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Ry Cooder
Election Special
[2012]

La scelta di: Pie Cantoni


La storia dell’America è costellata da "menestrelli" che, nel corso della storia, hanno fatto da contrappunto ai vari potenti, ai politici, agli affaristi che hanno sempre tenuto sotto il loro pugno di ferro le classi sociali meno abbienti. Da Woody Guthrie a Bob Dylan, per non parlare di tutta la schiera di bluesman che hanno viaggiato in lungo e in largo cantando le loro storie adatte a lenire le ferite dell’anima degli oppressi. Parlare oggi di cantori girovaghi è un po’ un hippie dream, ma questo si adatta perfettamente ad uno degli ultimi fricchettoni rimasti sulla faccia della terra. Con il suo codino e la sua chitarra in mano, Ry Cooder ha viaggiato dappertutto per riportarci, con questo Election Special, nell’America blue collar, l’America operaia, quella che grida “America first” e che guarda ancora con diffidenza chi ha la pelle di qualche tono più scuro della sua.

Ry non ha mai nascosto la sua passione per Woody Guthrie, Leadbelly, Blind Blake, Sleepy John Estes, ma qui supera l’arte dei maestri mettendo la storia degli USA di questi anni in musica e tingendo di ironia, satira, amarezza, ogni episodio, con un risultato che lascia senza parole per la perfetta combinazione di testi e musica. Country, blues, folk, e la solita vena latina, permeano queste nove tracce di uno spaccato americano, mentre si fa accompagnare solamente dal figlio Joaquim e tutto il resto del lavoro, chitarra, slide, basso, mandolino, se lo accolla lui, sessantacinquenne instancabile nel lavoro e inflessibile nei giudizi. E allora la cronaca quotidiana di quello che era il candidato alle presidenziali, Mitt Romney, che una volta partì per le vacanze estive legando il cane (mutt - bastardino) sul tetto della macchina, diventa un blues scritto dal punto di vista proprio del quadrupede peloso, Mutt Romney Blues appunto, con un gioco di parole degno dell’editore della Settimana Enigmistica. Ma oltre all’arguzia del titolo e del testo, ci sono decenni di storia musicale americana condensata in 3’45’’. Il primo paragone che viene in mente è Blind Blake con il suo Police Dog Blues, già ripreso da Ry all’inizio della sua carriera solista.

Mitt Romney perse le elezioni, solo per consegnarci qualche anno più tardi un presidente repubblicano ben peggiore. Ma la satira dei potenti americani non finisce e Cooder prende di mira i fratelli Koch, magnati del petrolio e finanziatori del partito Repubblicano. Brother Is Gone inizia con un giro di mandolino perfetto, dolce e malinconico, mentre viene narrato il momento in cui il vecchio Satana arriva a Wichita per reclamare l’anima di uno dei due fratelli in seguito al patto che hanno stipulato con il maligno per diventare ricchi. La storia è narrata così bene nel breve tempo della canzone che né Woody Guthrie né Bob Dylan avrebbero saputo scriverla meglio. Una lectio magistralis di musica e letteratura americana. Ma il vecchio hippie, pony tail e sandali, esce soprattutto nell’invettiva contro la finanza, colpevole di disastri economici che hanno travolto e distrutto il ceto medio ed i più deboli. The Wall Street Part of Town è un uptempo allegro che rimanda ai classici rock dei 50’s/60’s tanto cari a Ry.

L’America nel 2012 non era solo travolta dagli scandali finanziari e dall’acre clima politico. Uno delle cose che causarono più scalpore furono i vari “leak” sui carceri di massima sicurezza e sul trattamento dei detenuti accusati, a volte anche solamente sospettati, di terrorismo. Guantanamo inizia con una classica frase blues “You never missed your water 'til your well ran dry” per finire con una più realistica “Never missed your soul 'til you lived it out”. E la prospettiva che Cooder ci dà è quella che a fatica abbiamo tristemente scoperto da notizie trafugate o involontariamente trapelate, ovvero che “You can't come back from Guantanamo - Can't come home from Guantanamo”. Cold Cold Feeling è un classico blues, cantato dalla punto di vista di Barack Obama che racconta la sua esperienza e la solitudine di chi è al comando. I ritmi sono dilatati, la slide lancinante, come solo un maestro del bottleneck quale Ry sa fare. Potrebbe essere un giovane Muddy Waters che suona nel cuore della notte del Mississippi, potrebbe essere un Elmore James al culmine della sua espressività. Ry Cooder suona con lo stesso feeling e stile. Going to Tampa diventa invece uno sfottò sociale in chiave bluegrass e prende in giro i “bifolchi” americani in salopette che foraggiano il partito Repubblicano e la loro assemblea annuale di Tampa (Florida), l’importante è che si lasci tenere loro le armi “sotto il cuscino” e rimettere in piedi “Jim Crow”.

Grande musica, temi sociali, ironia, storie, canzoni cesellate nell’America di oggi e la zampata di un grande vecchio che non ha mai mollato. Un artista con il quale ho imparato a capire il blues e ad apprezzare la tecnica slide, cercando malamente di replicare le combinazioni arcane di note che uscivano dalle sua scalcinate chitarre. Un artista che meriterebbe un monumento alla carriera per il lavoro fatto per tenere viva la tradizione americana, andando anche a pescare nelle radici più nascoste (andatevi ad ascoltare il disco con Alì Farka Touré, Talking Timbuktu) e mescolando l’identità americana con quella delle tante culture che sono arrivate negli States, portate dalle masse attratte dal mai defunto “sogno americano”. Sicuramente uno dei dischi migliori del ventennio.


    



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