Arbouretum
Song of the Rose
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Thrill Jockey
2017]

thrilljockey.com/artists/arbouretum

File Under: psych folk rock

di Fabio Cerbone (28/03/2017)

Di ritorno dalla pausa solista, sancita con la pubblicazione di Here in the Deep - in fondo non così distante dal percorso principale - Dave Heumann riunisce il gruppo a quattro anni dagli ultimi segnali di Coming Out of the Fog. Tra le punte di diamante di certo rock psichedelico dalle trame folk e settantesche dei nostri giorni, gli Arbouretum avevano toccato vertici di grande ispirazione e maturità in quell'opera e la curiosità di capire in quale direzione si sarebbero mossi aumentava di pari passo con questa lunga attesa. Song of the Rose conferma una sorta di ciclico movimento dello stile musicale della band, in apparenza fedelissimo a certe strutture, quasi immobile nel rivoltare lo stesso terreno, fatto di ballate epiche, di chitarre acide e melodie dai ricami folk rock un po' ancestrali.

Tuttavia c'è una luce diversa in questo disco, e persino un'armonia meno cupa del solito, forse il riflesso di una produzione più curata, che ha visto il gruppo di Baltimora lavorare per diverse settimane al perfezionamento del repertorio. In questo senso Song of the Rose suona come la raccolta meglio definita a livello sonoro della loro storia, sebbene non sia la più affascinante e forse neppure quella che li identificherà storicamente. Gli otto episodi ribadiscono però il dialogo sempre più stretto fra le chitarre di Heumann e le tastiere di Matthew Pierce, elemento quest'ultimo tanto essenziale quanto poco appariscente, che tratteggia le spirali luminose di brani come Comanche Moon, Absolute Song, Dirt Trails o l'onirica Fall from an Eyrie. L'impatto solenne e ipnotico degli Arbouretum si conserva intatto nel manifesto di apertura Call Upon the Fire, così come la loro propensione ad indagare le brume del folk britannico e a stravolgerle sotto una colata di acid rock (la stessa title track).

Più contenuti e controllati nella parte ritmica (Corey Allender e Brian Carey), ma sempre capaci di abbandonarsi all'elettricità debordante (proprio il finale di Song of the Rose, la chiusura di Woke Up on the Move), gli Arbouretum hanno subito più di altre occasioni l'impatto delle liriche di Heumann, ancora una volta suggestionato da filosofia, misticismo e arti orientali, attirato dall'anima della natura, dedicando questo disco all'armonia e all'equilibrio, temi che gli derivano dalla passione per il Taoismo. Tutto ciò potrà far sorridere nel contrasto con il senso terreno di questo rock magmatico e psichedelico, ma è l'anima di una band che certamente non sembra interessata alla banalità del presente e prova se non altro a investire le sue composizioni di una scrittura quasi metafisica, lontana dalle regole canoniche del songwriting. Anche questo, insieme al fascino trascinante delle sonorità degli Arbouretum, continua a distinguere il loro percorso artistico.


    


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