inserito 30/04/2008

Massimiliano Larocca
La breve estate
[Pomodori Music/ Venus  2008]



Un'idea limpida di canzone d'autore trapelava dalle note de Il ritorno delle passioni, disco grazie al quale avevamo potuto assaggiare le qualità di Massimiliano Larocca, cantastorie fiorentino che metteva in gioco poesia italiana e folk americano, tradizioni al confronto e amori musicali portati alla luce del sole con tutto l'orgoglio possibile. Sulle tracce segnate da quel promettente lavoro, La breve estate si incammina per svelare con ancora più franchezza il percorso artistico di Massimiliano: qualche accento elettrico più marcato, una produzione sempre attenta ai dettagli e alle finezze delle sue radici rock, ed ecco prendere forma una raccolta più coraggiosa e soprattutto sincera nel raccontare l'autore Larocca e tutto ciò che da respiro alla sua scrittura.

Ci sono ancora Pasolini (nella struggente preghiera di Le ceneri di Pasolini (lettera dal DopoStoria) per piano e organetto) e Dino Campana (nella riedizione in chiave folk-jazzy di La petite promenade dù poetè), così come l'America di Keruac (gli orizzonti da border evocati in Tristessa, accesa ballata rock con finale tutto nelle mani della slide guitar di Marco Python Fecchio) e l'amato Texas dei rinnegati troubadour con chitarra a tracolla, ma c'è prima di tutto una voce che comincia a farsi più personale. Prodotto in prima persona con l'ausilio di Gianfilippo Boni, arrangiato con dovizia di particolari fra la Toscana e i lontani States (da cui arrivano le collaborazioni importanti di Radoslav Lorkovic al piano, Andrew Hardin alle chitarre e Joel Guzman all'organetto), La breve estate è difatti opera più corale della precedente, con differenti spunti al suo interno che abbracciano il canto popolare (I ragazzi del vicolo, duetto con l'inseparabile amico Andrea Parodi), il tex-mex in salsa italiana (la commovente Maria delle montagne), persino la ballata country più corrusca e ruspante (l'adorabile Dimmi tu, fiore ospiti il citato Guzman e il banjo di Max De Bernardi), quasi che il protagonista non abbia voluto privarsi di ogni corda del suo sentire.

Così la dolce malinconia che accompagna spesso le canzoni di Larocca, la sua voce profonda e calda, sono una buona scusa per imbastire un disco che parla dei nostri tempi scavando nel passato e nei ricordi, con un occhio di riguardo costante all'emerginazione, alle storie di immigrazione e alla vita da strada. "Perdita dell'innocenza" ci suggerisce Massimiliano, simboleggiata dalla "breve estate" che cede il passo alla maturità: parimenti le sue ballate appaiono oggi più che mai adulte e perfettamente compiute nel delineare quel sound folk rock simboleggiato dal trittico iniziale, formato da Un'altra città, Terra di abbondanza e L'uomo qualunque. Le chitarre da ricamo di Andrew Hardin (una vita con Tom Russell e non solo), il piano di Gianfilippo Boni, la pastosità dell'organo di Matteo Abbado arricchiscono le sfumature del songwriting. Massimiliano Larocca deve forse prendere ancora un po' di confidenza con questa nuova dimensione, ma il solco è tracciato, tanto è vero che la stessa La breve estate è un piccolo gioiello di sensibilità in chiave elettro-acustica con un finale dischiuso al sax di Nico Gori.

Non so se sia rinata una credibile via italiana al folk rock e nemmeno se si possa parlare di una presunta nuova scena cantautorale attorno ad essa (Parodi, Larocca, Barotti e molti altri di passaggio anche su queste pagine): ad essere sinceri poco importa, conta forse di più sapere che Massimiliano Larocca ha tutte le credenziali (e le canzoni) per crescere ancora in futuro.
(Fabio Cerbone)

www.massimilianolarocca.com
www.myspace.com


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