Chilli
Willi and The Red Hot Peppers Bongos Over Balham [Mooncrest, 1974]
Con i dovuti distinguo,
si potrebbe affermare che Phil Lithman è stato il Frank Zappa del
pub rock. Quale altro personaggio conoscete, che fosse capace di passare
con disinvoltura da un disco zeppo di influenze country, swing, r&b
come questo godereccio Bongos Over Balham al dadaismo
dei Residents (Lithman suonerà nei dischi di fine anni ’70 del collettivo
californiano)? Con il nome d’arte di Snakefinger registrerà anche
un poker di dischi che lambiranno i territori più avant-garde della
new wave, finché nel 1986 un infarto, dopo un concerto in Austria,
non lo fermerà anzitempo per sempre.
Eppure, la sua sbilenca parabola discografica Lithman l’ha iniziata
nel nome di un classicismo quasi filologico, proponendo al pubblico
britannico dei primi anni ’70 un repertorio che affondava i suoi artigli
nella parte meno saccheggiata – dalla generazione precedente, cioè
quella della British Invasion – della American Music. Diviso tra country
rock ariosi e melodici (We Get Along) e sincopati rock-blues
(Desert Island Woman), spalleggiato dai fiati e dai gorgheggi
delle coriste (tra le quali scopriamo un’insospettabile Jacqui McShee,
fresca orfana dei Pentangle), questo secondo e ultimo lp dei Chilli
Willi & the Red Hot Peppers resta una testimonianza assai godibile
di quanto nei pub britannici i giovani della working class fossero
ancora in grado di divertirsi con la musica con cui erano cresciuti
i loro padri.
Una festa che passa per originali firmati da Lithman e cover di Louis
Jordan (ma anche di Jesse Winchester) e ricorda quello che dall’altra
parte dell’Atlantico andava combinando, più o meno in quegli stessi
anni, Commander Cody con i suoi Lost Planet Airmen. Nel quintetto
base, oltre a Lithman, vale la pena di segnalare almeno Bob Andrews
(che proveniva dai Brinsley Schwarz e finirà con Graham Parker) e
Pete Thomas, destinato a raggiungere gloria imperitura pestando i
tamburi negli Attractions di Elvis Costello.