Dal battito di mani primitivo del gospel, passando per il grasso pulsare ritmico
del funk, fino ad approdare alla gioia delle marching band di New Orleans, Peace
& Groove contiene l'idea contaminata di blues che ha in testa Francesco
Piu, una naturale evoluzione di ciò che aveva impresso nel precedente disco
di studio Ma-Moo
Tones. Dovremmo anzi parlare di black music nel senso più ampio,
quanto meno dei suoi linguaggi più classici, così come si sono sviluppati dalla
tradizione del Mississippi passando per Chicago e arrivando al funk-soul degli
anni settanta. Sono alcuni dei rimandi contenuti in questo album, ennesima dimostrazione
di talento e immaginazione stilistica per il chitarrista sardo, che aggiunge adesso
un'espressività matura alla voce, mentre sulle qualità dello strumentista non
avevamo mai nutrito dubbi.
Che Peace & Groove sia un disco ambizioso,
pur restando nel solco già tracciato da Piu, lo si capisce dalla ricca
presenza di collaboratori e dalle colorazioni che sono state aggiunte al sound:
un grondante organo hammond, una sezione fiati, diverse parti percussive, un'intera
squadra di coristi che aumentanto il tasso del groove (e d'altronde il titolo
non mente...) del trio di base, oggi nelle mani di Mauro Cau e Simone Scanu, e
riproducono l'energia che da tempo Francesco Piu propone anche dal vivo. Durante
la serata di presentazione ufficiale di Peace & Groove, tenutasi lo scorso novembre
alla Salumeria della Musica di Milano, era infatti evidente il tentativo di accentuare
sempre di più le parti ritmiche, e di esaltare allo stesso tempo il lavoro chitarristico
all'acustica e la tecnica slide alla resonator, trovando poi il punto di unione
nella voce di impostazione gospel-soul.
L'uno due di Hold
On e You Feed My Soul in apertura
dell'album conferma questa direzione, sciogliendosi poi nell'andatura reggea-blues
alla Ben Harper di My Eyes Won't See No More: energia e calore blues di
partenza, per addentrarsi in nuove soluzioni sonore, con l'aggiunta di liriche
semplici ed evocative, a volte intrise della tradizione call&response, scritte
in collaborazione con lo scrittore sardo Salvatore Niffoi (Premio Campiello
con "La vedova scalza"). Quest'ultimo sodalizio prova una volta di più
l'esigenza di Piu di allargare i desideri della sua musica, che resta coinvolgente,
incline alle vibrazioni black, moderna ed elettrica quando occorre (In
the Case of Your Love, la più "piaciona", con un intermezzo rappato
e un ritmo funky esplicito), appassionata e intrisa di soul (la preghiera di Mother,
tra i passaggi più intensi del disco, con l'armonica dell'ospite Davide Speranza).
Al netto della sincerità e del trasporto del canto, Peace & Groove è un
album che possiede un feeling internazionale, nella cura del suono e anche nella
scelta intelligente del repertorio non originale: il traditional Black Woman
trascina tutti verso il fango del Mississippi e degli spiritual, densa e scura;
All the Love, della coppia Tuck & Patti, rimette in circolo il divertente
linguaggio funky della band; ma il vero gioiello ripescato è Rough
God Goes Riding di Van Morrison (da The Healing Game), che per forza
di cose trema di fronte all'intensità dell'interpretazione originale, eppure Piu
riesce ad offrirne una versione cullante, con il lavorio alle chitarre e la qualità
semplice dell'arrangiamento. Un buon viatico per arrivare alla chiusura di Give
Peace a Chance, brano dello scomparso Leon Russell (e quindi indirettamente
un omaggio) che gioca tutto sulla festosità delle radici della musica nera, banda
di ottoni e banjo a guidare la marcetta verso l'umidità contagiosa della
Louisiana.