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Massimiliano
Larocca
La
breve estate
[Pomodori Music/ Venus 2008]
Un'idea limpida di canzone d'autore trapelava dalle note de Il
ritorno delle passioni, disco grazie al quale avevamo potuto
assaggiare le qualità di Massimiliano Larocca, cantastorie fiorentino
che metteva in gioco poesia italiana e folk americano, tradizioni al confronto
e amori musicali portati alla luce del sole con tutto l'orgoglio possibile.
Sulle tracce segnate da quel promettente lavoro, La breve estate
si incammina per svelare con ancora più franchezza il percorso
artistico di Massimiliano: qualche accento elettrico più marcato, una
produzione sempre attenta ai dettagli e alle finezze delle sue radici
rock, ed ecco prendere forma una raccolta più coraggiosa e soprattutto
sincera nel raccontare l'autore Larocca e tutto ciò che da respiro alla
sua scrittura.
Ci sono ancora Pasolini (nella struggente preghiera di Le
ceneri di Pasolini (lettera dal DopoStoria) per piano e organetto)
e Dino Campana (nella riedizione in chiave folk-jazzy di La
petite promenade dù poetè), così come l'America di Keruac (gli
orizzonti da border evocati in Tristessa,
accesa ballata rock con finale tutto nelle mani della slide guitar di
Marco Python Fecchio) e l'amato Texas dei rinnegati troubadour con chitarra
a tracolla, ma c'è prima di tutto una voce che comincia a farsi più personale.
Prodotto in prima persona con l'ausilio di Gianfilippo Boni, arrangiato
con dovizia di particolari fra la Toscana e i lontani States (da cui arrivano
le collaborazioni importanti di Radoslav Lorkovic al piano, Andrew
Hardin alle chitarre e Joel Guzman all'organetto), La breve
estate è difatti opera più corale della precedente, con differenti spunti
al suo interno che abbracciano il canto popolare (I
ragazzi del vicolo, duetto con l'inseparabile amico Andrea
Parodi), il tex-mex in salsa italiana (la commovente
Maria delle montagne), persino la ballata country più corrusca
e ruspante (l'adorabile Dimmi tu, fiore
ospiti il citato Guzman e il banjo di Max De Bernardi), quasi che il protagonista
non abbia voluto privarsi di ogni corda del suo sentire.
Così la dolce malinconia che accompagna spesso le canzoni di Larocca,
la sua voce profonda e calda, sono una buona scusa per imbastire un disco
che parla dei nostri tempi scavando nel passato e nei ricordi, con un
occhio di riguardo costante all'emerginazione, alle storie di immigrazione
e alla vita da strada. "Perdita dell'innocenza" ci suggerisce Massimiliano,
simboleggiata dalla "breve estate" che cede il passo alla maturità: parimenti
le sue ballate appaiono oggi più che mai adulte e perfettamente compiute
nel delineare quel sound folk rock simboleggiato dal trittico iniziale,
formato da Un'altra città,
Terra di abbondanza e L'uomo qualunque.
Le chitarre da ricamo di Andrew Hardin (una vita con Tom Russell e non
solo), il piano di Gianfilippo Boni, la pastosità dell'organo di Matteo
Abbado arricchiscono le sfumature del songwriting. Massimiliano Larocca
deve forse prendere ancora un po' di confidenza con questa nuova dimensione,
ma il solco è tracciato, tanto è vero che la stessa
La breve estate è un piccolo gioiello di sensibilità in chiave
elettro-acustica con un finale dischiuso al sax di Nico Gori.
Non so se sia rinata una credibile via italiana al folk rock e nemmeno
se si possa parlare di una presunta nuova scena cantautorale attorno ad
essa (Parodi, Larocca, Barotti e molti altri di passaggio anche su queste
pagine): ad essere sinceri poco importa, conta forse di più sapere che
Massimiliano Larocca ha tutte le credenziali (e le canzoni) per
crescere ancora in futuro.
(Fabio Cerbone)
www.massimilianolarocca.com
www.myspace.com
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