalano uno
dei momenti più scoppiettanti e importanti
del disco. Miami, invece, l’ho sempre amata
per il suo incedere quasi ipnotico, mentre New
Frontier per il suo esplicito e sorprendente
richiamo al sound new wave (in quanto tale, unico
nella loro discografia). Per ciò che riguarda
le numerose ballate, lasciano il segno la dolce
ed acustica Carriage - che parla del triste
episodio della vita di Duritz, in cui la sua compagna
dovette abortire - la malinconica Black And Blue
(con l’ospite Leona Naess) e senza dubbio la finale
Holiday In Spain, che personalmente considero
la più bella canzone dell’intero album.
Chiudo questa mia “celebrazione” con un breve aneddoto
personale: nel 2003 presi l’aereo da Roma per andare
a Bruxelles a vedere i Counting Crows suonare dal
vivo, visto che non venivano in Italia da qualche
anno, forse per mancanza di una base solida di fan.
Purtroppo, una tempesta di neve bloccò i loro trucks
a Dover (avevano suonato in Inghiliterra l’ultimo
concerto) e fu tutto rinviato di mesi. La delusione
fu grande, ma nel 2015 sono riuscito finalmente
ad assistere a un loro concerto a Roma e quando
hanno attaccato Hard Candy ho potuto finalmente
recuperare, con molto ritardo, quelle emozioni che
il destino un po’ beffardo mi aveva in qualche modo
derubato.