Sing This! Brevi
storie di brani e di alcune cover
#1
A Change Is Gonna Come
[a cura di Gianni Del Savio]
Primi ‘60. Un certo Robert Zimmerman, divenuto Bob Dylan,
arricchisce la serie delle sue osservazioni sul mondo, con l’indicativo
e “profetico” Blowin’ In the Wind, che compare nel suo secondo
album (1963) e che intanto diviene un hit per Peter, Paul and Mary. Dylan
non si fermerà qui... Da qualche parte di quell’America in plurisecolare
lotta razziale, Samuel Cooke (ha aggiunto una “e” al cognome originario;
aspirando a modificare i rispettivi significati dei termini, anche Marvin
Gaye farà la stessa “operazione”, mentre Al Green si priverà della vocale
finale...), incontra quel poetico, profetico brano. Anche influenzato
dal pensiero di Malcolm X e dall’amicizia con Muhammad Ali, e forte della
sua esperienza gospel con i Soul Stirrers, Sam cerca di cogliere più a
fondo i segnali socio-razziali: ispirandosi pure al messaggio immaginifico
dylaniano, compone e incide un gioiello visionario. Adeguatamente e sontuosamente
orchestrato, A Change Is Gonna Come verrà pubblicato nel
‘65 – come retro del singolo che propone lo scintillante Shake,
di ben altra ispirazione -, dopo la sua tragica e misteriosa morte (assassinato
a Los Angeles, l’11 novembre 1964, in circostanze controverse), lasciando
un forte segno della propria statura artistica, non solo vocale…
Sam Cooke
- A Change Is Gonna Come
A Change Is Gonna Come diviene un classico, ripreso dai più disparati
interpreti. Affrontare capolavori del genere e ottenere risultati pregevoli
è un’impresa non facile. Ma qualcuno c’è riuscito: tra loro, oltre a Solomon
Burke, Aretha Franklin (eccellente) e Terence Trent D’Arby, spiccano tre
interpreti.
Baby Huey (vero nome James T. Ramey). Sorprendenti gli oltre noveminuti
della sua versione. Dopo alcuni tratti di teso, narrativo “monologo”,
Huey esplode con un drammatico shouting e prosegue in un clima lisergico
(con uso dell’eco), in stile preaching, fino al lancinante urlo finale.
Il ventiseienne artista di Richmond (Indiana), se ne andrà di li a poco
per overdose (1970, stesso anno di Janis Joplin e Jimi Hendrix...), senza
aver conosciuto il risultato vinilico della session, rintracciabile in
The Baby Huey Story (1971, per la Curtom di Curtis Mayfield).
Baby Huey
- A Change Is Going To Come
Un crescendo di grande tensione caratterizza anche l’interpretazione di
Mighty Sam McClain, che in Live in Japan (Orleans, 1986)
mostra il meglio di questo grande, sottovalutato performer (1943-2015).
A Tokyo, oltre a vari strumentisti locali, che regalano alcuni incisivi
tratti solistici (ottimi l’hammondista Koji Awano e, soprattutto l’altosassofonista
Kazutoki Umeze: suo anche un lancinante “assolo”), c’è il chitarrista
blues Wayne Bennett. Dopo un pacato, quanto intenso prologo, McClain,
intensifica la sua “narrazione-previsione”, con tratti gospel-soul e passaggi
di forte coinvolgimento. Poi, avvicinandosi alla fine degli oltre sei
minuti, si rivolge direttamente a Sam Cooke, per “rassicurarlo” che il
“cambiamento ci sarà”… Commovente.
Mighty
Sam McClain - A Change Is Gonna Come (Live)
Infine, Al Green. Strepitosa interpretazione quella che effettua
durante la cerimonia della “Hall of Fame” (‘95), accompagnato dal team
di Booker T. Jones (nel video, in primo piano appaiono anche il grande
chitarrista Steve Cropper e i Memphis Horns). Un formidabile momento gospel-soul,
con la riproposizione di “elementi cerimoniali”, compreso l’inginocchiarsi
verso il pubblico, per coinvolgerlo ancor più nell’estrema tensione emotiva,
in qualche modo “visionaria”. Il lacerante clima live del brano (oltre
cinque minuti), farà parte anche della colonna sonora di “Ali” (BMG, 2002).