Sing This! Brevi
storie di brani e di alcune cover
#2
Strange Fruit
[a cura di Gianni Del Savio]
Una delle composizioni e interpretazioni che hanno contribuito
a testimoniare e denunciare un tremendo atto della violenza razziale:
il linciaggio e lo “strano frutto” che penzola (carbonizzato) da un ramo
di un albero, alla fine della macabra cerimonia. Un tema che era già stato
suggerito da Ethel Waters, con Supper Time (‘33), composto da Irving
Berlin per un musical.
L’autore di Strange Fruit è Lewis Allan - così si firma
l’insegnante e scrittore newyorkese Abel Meeropol -, che traduce in musica
la propria poesia Bitter Fruit e, negli anni Quaranta, contribuirà
a scrivere The House I Live In, canzone sulla tolleranza, interpretata
sia da Paul Robeson che da Frank Sinatra, censurata come “propaganda comunista”.
Strange Fruit raffigura dunque quella terribile scena, testimonianza
di crimine “protetto” da una legge razziale non scritta, a volte con tanto
di spettatori e cartoline-ricordo(!), che da diversi anni caratterizza
il clima socio-razziale, soprattutto nel sud degli USA. Per mano della
polizia, anche in tempi recenti, con modalità e in circostanze diverse,
altri fatti ci riportano a quel clima: tra questi, l’assassinio per soffocamento
di George Floyd nel 2020 e quello di Frank Tyson, quattro anni dopo.
Nel ‘39, la canzone di Allan viene proposta alla ventiquattrenne Billie
Holiday, ingaggiata al “Café Society” di New York. John Hammond, produttore
della Columbia, pur contrario all’idea che lei lo incida, ottiene che
possa farlo per la Commodore Records (indie fondata nel ‘38 da Milt Gabler).
Il 78 giri – la cui “b-side” propone l’eccellente Fine and Mellow
-, ha un discreto successo e rappresenta uno dei momenti più alti della
sua carriera, ma le causa censure e guai di vario genere (FBI compreso...).
Billie
Holiday - Strange Fruit (Live 1959)
La versione della Holiday rimane di riferimento assoluto, “fuori classifica”,
ma vanta altre interpretazioni degne di nota. Oltre a quella folk-blues
del ‘43 di Josh White, arriveranno le incisioni di Eartha Kitt, Abbey
Lincoln, Cassandra Wilson, John Martyn, Siouxsie & the Banshees, Diana
Ross (si difese bene nell’imitazione cinematografica), Robert Wyatt, Sting,
Annie Lennox. Luci su tre cover, in sequenza temporale.
Nina Simone, che ha una controversa opinione su Lady Day, divisa tra
ammirazione e rifiuto del paragone (un tema complesso e delicato…), incide
Strange Fruit nel ‘65, per l’album Pastel Blues. La sua
è una versione solenne, molto intensa, dalla struttura essenziale (solo
canto e piano), forte anche delle proprie vicissitudini, che oltretutto
la riportano alla bocciatura del ‘51, alla Juilliard School di Philadelphia
(esame affrontato per diplomarsi come “pianista classica”) che lei, e
non solo, ritiene motivata dall’essere ragazza nera. Raramente la proporrà
dal vivo. Qui è al festival di Antibes (Francia), nello stesso anno della
pubblicazione:
Nina Simone
- Strange Fruit (Live in Antibes, 1965)
Jeff Buckley ne fa una straordinaria cover live al Sin-é (‘93),
locale dell’East Village di New York. Una tensione dal tocco acido-blues
delle taglienti note chitarristiche. Canto lancinante, ai limiti espressivi
della voce; un sussurro doloroso, che si fa sempre più angosciato e “descrittivo”,
con stacchi ritmico-cadenzati a sottolineare, rimarcare. Buckley manifesta
il dolore-orrore anche con taglienti falsetti, mentre “dialoga” con la
chitarra fino a trascinare il dilaniante croooop... finale. E’ una riproposizione
che “esce” dai canoni interpretativi - a volte imitativi dell’originale,
utilizzati da buona parte delle interpreti -, per esprimere l’ “inesprimibile
“…
Jeff Buckley
- Strange Fruit (Live at Sin-é, 1993)
Andra Day (Cassandra Monique Batle). La sua più nota versione è
quella - che si rifà al “live” della Holiday -, segnata dalla propria,
bella interpretazione nel film “The United States vs. Billie Holiday”
di Lee Daniels (2021), gardenia compresa. Una cover intensa e sincera,
adeguatamente orchestrata, che ne riprende le espressioni facciali (dolore,
orrore, sconforto, disprezzo). Più personale, con fraseggio-tensione fra
lamento della chitarra e “lugubre” cadenza della batteria, è quella che
Andra propone in modo non gestualmente imitativo. Il video è introdotto
da dati sui linciaggi.