Brinsley
Schwarz Nervous on the Road [United Artists, 1972]
Potremmo dire che i Brinsley
Schwarz siano stati la band di punta del pub-rock per far capire
come, se non proprio tutto sia partito da qui, il gruppo sia stato comunque
il cardine intorno al quale ruotò tutta la scena. Quando iniziarono
nel 1969 erano un supergruppo senza saperlo ancora, protagonisti di
una disastrosa partenza pensata per il mercato americano, con due dischi
d’esordio sospesi tra country-rock e amore per i Grateful Dead che vennero
stroncati da pubblico e critica, in più con la fuga dagli States dovuta
al fatto che si presentarono troppo ubriachi a un concerto in cui dovevano
fare da spalla nientemeno che a Van Morrison.
Tornati a bazzicare le strade di Londra nel 1972 (anche se il disco
è registrato in Galles), non si persero d’animo, e con Nervous
On The Road (“But Can't Stay At Home" chiosava il sottotitolo
della title-track) scrissero una sorta di primo vero manifesto della
scena. La band era un perfetto interplay tra il titolare Brinsley Schwarz,
chitarrista che aveva capito come trasformare il gusto degli americani
in una pop-song buona per i palati inglesi, un cantante e chitarrista,
Ian Gomm, con un’aria innegabilmente inglese e la carica degna del miglior
Roger Daltrey, e un bassista, Nick Lowe, che stava lentamente diventando
il vero cervello di tutta la scena (sarà poi produttore decisivo in
tal senso). Senza dimenticare il tastierista e sassofonista Bob Andrews,
che con Schwarz poi fonderà i Rumour a seguito di Graham Parker, e il
solido batterista Billy Rankin, che Lowe si porterà appresso in ogni
studio di registrazione, prima che decidesse di lasciare la scena a
metà degli anni 80.
Nonostante una copertina che ancora sognava la California, il disco
si buttava già a testa bassa in un rock stradaiolo che restitutiva a
tutte le loro influenze citate nuovi piccoli classici come It's Been
So Long, Don't Lose Your Grip On Love, e la programmatica
Happy Doing What We're Doing, aggiungendo nel mix anche un po’
di New Orleans (I Like It Like That, scritta da Allen Toussaint
per Chris Kenner), e rockabilly con Home In My Hand del dimenticato
Ronnie Self. Era già tutto qui insomma.