Ritroviamo ora un po' di "Nebraska" in quello spazio di Mississippi
in cui Daniele Tenca, assurto al rango di bluesman già con l'apprezzatissimo
Blues For The
Working Class (2010), aveva ritagliato la sua vocazione cantautorale
nei codici espressivi del blues, delineandosi a una svolta che potremmo ritenere
a dir poco geniale. Un'abilità infatti, quella di saper infilare le parole in
musica, che per le tematiche trattate avrebbe tradito una malcelata passione "springsteeniana",
veicolata invece in un'identità del tutto personale, allorché le faccende più
che mai attuali della disoccupazione e del lavoro avevano preso in prestito alcune
strutture del linguaggio afroamericano non nuovo alle stesse, innestandole ai
più torridi trascorsi rock con gli ottimi musicisti di quella che non fu solo
per l'occasione, la Working Class Band.
Non soltanto una favolosa intuizione
di allora, quella del nostro, che passati gli anni e non poca strada percorsa
(e un'esperienza oltreoceano decisiva a "toccare con mano") ritroviamo adesso
con orgogliosa produzione a quattro mani, di Guy Davis e Antonio "Cooper"
Cupertino, più le sue a confezionare questo nuovo Love Is The Only Law.
La band è sempre quella, per un 2016 che si inaugura proprio rinnovando la scaletta
del palco con un insieme di otto brani maturi, tanto quanto un'inevitabile crescita
al fianco di personaggi come lo stesso Davis, ospite d'eccezione anche nel disco,
ora in uscita per l'indipendente Route 61 Music (quella di Ermanno Labianca, che
nel 2010 aveva coinvolto Daniele, insieme a Modena City Ramblers, Marino Severini
dei Gang e altri musicisti italiani di area roots in For You 2, omaggio
a Bruce Springsteen). Così, se squadra che vince non si cambia e nelle retrovie
c'è sempre il sonoro affiatamento della chitarra di Heggy Vezzano, il basso di
Luca Tonani e la batteria di Pablo Leoni, non mancano come sempre le ospitate
a favore di un lavoro articolato e un sound a degno supporto di un songwriting
capace, che rivela anche nei testi le sfaccettature di profonde dinamiche espressive,
non solo musicali.
Ma se il concept sociale era forse a matrice comune
anche di Wake
Up Nation (2013, dopo la testimonianza Live For The Working Class,
2011) in quest'ultimo Love is The Only Love è il cantautorato più intimo a svelare
l'altra faccia di Daniele, in quel confine geo(grafico) - immaginario dove il
Nebraska e il Mississippi, ma poi anche il Piedmont (- style) di Guy Davis, si
affiancano in un'introspettiva "terra di mezzo" di musica e parole, che raccontano
di un solo Amore che redime (quello universale, nella title-track, appunto); di
scuse ormai tardive (The Day You'll Say Sorry);
ma anche di ferite sul cammino (Along Your Path)
che sanno un po' di "johnsoniane" "pietre sul proprio passaggio" (come non ricordare
Stones In My Passway di Robert Johnson?). E se il gioco di rimandi potrebbe essere
infinito (e una canzone come Haunted House
ancora a far da contraltare a un'eventuale "springsteeniana" My Father's House;
Hard To Let You Go come Darker Side persino a farci scomodare i Doors)
non è solo questo che dobbiamo immaginare quando l'arpeggio cristallino di Davis
attacca la title-track, insieme apertura acustica e chiusura elettrica (full band)
del disco.
Dentro a quei confini c'è tutto lo spazio di un album concepito
come un trentatré (otto le classiche songs da spartirci tra lato A e lato B, poche
ma buone) con la nuova linfa di un'altra personale vicenda in musica, blues più
nei contenuti che nell'esplicito rock'n'roll in cui ancora una volta, e non è
per dire, una mano nera e una bianca si incontrano, rievocando un'antica magia.