Nell’epoca in cui le informazioni viaggiano, a velocità
sconsiderata, su cavi di fibra ottica in grado di trasmettere un’infinità
di dati, in tempo reale, a tutto il mondo, è forse più facile rendersi
conto di quale importanza abbia rivestito l’operazione con la quale, dalla
fine dei Settanta e poi per tre decenni recanti in dote dischi spesso
memorabili, la texana Nanci Griffith diede dignità artistica, letteraria
e di contenuto a un genere - il country e il folk del proletariato bianco
- spesso ritenuto appannaggio esclusivo della parte meno istruita del
paese.
D’improvviso, grazie alle canzoni di Griffith, al suo wordplay ricercatissimo,
alle strofe colte e forbite di un’autrice capace come pochi di descrivere
gli umori, i volti, i colori e le storie minime di un Sud immortalato
in toni dimessi ma tutt’altro che rinunciatari, il «blues dell’uomo bianco»
dimostrò di saper integrare, nel proprio dettato, riferimenti letterari,
viaggi, esplorazioni, sogni teologici e mitologici, constatazioni etnografiche,
scarti metafisici e insomma tutto ciò che rende patrimonio culturale una
manifestazione dell’ingegno umano.
Passata Griffith a miglior vita, anzitempo seppure per cause naturali,
nell’agosto del 2021, a soli 68 anni, ecco apparire, nel giro di un biennio,
questo More Than A Whisper: Celebrating The Music Of Nanci Griffith
al quale, data la presenza di John Prine (scomparso addirittura un anno
prima dell’artista qui celebrata), i suoi artefici stavano senz’altro
lavorando da diverso tempo. E invece esce, oggi, quasi in concomitanza
col quadruplo cofanetto Working In Corners, sempre curato dalla
Craft e contenente i primi quattro album della musicista di Austin, compresi
due autentici capolavori come Once In A Very Blue Moon (1985) e
The Last Of The True Believers (1986).
La soprannaturale grazia folk-pop di quelle opere sverniciate da un country
intenso e antiretorico era merito anche di Jim Rooney da Boston, uno dei
pionieri delle sonorità Americana, che in More Than A Whisper: Celebrating
The Music Of Nanci Griffith ritorna come produttore dei brani di Iris
DeMent (al solito strepitosa per sensibilità spiritual in una Banks
Of The Pontchartrain da antologia), di quello della coppia composta
da Lyle Lovett e Kathy Mattea (di sublime eleganza elettroacustica una
volta alle prese con i bucolici ricordi d’infanzia di Trouble In The
Fields) e dell’insolito duetto tra il citato Prine e la bravissima
Kelsey Waldon (provate a recuperare il suo No
Regular Dog) su Love At The Five & Dime, una di quelle occasioni
in cui il romanzo in miniatura del prototipo - biografia in versi della
relazione tra il musicista in erba Eddie e la studentessa Rita, entrambi
svanenti nel grande nada della provincia americana - finisce per trasformarsi
in una dichiarazione di fede nella possibilità di connettere in modo nuovo
passato e presente.
In un certo senso, More Than A Whisper: Celebrating The Music Of Nanci
Griffith è un tributo appaltato ai produttori, perché vi suonano riconoscibilissime
sia la mano molto anni ’90 di John Leventhal (peraltro impeccabile nello
scontornare la Sarah Jarosz country-folk di una bellissima You Can’t
Go Home Again) sia quella quasi arcana di Buddy Miller (accompagnatore
unico di Emmylou Harris in una suggestiva Love Wore A Halo dalle
risonanze folkie), sia il tocco pressoché ambient del vaporoso Doug Lancio
(alle spalle di Aaron Lee Tasjan nella rivisitazione pianistica di
Late Night Grande Hotel) sia quello scorticato di Ray Kennedy (inevitabile
direttore d’orchestra dello Steve Earle fuligginoso e incalzante di It’s
A Hard Life Wherever You Go). Altrettanto evidente è l’impronta estetica
di Mary Gauthier, stavolta responsabile delle liner-notes del CD e di
nuovo affiancata da Neilson Hubbard, nonché dagli archi del nostro Michele
Gazich, nel riversare un po’ di ghiaccio e neve sull’invernale traduzione
di More Than A Whisper, penultimo capitolo in scaletta prima di
una From A Distance riletta dai War And Treaty guardando al Jackson
Browne di mezzo secolo fa.
Molto resterebbe da dire sugli altri partecipanti al progetto (interessante
la Radio Fragile degli expat britannici Ida Mae, inutilmente virtuosistica
la collaborazione tra Molly Tuttle e Billy Strings in Listen To The
Radio) e sul repertorio oggetto di nuovi trattamenti, sulle dinamiche
imprevedibili di una scrittura polifonica con cui la Griffith, tra le
altre cose, avrebbe voluto reificare la vulnerabilità e la fatica dell’essere
donne, per di più erudite e introspettive, in un mondo regolamentato dagli
uomini. Il consiglio più sensato, però, è forse quello di indugiare nell’ascolto
in prima persona: affinché possano abbandonarsi per interposta persona
alle virtù di un’autrice sopraffina gli estimatori di Nanci Griffith,
affinché trovino la loro introduzione a uno dei tesori della musica americana
tutti gli altri.
La scaletta 1. You Can't Go Home Again - Sarah Jarosz
2. Love at the Five & Dime - John Prine,Kelsey Waldon
3. Listen to the Radio - Billy Strings, Molly Tuttle
4. Love Wore a Halo (Back Before the War)- Emmylou Harris
5. Trouble in the Fields - Lyle Lovett, Kathy Mattea
6. Gulf Coast Highway - Brandy Clark
7. Outbound Plane - Shawn Colvin
8. Radio Fragile - Ida Mae
9. It's a Hard Life Wherever You Go - Steve Earle
10. Late Night Grande Hotel - Aaron Lee Tasjan
11. Ford Econoline - Todd Snider
12. Banks of the Pontchartrain - Iris Dement
13. More Than a Whisper - Mary Gauthier
14. From a Distance - The War and Treaty