C'è del sensazionale in questa pubblicazione per diversi motivi e su cui vige
un imperativo: non bisogna trascurarne il valore. Ci troviamo di fronte al primo
album fatto in Italia (forse in Europa) dedicato al mandolino blues e per di più
di ottima fattura, candidandosi senza dubbi al confronto con una produzione internazionale
avara di emozioni da qualche anno a questa parte. Il mandolino blues è stato uno
strumento essenziale ma alquanto sottovalutato, di solito viene attribuito a maestri
come Johnny Young, Charlie McCoy, Yank Rachell, Howard Armstrong o Willie Hatcher.
Nomi classici e illustri, senza poi inevitabilmente andare oltre. L'audace Lino
Muoio non vuole stravolgere le regole, ma recuperarne lo spirito e la passione,
dissipata nel tempo e nelle incisioni dei grandi maestri di un tempo.
L'album
Blues on Me ci era
piaciuto, capitolo chiuso, di fatti Lino non ci propone un seguito ma qualcosa
di diverso. Sostanza e coinvolgimento sono di differente natura lasciando uno
spazio diretto e appassionato al mandolino blues e al suo suono brillante, carico
di armoniche. Mentre in Bound To See My Babe,
interpretato dalla calda voce di Lonnie Wilson, tra fiati e corde, sembra
di ritrovarsi a New Orleans, situazione avvertita anche nella successiva Louise,
negli intramezzi strumentali si vive l'unicità del mandolino espresso dal trillato
colorito di Lino: emblematiche Memphis Blues
e Take Me Away, in cui è forte l'ascendenza
della Memphis Jug Band. Diverse invece le voci coinvolte. Si passa dal raffinato
incontro tra mandolino e voce in That Old Time Blues,
in compagnia di Veronica Sbergia dei Red Wine Serenaders, brano con un
indovinato intro vintage dove si ascolta la puntina di un giradischi che bacia
un vinile consumato, alla dolce voce di Michelle Chiuchiolo nell'esilarante Homeward
Blues, voce che incrocia quella di Mario Insenga, ivi nelle vesti di
Hoodoo Man. E' nel tempo medio di Miss Swmiss,
dalle sonorità ipnotiche e un po' fuori dal coro rispetto al contesto, che Lino
ci rivela la sua passione per Yank Rachell: "…ho voluto accordare il mandolino
al suo stesso modo, un'accordatura di un tono e mezzo sotto a quella standard,
quella che Yank utilizzava quando suonava con Sleepy John Estes". Occorre segnalare
anche Picture Of You e l'elogio del mandolino
elettrico in Harmony H35 con richiami a Levolm
Helm.
L'intero lavoro scorre piacevole senza il rischio di ripetersi tra
una traccia e l'altra. Alleggia nell'album un certo nesso tra la tradizione americana
e quella partenopea (emblematica in chiusura Slidin'
Grass, con mandolino e bottleneck), recuperata in purezza grazie anche
alla partecipazione dei numerosi musicisti coinvolti. Tuttavia all'agilità e alla
scioltezza di polso di Lino Muoio al mandolino si aggiungono l'esperienza di Mario
Insenga (batteria e voce), il pregevole lavoro al dobro di Fulvio Sorrentino ,
il contrabbasso di Francesco Miele e la voce di Guido Migliaro, tutti già presenti
nel precedente album Blues On Me, strumentisti che contribuiscono a valorizzare
i contenuti autografi dell'album, valore irrobustito dalla partecipazione sporadica
di Mike Supnick, fiati, Renato Federico al piano, ed Edo Notarloberti al violino,
per ritrovare l'entità del mandolino nel bello delle interpretazioni, dal country
blues al Chicago blues. Lino Muoio compie il salto di qualità rinvigorendo con
personale stile e cuore le peculiari sonorità del mandolino blues, per riscoprirne
come un tesoro nascosto l'essenzialità nel blues in un tributo intenso e sanguigno.
Sei partito sotto l'influenza di R.Ford & Jeff Beck per
arrivare al mandolino blues, com'è accaduto?
Non è accaduto proprio
per caso, ma a seguito di una precisa scelta artistica dei Blue Stuff, in cui
suono dal 1998 Avevamo voglia di cercare nelle origini del Blues, sia come repertorio
che come sonorità essendo stufi di suoni moderni espressi con chitarre inflazionate
come gibson e stratocaster. L'uso di una cassa da 26 pollici ad una batteria senza
tom,il contrabbasso, un dobro, una chitarra harmony degli anni 60 etc. In tutto
questo il mandolino è stata una scelta in questo senso guidata, un ritorno alla
radice fisiologico. Ormai da tempo mi ero appassionato al banjo e agli strumenti
bluegrass in generale.
I tuoi due album sono molto
differenti, cos'è cambiato?
Sono cambiato io. E' cambiato il mio
approccio al blues e alla composizione. Oggi penso che suonare in una dimensione
live anche su disco sia un ritorno all'essenzialità del blues. Oggi, a differenza
di ieri penso che una imprecisione d'esecuzione, ovviamente non eclatante, possa
contribuire alla magia del sound di un brano. Ovviamente questo non vuol dire
che ho/abbiamo un approccio riduttivo e approssimativo ma alla ricerca del suono
e del groove si aggiunge spontaneità e passione, il tutto per me diventa più importante
della pulizia esecutiva ed esasperata.
Un tema
di richiamo nell'album come nel blues è la figura femminile ma in particolare
come è nato un brano come Miss Swmiss, di suo fuori dal percorso più old
dell'intero album?
La donna è quasi sempre un tema centrale. Per
Miss Swmiss la storia è lunga. Siccome una delle principali influenze è ovviamente
Yank Rachell, volevo dedicargli un brano, e l'utilizzo di un'accordatura di 1
tono e mezzo sotto quella standard. In sostanza ho voluto accordare il mandolino
al suo stesso modo, lui l'accordava così per suonare comodamente in tonalità di
MI con la chitarra di Sleepy John Estes. Detto questo il lick che senti nel pezzo
è costruito sulla scala tipica (ovviamente una scala Blues) che Yank usava nel
suo fraseggio. Nel testo Lonnie Wilson ci mette del suo. Lo abbiamo pensato richiamando
il Geekspeak che è una specie di metalinguaggio in cui usi termini onomatopeici,
un lessico adoperato dagli esperti di informatica, che in parte da nuovi significati
alle parole già esistenti, in parte ne crea di nuove.(usato L'idea mi è parsa
subito geniale ed abbiamo sviluppato quello che senti.
Hai
mai pensato ad un percorso elettrico?
Si certo, ma in tutta sincerità
quello che mi spaventa, vista la mia idea di suono è il non poterlo registrare
sufficientemente bene. Non è proprio un problema tecnico quanto un insieme di
fattori (sale di registrazione, fonici, microfoni ecc.). Non escludo nulla ovviamente
nel futuro ma mi piacerebbe riportare su disco il suono elettrico creato dal vivo,
ma credimi è davvero difficile, soprattutto per uno puntiglioso come me...(sorride).
Cosa pensi della scena del blues Made In Italy?
Penso
che il movimento ci sia in termini numerici ma che il nostro blues sia vittima
di un provincialismo diffuso che ne uccide le potenzialità. Provincialismo in
senso musicale perché il 90% dei chitarristi che suonano nello stile di Stevie
Ray Vaughan non conosce Albert King. Provincialismo culturale perché non è possibile
che un gruppo di donne che suonino il blues cantino Hoochie Coochie man. Ovviamente
nulla in contrario ma che credibilità ha una donna che canta : Gonna make these
pretty women, jump and shout...manca un elemento fondamentale del blues, la verità!
Infine c'è il provincialismo di sistema perché ognuno coltiva il suo orticello
senza comprendere un principio fondamentale e cioè che l'unione fa la forza. Questo
"vizio" è tipico del musicista italiano e a mio avviso ne limita le potenzialità.