File Under:
synth-rock, pop-folk di
Nicola Gervasini (06/04/2012)
Per
voi è facile: vi fate un giro on-line, cercate uno streaming disponibile, trovate
un paio di video su youtube, e magari vi basta un ascolto veloce per capire se
un disco fa o non fa per voi. E non c'è recensione del guru della critica musicale
di turno che possa convincervi ad insistere con l'ascolto, magari per scoprire
quelle sfumature che la prima volta non è possibile cogliere. Avrete già deciso
di passare ad altro prima che quella musica possa diventare vostra, sia fisicamente
(acquistandola), che emotivamente. Ma mettetevi nei panni del vostro povero recensore,
che mai diventerà un guru (quelli esistevano solo trent'anni fa, quando la gente
si doveva fidare per necessità), ma ha (o, più correttamente, "si prende") la
responsabilità di dare una giustificazione di un rifiuto che non sia un semplice
"non mi piace". Che cosa deve inventarsi il vostro fu "imbrattacarte", oggi "intasatore
di banda web", per spiegarvi perché questo secondo album dei Delta Spirit
è, a conti fatti e ascolti ripetuti, un inenarrabile flop.
Ci ha riflettuto
molto il pover uomo, ha ascoltato queste canzoni più volte, in macchina, a casa
sullo stereo, in cuffia nell'ipod, in cucina mentre pelava le patate, sul computer
mentre scrive queste righe, ma non solo non ha trovato il senso di questa svolta
stilistica, ma neppure ne ha compreso appieno la funzione. E sì che il vostro
aveva addirittura nominato il loro disco precedente (History
From Below) tra i Top 10 albums del 2010, per cui partiva ben disposto
verso questa attesa opera terza, ma davvero non ci siamo. La scelta è quella di
allinearsi al generale ritorno agli anni 80, e arrivano buon ultimi ormai (Okkervil
River, Paul Weller, Bright Eyes, Mark Lanegan, fermatemi perché posso tirare la
fine della recensione solo con questo elenco), ma se è possibile con idee ancora
più confuse sull'argomento dell'analogo disastroso tentativo dei Felice Brothers
(vi rimando alla recensione di Celebration,
Florida), perché il sound magniloquente di Tear
It Up o il pasticcio new wave (un'onda che da loro arriva in ritardo
di quarant'anni circa) di Money Saves davvero
non trovano giustificazione se non nel voler esibire la propria versatilità.
In
questi casi il recensore, sfiancato dall'interminabile e stancante muro di suoni
a casaccio che regna più o meno per tutto l'album, prova a dirigersi verso la
scrittura, nel tentativo di salvare il salvabile, e qui, raschiando la patina
di orpelli inutili, affiorano perlomeno Idaho
o Into The Darkness, e in generale una capacità
di raccontare i disagi del proprio essere artista che segna comunque un punto
a loro favore. Troppo poco però, il fallimento è tutto nel non essere riusciti
a costruire un suono "loro", che li possa identificare tra i tanti, perché comunque
non è certo questa l'essenza dei Delta Spirit, neanche di quelli che vorranno
essere in futuro se proprio la vena freak-folk degli esordi gli sta così stretta.
Altrimenti una buona retromarcia è caldamente consigliata.