Abbiamo ormai
imparato ad apprezzare la generosa scena musicale del Kentucky, di recente
colpita dall’ennesima tragedia ambientale (una terribile alluvione) che
ne ha martoriato il territorio: dopo tanti nomi maschili, songwriter come
Chris Stapleton e Ian Noe, che hanno ridato dignità alla country music
d’autore, è la volta di una figura femminile, Kelsey Waldon, messa
sotto contratto dalla stessa etichetta del citato Noe, quella Oh Boy fondata
dal compianto John Prine. Hanno la vista lunga e non si sono fatti sfuggire
l’occasione di avere in squadra una musicista che bene rappresenta quel
mondo a cavallo tra la campagna e la città, tra la provincia più sperduta
(lei è nata e cresciuta nella piccola comunità di Monkey's Eyebrow) e
i sogni di gloria di Nashville.
Kelsey resta in fondo umile e fedele alle sue origini, nonostante le ambizioni
siano maturate con gli anni e il nuovo album, inciso a Los Angeles sotto
la direzione artistica di Shooter Jennings, ne confermi le nuove traiettorie.
Secondo episodio per la Oh Boy dopo l’interessante White
Noise/ White Lines del 2019 e quarto capitolo in assoluto della
sua carriera, iniziata giovanissima tra bar e piccoli club dopo avere
abbandonato casa e genitori (separati da un doloroso divorzio), proprio
la componente autobiografica resta il tratto caratterizzante di No
Regular Dog e di una autrice che si mette a nudo e che attraverso
le sue passioni, l’amore per la musica e l’ostinazione di voler emergere,
dà l’impressione di interpretare le canzoni e questo mestiere come una
forma di cura personale, cercando di rendere il mondo “un posto migliore”
e di trasmettere tutto ciò ai suoi ascoltatori. Parole di Kelsey in persona,
che si definisce, appunto, No Regular Dog, consapevole del suo
ruolo non allineato ai gusti più mainstream di Nashville.
In questo molto simile alla collega Margo Price, ma con meno propensione
al rock e alla melodia, Kelsey Waldon sceglie con Shooter Jennings e alcuni
musicisti del suo entourage (tra questi Aubrey Richmond al fiddle, Brett
Resnick alla pedal steel, Alec Newnam al basso e Doug Pettibone al bobro,
mandolino e chitarre acustiche) una sequenza di suoni honky tonk e country
outlaw tra antico e moderno, forse fermandosi un po’ a metà strada. Non
si fatica ad apprezzare le atmosfere rustiche di Sweet
Little Girl, della luminosa Backwater
Blues e di Peace Alone (Reap What You Sow), alcuni degli
episodi che più evidenziano il modo di comporre di Kelsey, una voce che
più country di così si muore, adatta a raccontare queste storie e a farci
entrare nel suo mondo kentuckiano. Resta però l’impressione che il mood
scelto per l'intero No Regular Dog non si discosti mai dal tracciato
principale, scegliendo spesso quei cosiddetti “tempi medi” e quelle ballate
che si sviluppano con accordi e melodie che ci appaiono fin troppo familiari.
Molte “narrazioni” musicali del disco finiscono così per esprimere la
stessa intensità di colori, da Tall and Mighty a Season’s Ending,
dai sapori più agresti di Simple as Love alla patina country gospel
che avvolge Progress Again, una lunga lettera sulla propria vita
e il desiderio di casa e affetti che qualche volta tende a ripetere gli
stessi concetti.