Lino Muoio
Mandolin Blues
[Cheyenne Records  2011]

www.linomuoio.it
www.cheyennerecords.it

File Under: traditional blues

di Antonio Avalle (20/02/2012)


C'è del sensazionale in questa pubblicazione per diversi motivi e su cui vige un imperativo: non bisogna trascurarne il valore. Ci troviamo di fronte al primo album fatto in Italia (forse in Europa) dedicato al mandolino blues e per di più di ottima fattura, candidandosi senza dubbi al confronto con una produzione internazionale avara di emozioni da qualche anno a questa parte. Il mandolino blues è stato uno strumento essenziale ma alquanto sottovalutato, di solito viene attribuito a maestri come Johnny Young, Charlie McCoy, Yank Rachell, Howard Armstrong o Willie Hatcher. Nomi classici e illustri, senza poi inevitabilmente andare oltre. L'audace Lino Muoio non vuole stravolgere le regole, ma recuperarne lo spirito e la passione, dissipata nel tempo e nelle incisioni dei grandi maestri di un tempo.

L'album Blues on Me ci era piaciuto, capitolo chiuso, di fatti Lino non ci propone un seguito ma qualcosa di diverso. Sostanza e coinvolgimento sono di differente natura lasciando uno spazio diretto e appassionato al mandolino blues e al suo suono brillante, carico di armoniche. Mentre in Bound To See My Babe, interpretato dalla calda voce di Lonnie Wilson, tra fiati e corde, sembra di ritrovarsi a New Orleans, situazione avvertita anche nella successiva Louise, negli intramezzi strumentali si vive l'unicità del mandolino espresso dal trillato colorito di Lino: emblematiche Memphis Blues e Take Me Away, in cui è forte l'ascendenza della Memphis Jug Band. Diverse invece le voci coinvolte. Si passa dal raffinato incontro tra mandolino e voce in That Old Time Blues, in compagnia di Veronica Sbergia dei Red Wine Serenaders, brano con un indovinato intro vintage dove si ascolta la puntina di un giradischi che bacia un vinile consumato, alla dolce voce di Michelle Chiuchiolo nell'esilarante Homeward Blues, voce che incrocia quella di Mario Insenga, ivi nelle vesti di Hoodoo Man. E' nel tempo medio di Miss Swmiss, dalle sonorità ipnotiche e un po' fuori dal coro rispetto al contesto, che Lino ci rivela la sua passione per Yank Rachell: "…ho voluto accordare il mandolino al suo stesso modo, un'accordatura di un tono e mezzo sotto a quella standard, quella che Yank utilizzava quando suonava con Sleepy John Estes". Occorre segnalare anche Picture Of You e l'elogio del mandolino elettrico in Harmony H35 con richiami a Levolm Helm.

L'intero lavoro scorre piacevole senza il rischio di ripetersi tra una traccia e l'altra. Alleggia nell'album un certo nesso tra la tradizione americana e quella partenopea (emblematica in chiusura Slidin' Grass, con mandolino e bottleneck), recuperata in purezza grazie anche alla partecipazione dei numerosi musicisti coinvolti. Tuttavia all'agilità e alla scioltezza di polso di Lino Muoio al mandolino si aggiungono l'esperienza di Mario Insenga (batteria e voce), il pregevole lavoro al dobro di Fulvio Sorrentino , il contrabbasso di Francesco Miele e la voce di Guido Migliaro, tutti già presenti nel precedente album Blues On Me, strumentisti che contribuiscono a valorizzare i contenuti autografi dell'album, valore irrobustito dalla partecipazione sporadica di Mike Supnick, fiati, Renato Federico al piano, ed Edo Notarloberti al violino, per ritrovare l'entità del mandolino nel bello delle interpretazioni, dal country blues al Chicago blues. Lino Muoio compie il salto di qualità rinvigorendo con personale stile e cuore le peculiari sonorità del mandolino blues, per riscoprirne come un tesoro nascosto l'essenzialità nel blues in un tributo intenso e sanguigno.


L'intervista

(A cura di Antonio Avalle)
Foto: © Riccardo Piccirillo - www.riccardopiccirillo.com

Sei partito sotto l'influenza di R.Ford & Jeff Beck per arrivare al mandolino blues, com'è accaduto?

Non è accaduto proprio per caso, ma a seguito di una precisa scelta artistica dei Blue Stuff, in cui suono dal 1998 Avevamo voglia di cercare nelle origini del Blues, sia come repertorio che come sonorità essendo stufi di suoni moderni espressi con chitarre inflazionate come gibson e stratocaster. L'uso di una cassa da 26 pollici ad una batteria senza tom,il contrabbasso, un dobro, una chitarra harmony degli anni 60 etc. In tutto questo il mandolino è stata una scelta in questo senso guidata, un ritorno alla radice fisiologico. Ormai da tempo mi ero appassionato al banjo e agli strumenti bluegrass in generale.

I tuoi due album sono molto differenti, cos'è cambiato?

Sono cambiato io. E' cambiato il mio approccio al blues e alla composizione. Oggi penso che suonare in una dimensione live anche su disco sia un ritorno all'essenzialità del blues. Oggi, a differenza di ieri penso che una imprecisione d'esecuzione, ovviamente non eclatante, possa contribuire alla magia del sound di un brano. Ovviamente questo non vuol dire che ho/abbiamo un approccio riduttivo e approssimativo ma alla ricerca del suono e del groove si aggiunge spontaneità e passione, il tutto per me diventa più importante della pulizia esecutiva ed esasperata.

Un tema di richiamo nell'album come nel blues è la figura femminile ma in particolare come è nato un brano come Miss Swmiss, di suo fuori dal percorso più old dell'intero album?

La donna è quasi sempre un tema centrale. Per Miss Swmiss la storia è lunga. Siccome una delle principali influenze è ovviamente Yank Rachell, volevo dedicargli un brano, e l'utilizzo di un'accordatura di 1 tono e mezzo sotto quella standard. In sostanza ho voluto accordare il mandolino al suo stesso modo, lui l'accordava così per suonare comodamente in tonalità di MI con la chitarra di Sleepy John Estes. Detto questo il lick che senti nel pezzo è costruito sulla scala tipica (ovviamente una scala Blues) che Yank usava nel suo fraseggio. Nel testo Lonnie Wilson ci mette del suo. Lo abbiamo pensato richiamando il Geekspeak che è una specie di metalinguaggio in cui usi termini onomatopeici, un lessico adoperato dagli esperti di informatica, che in parte da nuovi significati alle parole già esistenti, in parte ne crea di nuove.(usato L'idea mi è parsa subito geniale ed abbiamo sviluppato quello che senti.

Hai mai pensato ad un percorso elettrico?

Si certo, ma in tutta sincerità quello che mi spaventa, vista la mia idea di suono è il non poterlo registrare sufficientemente bene. Non è proprio un problema tecnico quanto un insieme di fattori (sale di registrazione, fonici, microfoni ecc.). Non escludo nulla ovviamente nel futuro ma mi piacerebbe riportare su disco il suono elettrico creato dal vivo, ma credimi è davvero difficile, soprattutto per uno puntiglioso come me...(sorride).

Cosa pensi della scena del blues Made In Italy?

Penso che il movimento ci sia in termini numerici ma che il nostro blues sia vittima di un provincialismo diffuso che ne uccide le potenzialità. Provincialismo in senso musicale perché il 90% dei chitarristi che suonano nello stile di Stevie Ray Vaughan non conosce Albert King. Provincialismo culturale perché non è possibile che un gruppo di donne che suonino il blues cantino Hoochie Coochie man. Ovviamente nulla in contrario ma che credibilità ha una donna che canta : Gonna make these pretty women, jump and shout...manca un elemento fondamentale del blues, la verità! Infine c'è il provincialismo di sistema perché ognuno coltiva il suo orticello senza comprendere un principio fondamentale e cioè che l'unione fa la forza. Questo "vizio" è tipico del musicista italiano e a mio avviso ne limita le potenzialità.


<Credits>