
I
100 dischi: entra nello speciale web
(Sfoglia
la classifica disco dopo disco)
A
cura di Davide Albini, Antonio Avalle, Paolo Baiotti, Gianfranco
Callieri, Fabio Cerbone, Gianni Del Savio, Marco Denti, Matteo Fratti,
Gabriele Gatto, Nicola Gervasini, Roberto Giuli, Emilio Mera, David
Nieri, Marco Poggio, Donata Ricci, Gianuario Rivelli, Gianluca Serra,
Yuri Susanna, Silvio Vinci.
(Tutte le liste dei
redattori)
La
classifica finale (Scorri
il riepilogo, top 100 e inseguitori) |
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Se volete riservarvi il gusto della scoperta,
leggete queste righe soltanto dopo avere sfogliato la classifica...
(a cura di Fabio Cerbone)
Chi sono i lettori di RootsHighway? Possiamo fare una sorta di identikit
generale? Ce lo siamo chiesti legittimamente più volte, anche solo
per la curiosità di scoprire se in tutti questi anni si fosse formata
una comunità con un profilo preciso. Ovviamente qualche idea è nata
strada facendo, anche rozza e generalizzata probabilmente, attraverso
i contatti diretti, le presenze sul nostro forum o i più recenti
incontri nei social network. Nessuna esigenza di marketing la nostra
- dovreste saperlo che qui non vogliamo "vendere" nulla che non
sia un po' di passione comune - semmai l'intento di capire se la
direzione che abbiamo intrapreso sia quella giusta. Conoscere qualcosa
di più di tutti voi era e resta una sfida interessante.
Consapevoli che l'iniziativa non fosse certo nuova né tanto meno
ingegnosa, per festeggiare (un po' in ritardo lo sappiamo, visto
che il 2012 è una stagione più in là del dovuto) i dieci anni di
attività di RootsHighway.it, abbiamo pensato a questo speciale,
una sorta di "tirate le somme", anche solo per riconoscersi a vicenda.
Difficile capire se questa manciata di dischi - frutto di un sondaggio
aperto nei mesi scorsi sulla pagine di RootsHighway - possano rappresentare
davvero una fotografia d'insieme della vostra storia di ascoltatori,
ma lasciateci pensare che qualche spunto emerga eccome dai risultati
finali.
L'Isola Deserta di RootsHighway e i suoi 100 dischi finali
(classifica rigorosamente matematica che ha tenuto conto solo e
soltanto delle vostre segnalazioni, i voti della redazione sono
finiti nel mucchio senza alcuna precedenza) offrono l'occasione,
innanzi tutto, per un gioco divertente e ormai assodato per ogni
rock'n'roll addicted di questo mondo, ma anche uno sguardo
a quello che si è sedimentato nel cuore di chi legge questa rivista
online. Se il punto di partenza non era quindi una lista ragionata
e critica, ma una vera e propria carta di identità collettiva, ben
vengano l'assenza di filtri, la pura e semplice irrazionalità e
passione nel segnalare quegli album che sono stati la rappresentazione
di un momento, di un passaggio o di una crescita nella vita.
Scorrendo l'elenco (che si allarga alla top 200, con più di 1800
dischi citati in centinaia di schede pervenute) è evidente che la
'Desert Island' di RootsHighway non è "politicamente corretta" (come
è sacrosanto che non lo sia!), men che meno bilanciata: è qualcosa
di più e forse di meglio, anche nel suo sviluppo più prevedibile,
è persino una provocazione e senz'altro uno spunto di riflessione
interessante per chiedersi quanto conti il rapporto fra classico
e contemporaneo, fra passato e presente. I grandi nomi ci sono tutti
(o quasi), per lo meno quelli più "scontati" e “istituzionali” per
una comunità come quella di RootsHighway. Sulla loro forza di penetrazione
tuttavia, e sulle posizioni raggiunte, qualche riflessione la si
può tentare: i lettori di RootsHighway guardano con curiosità ma
anche diffidenza all'oggi, cercando le tracce della tradizione nel
passato prossimo (anni 80 e 90 lasciano un segno più tangibile...questione
d’età?) e raramente riescono a far sedimentare le uscite più attuali
(inevitabile che dal 2000 ad oggi ci voglia più tempo per accettare
un nuovo disco sull'isola deserta...). La maggioranza dunque sceglie
nel momento decisivo il ricordo più antico, il sentimento che li
ha resi adulti come ascoltatori.
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Ecco allora che i 100 dischi dell'Isola
Deserta guardano senza mezzi termini alla "golden age" del rock'n'roll
(tra i decenni 60 e 70 fanno in tutto 64 titoli su 100...mi pare
chiaro, che dite?) e in tale prospettiva soprattutto a quegli artisti
che hanno tracciato le arterie delle "Roots Highways": Bruce
Springsteen e Bob Dylan sono
i padroni assoluti, certificando un passaggio di testimone tra l'originale
e il "nuovo Dylan", come si sarebbe detto un tempo. Se uno dei fulcri
della nostra webzine è la canzone rock d'autore, il rapporto privilegiato
fra il songwriter e il mondo allora è giusto che questi due mostri
sacri restino un faro: complessivamente 6 dischi nella top ten,
esattamente 3 a testa, un vero bottino (ma Neil
Young rimane il più citato: 5 dischi in top 100). Accanto
a loro, a circondarli e superarli (qualche volta) quelle band che
oltre la canzone in sé, hanno decodificato il suono di RootsHighway:
le radici e il loro incontro/scontro con l'elettricità, dai vincenti
Rolling Stones di Exile ai Creedence
di Cosmo's Factory, maestri di un certo modo di intendere
e riappropiarsi della tradizione. Non poteva che essere così, completando
il puzzle con il sorprendente affetto per i Clash,
naturalmente quelli più “tradizionalisti” di London Calling,
e il blues sudista e astrale dell'Allman Brothers
Band (è loro la palma per il migliore live di sempre).
Ai classici veri e propri ci si aggrappa anche nelle posizioni di
rincalzo: il più "sfortunato" sembra essere Van
Morrison, che con una doppietta in top 20 non riesce proprio
ad ottenere una meritata presenza ai piani più alti. Più in generale
vi siete ricordati anche di Who, Jimi Hendrix, Beatles e molti altri,
ma mischiando un po' le carte e lasciando in disparte l'orgoglio
della storia o meglio di alcuni precisi momenti ed evoluzioni della
suddetta storia. Infatti, mentre cantautori e sporadici capisaldi
della classicità rock restano immutati, è pur vero che qualche caratteristica
generale balza all'occhio: l'Italia non rientra certo nella vostra
geografia musicale (Fabrizio De Andrè e Vinicio Capossela si affacciano
solo nei top 200); il punk non ha quasi lasciato tracce (Clash esclusi
e sappiamo bene quanto fossero già "oltre" il genere, mentre considerare
Television o Patti Smith punk pare quasi una bestemmia); la saga
dell'hard rock ci consegna soltanto i Led
Zeppelin (dove sono Deep Purple e Black Sabbath?); la psichedelia
resta un ricordo lontano e confinato a pochi sussulti (David Crosby,
Grateful Dead, Quicksilver, ma tutti o quasi nella parte bassa del
tabellone), così come la successiva West Coast o il Progressive
(ne capiamo forse le ragioni di affinità su un sito come il nostro,
anche se i più popolari Genesis e Pink
Floyd continuano a rimanere imprescindibili).
Ma se buona parte di questi esiti potevamo anche aspettarceli, è
probabilmente l'assenza assordante della musica nera a farci riflettere:
concesso qualche premio di consolazione per Otis
Reddig e Robert Johnson, aperte
le porte al jazz con i giganti Davis e Coltrane (ricordiamo che
non abbiamo mai posto limiti di genere nel sondaggio, nonostante
fosse ovvio che il rock l'avrebbe fatta da padrone), il resto è
davvero evanescente.
Come anticipato, ci sono però sorprese che affondano forse nell'età
stessa di voi lettori: dagli anni 80, così spesso contraddittori
eppure fertili per chi ha seguito la via maestra del rock'n'roll,
emergono prepotenti le tracce del lirismo di Waterboys e U2, così
come tutta l'avventura del rock "alternativo" americano di quel
tempo, dai REM ai Dream Syndicate presenti
nella top 30, fino ad arrivare i 90 di Pearl
Jam (preferiti forse nella loro "classicità" ai Nirvana...scomparsi
dalla vista), Radiohead e Jeff Buckley (la vera sorpresa del sondaggio,
innegabile!). Da quell'epoca, anche se con una storia più complessa,
arriva anche il Tom Waits della svolta
di Raindogs. Così come ci pare di poter dire che su un sito che
si chiama RootsHighway non potevano non acquisire un ruolo di rilievo
autori che generalmente non verrebbero troppo considerati dall'intellighenzia
critica, e qui formano invece la spina dorsale di un certo modo
di concepire la canzone roots rock: John Mellencamp e John Hiatt
piazzano infatti due dischi a testa e fanno meglio persino di Tom
Petty.
Infine, la roots music in senso stretto. O quanto meno quel filo
rosso che dal country rock arriva al cosiddetto alternative country
e all'Americana di oggi, per ovvimotivi luogo di interesse principale
del sito e quindi irrinunciabile. Tutto ciò è giustamente presente
con alcune tappe fondamentali: The Band
e The Byrds rispondono all'appello,
Neil Young non manca, Hank Williams e Johnny Cash restano imprescindibili,
di Mellencamp e Hiatt abbiamo già detto (ma sono assenti Steve Earle
e Dave Alvin - ci sono i Blasters però - … e Joe Ely entra
a fatica), mentre le vere presenze contemporanee della top 100 sono
proprio rintracciabili nei vari Ryan Adams,
Whiskeytown, Jayhawks, Counting Crows, Uncle
Tupelo e Wilco (per il rotto della cuffia però e con un disco
più tradizionale come Being There).
Quello che manca o è stato “ingiustamente” dimenticato in questo
lungo preambolo lo potete scoprire scorrendo la top 100 titolo dopo
titolo. Grazie a tutti i partecipanti, buona lettura ... e non scandalizzatevi
troppo per le assenze ... in fondo è colpa vostra!
NB: Per pura curiosità - avendo contribuito tanto quanto
le singole liste dei lettori - i dischi da isola deserta dei collaboratori
che hanno redatto lo speciale li
trovate qui
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