The
Felice Brothers Celebration, Florida
[Fat
Possum/ Loose 2011]
Quale sarà il sound delle radici degli anni 10? Ok, sono appena iniziati,
per cui inutile fare previsioni precise, ma intanto in questo periodo stiamo assistendo
ad una vera e propria gara (a eliminazione?) a chi tra i gruppi cardine del decennio
scorso troverà l'idea-bomba che faccia epoca. Si dirà che in genere le rivoluzioni
sono appannaggio degli esordienti, mentre invece i Bright Eyes, gli Okkervil River,
i My Morning Jacket, o gli stessi Felice Brothers qui giunti ormai al quinto
capitolo della saga, sono a tutti gli effetti ormai dei veterani della roots-music
moderna, e al massimo costituiscono il governo in carica da abbattere e non le
nuove leve pronte a levare nuove barricate. Eppure tutte queste band sono accomunate
da una congiunta svolta verso una nuova concezione della roots-music che abbandoni
la gabbia (soporifera? abusata? vecchia?) del freak-folk/nu-folk depresso e intimista
che ha imperversato negli ultimi dieci anni, a favore di un recupero della varietà
di stili/strumenti/arrangiamenti che fu caratteristica amata/odiata della grandi
produzioni degli anni 80.
I Felice Brothers si allineano così alla costruzione
di strutture imprevedibili, dove una splendida roots-ballad sbilenca come Ponzi
si trasforma improvvisamente in un giro da discoteca da primi anni 80 che ricorda
(volutamente?) la Fade To Grey dei Visage (!). Potrebbe sembrare una provocazione
buttata lì per fare un po' di rumore, ma tutto questo Celebration, Florida
sembra forzatamente impegnato a cercare l'idea mai avuta da nessuno, a complicare
ciò che è semplice, a forzare ciò che di solito veniva naturale. Come dire che
è venuta prima l'idea di fare un "album diverso" della vera ispirazione su come
farlo. Il risultato è qui da sentire, potremmo scrivere intere pagine a difesa
del fatto che la band dimostra anche in questa occasione di avere comunque una
marcia in più in termini di scrittura, che brani come Honda
Civic o la straordinaria River Jordan
che chiude l'album possono essere considerati tra le cose migliori uscite dalla
loro fabbrica, ma non basterà a nascondere il fatto che nel suo complesso l'album
ha pienamente fallito il tentativo di segnare una nuova partenza per la band all'indomani
dell'abbandono del talentuoso Simone Felice.
Perché qui le idee sono tante,
ma tutte confuse, come l'uso a casaccio che viene fatto di cori e fiati (Fire
at The Pageant e Cus's Catskill Gym),
o il fatto che anche quando cercano la loro tipica ballata trascinata e melmosa,
finiscono nell'ordinario (Best I Ever Had).
Quello che c'è da salvare lo abbiamo già detto, la speranza è di poter parlare
in futuro di Celebration, Florida come di un incidente di percorso utile alla
causa, come quando le grandi squadre trovano lo stimolo giusto per vincere un
campionato solo dopo aver preso 3 gol dall'ultima in classifica. Di solito in
quei casi aiuta anche cambiare l'allenatore, il fidato Jeremy Backofen (con loro
da 4 album) sembra aver davvero perso il controllo dello spogliatoio. (Nicola
Gervasini)