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Eric Bibb
In the Real World
[Stony Plain Records 2024]

Sulla rete: ericbibb.com

File Under: blues troubadour

di Pie Cantoni (18/10/2024)

Ci potremmo stupire della prolificità di Eric Bibb che, giunto ormai a 73 anni compiuti, pubblica due album (di grande qualità, tra l’altro) nel giro di poco tempo e continua a fare concerti a destra e a manca (la scorsa estate anche in Italia). Ma siccome lo conosciamo da tanto tempo, non ci meravigliamo più della sua produttività e creatività. Ancora non ha smesso di girare sul piatto il bel Live at The Scala Theatre, album che ci da una rappresentazione vivida e concreta dell’intensità che si respira nei suoi live, che ci troviamo ad ascoltare e recensire In The Real World, nuovo lavoro prodotto negli Studios di Peter Gabriel, i famosi Real World Studios, per l’appunto, con il fidato Glenn Scott nella veste non solo di produttore, ma anche di autore e musicista factotum.

Quindici canzoni in tutto che mettono in risalto la chitarra e lo stile da troubador, di raccontastorie, di Eric Bibb, ma con una pletora di musicisti che aggiungono archi, mandolino, wurlitzer, hammond, campionature a colorare il disco di tante sfumature differenti. Take The Stage è la prima canzone del gruppo a mettere in risalto questo stile da griot, con qualche spruzzata di gospel e una slide a fare da contrappunto al cantato. Il banjo apre Walk Steady On, dal sapore appalachiano, mentre Everybody’s Got A Right rientra nei flussi di coscienza di Eric Bibb, di stampo civilistico, in cui la sua chitarra è più percussiva che melodica e Glenn Scott si prende la scena con la sua slide.

Il lato melodico di Bibb esce con Best I Can, brano nel suo classico canone stilistico e anche il gospel di This River (Chains & Free) si infila nel medesimo filone. In questa c’è anche il violino a creare tensione armonica oltre al coro a generare un dialogo con la voce di Bibb, in un suggestivo botta e risposta. I riferimenti stilistici si susseguono veloci, dall’Africa Occidentale di If There’s Any Rule, al Delta blues di King of the Castle, al folk di Neshoba County, al ragtime di Judgement Day, e contribuiscono tutti a creare il puzzle sonoro del cosmo musicale di Eric Bibb, complesso e ramificato.

Quello che ci rimane alla fine dell’ascolto è l’impressione di essere di fronte all’ennesimo ottimo disco di Bibb, che stupisce per la quantità di materiale, per la costante ricerca del suono e ovviamente per la qualità artistica . Se dovessimo trovare un "difetto", potremmo dire che, con tutte queste uscite di Eric, ormai siamo a corto di parole per descrivere la sua magnifica musica.


    


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