Certo che, quanto a inconsistenza estetica, le copertine
di Van Morrison se la giocano con i Wilco. Ma va bene così, anche
queste sono certezze e ad ogni uscita discografica siamo rassicurati che
i nostri beniamini non hanno cambiato pelle. Poi lo sappiamo che ai grandi
artisti non servono packaging vistosi, basta la sostanza. Nel nuovo parto
del nostro belfastiano preferito, Moving on Skiffle (doppio
cd), la sostanza è rappresentata da ben ventitrè cover. Troppo? Considerata
la qualità direi proprio di no: qui non troviamo tracce riempitive perchè
sono tutte di pari importanza.
Stavolta Morrison riavvolge il nastro addirittura all’epoca pre-rock’n’roll,
giacchè le origini dello skiffle risalgono alla prima metà del Novecento
e ai raccoglitori di cotone afroamericani; da lì, sul finire degli anni
’50, questo genere musicale artigianale approda in Inghilterra, sulle
sponde del Mersey tra i portuali di Liverpool. Con queste parole lo evoca
Morrison nella presentazione del disco: “Andavo ancora a scuola quando
mi esibii con una band di skiffle: un paio di chitarre, un washboard,
un basso a cassa. Conoscevo già le registrazioni di Lead Belly e quando
sentii la versione di Lonnie Donegan di Rock island line capii cosa stava
creando ed era esattamente quello che io volevo fare. Fu come un’esplosione.
Questo disco riprende le canzoni di quell’epoca”.
Non aspettiamoci tuttavia troppo skiffle da questo lavoro: c’è un richiamo
nel titolo e un washboard che gratta qui e là, ma per il resto gli arrangiamenti
non sono per niente rudimentali, anzi possiedono l’architettura perfetta
che siamo abituati ad apprezzare. E’ risaputo che i musicisti che accompagnano
Morrison sono di levatura fuori standard e qui non si fa eccezione. Lui,
Van, si diverte come un fanciullo nel passare da uno strumento all’altro
come gli pare: chitarra ritmica, sax, una deliziosa armonica. Oppure utilizza
il suo strumento migliore, la voce, e la sua resta un capolavoro della
natura. E’ così che sciorina la rilettura di classici di Hank Williams,
Lead Belly, Big Bill Broonzy, Woody Guthrie e molti altri, quasi desiderasse
non trascurare nessun paragrafo dell’abbecedario musicale su cui ha imparato
a sillabare note fin da sbarbato.
Inutile citare i brani, sono classici assoluti su cui si è già detto tutto.
Non è escluso che coloro che prediligono il Morrison delle ballate ariose,
poggianti su quegli struggenti snodi armonici che a lui riescono senza
bisogno di guru, né di metodi, né di insegnati, avvertano una punta di
nostalgia per l’ineguagliabile taglio compositivo di un tempo. Ma saranno
ricompensati dalla passione contagiosa e dalla classe con cui Moving
on Skiffle è stato realizzato. Questo disco è gioia, fisicità, istigazione
al ballo, freschezza incontenibile. E’ curioso che, avanzando nell’età,
l’umbratile autore dei capolavori giovanili si sia trasformato in un dispensatore
di musica gioiosa. Singolare la sua prolificità, se pensiamo che soltanto
dieci mesi sono trascorsi da What’s Gonna Take? e che Latest
Record Project Volume 1 (altro doppio!) data soltanto 2021.
Moving on skiffle sarà ricordato nella discografia morrisoniana anche
come il disco che gli ha permesso di riconquistare l’approvazione pubblica,
dopo le incaute dichiarazioni rilasciate durante la pandemia. Ora che
quel periodo sembra essere alle spalle, ecco riemergere il grande artista.
Probabilmente non si spoglierà mai del suo carattere bizzarro e dell’innata
(e dannata) propensione a spararle grosse, ma quando parte la prima canzone
gli abbiamo già perdonato tutto.