The White Buffalo
Shadows, Greys & Evil Ways
[Unison Music
2013]

www.thewhitebuffalo.com


File Under: american storytelling

di Fabio Cerbone (07/10/2013)

A Jake Smith, in arte The White Buffalo, piacciono le storie, quelle raccontate alla vecchia maniera, con il piglio dello storyteller di razza e i suoni di una ballata speduta tra la polvere del country&western e le miglia di un moderno Woody Guthrie. Se l'epopea di Once Upon a Time In The West aveva colpito il vostro immaginario, uno dei migliori cinemascope del 2012 in fatto di songwriter americani dalla pelle dura (Ryan Bingham…) e dallo spirito tormentato (Sean Rowe…), allora Shadows, Greys & Evil Ways sarà una tappa obbligatoria per completare la visione d'insieme, essenziale complemento di un'opera che comincia a delinearsi all'orizzonte come un unico romanzo. La narrazione mette al centro le vicende umane di Joe e Jolene, coppia che si sorregge a vicenda nel dramma della guerra e della modernità: lui parte per il fronte lasciando un amore che avrebbe potuto nutrire la sua anima, conosce la spirale infinita della violenza e torna a casa con ferite che vanno oltre la superficie. I quattrodici episodi si addentrano tra cadute e rinascite, in cerca di una pacificazione.

Semplicissima sceneggiatura, facce comuni, ma è la realtà: The White Buffalo la affronta musicalmente con la stessa schiettezza che richiedono le parole, un susseguirsi di secche note tra accordi folk e country rock di frontiera, suggellati da una voce, profonda e drammatica, che è indiscutibilmente l'asso nella manica di un autore sincero come pochi. A qualcuno appariranno fin troppo ossute le strutture di Shall We Go On e The Getaway, romantiche melodie folk su fondamenta fragili di chitarre acustiche, piano e violino (l'ospite è Jessy Greene, ex Jayhawks e Geraldine Fibbers), ma fin dagli inizi il segreto di White Buffalo è stata proprio la sua estrema naturalità, quel tintinnare classico che a molti ha ricordato (e certo la somiglianza vocale ci ha messo del suo) l'operazione di Eddie Vedder con Into the Wild. Oggi The White Buffalo (sostanzialmente un trio con il basso di Tom Andrews e la batteria di Matt Lynott) non hanno più bisogno di appigli: questa musica vive di una sua sostanza, cruda e diretta, anche se in Shadows, Greys & Evil Ways le aspettative si sono fatte giustamente più ambiziose.

Non si spiegherebbero altrimenti l'interesse di cinema e tv per le loro ballate (in Sons of Anarchy e più recentemente nella colonna sonora di The Lone Ranger con Johnny Depp), ma soprattutto la cura dei dettagli e dei collaboratori che adesso porta in dono la batteria di un mostro sacro come Jim Keltner o la steel guitar di Rick Shea, oltre a minuzie sonore e una densità di suono (il piano in Fire Don't Know, l'organo e l'esplosione Americana in Don't You want It) che non riescono tuttavia a intacare la scheletrica figura delle canzoni. Finezze in ogni caso, perché quando vibra e si rovescia il roost rock di When I'm Gone e Joe and Jolene oppure Joey White sobbalza sull'ombra di Johnny Cash in un saliscendi di country elettrico e furioso, lo stile di Jake Smith resta definito nei minimi particolari: The Whistler e Set My Body Free sono un dramma western in piena regola, avvolte dai riverberi degli strumenti, il tambureggiare di Redemption #2 un'onda di piena che travolge, Pray to You Know la ballad accorata e struggente che un finale di corsa richiede a gran voce. Shadows, Greys & Evil Ways non è il disco che ribalta le certezze, ma è la conferma di una personalità artistica non comune.



      


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