Condividi
 
 

The Dream Syndicate
Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions
[Fire records/ Goodfellas 2022]

Sulla rete: thedreamsyndicate.com

File Under: atmospheric rock


di Fabio Cerbone (13/06/2022)

Non tutti avrebbero scommesso sulla seconda vita dei Dream Syndicate, anche se avere al centro la stabilità del songwriting di Steve Wynn garantiva un filo conduttore con il loro passato. Sta di fatto che la band californiana ha pareggiato i conti con la più celebrata e influente parte della loro carriera: quattro gli album di studio prima del loro scioglimento a fine anni Ottanta, quattro quelli nati dalla improvvisa riunione nel 2017. È un naturale cerchio che sembra chiudersi e completarsi, a maggior ragione se si ascolta il cuore musicale di Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions, titolo arzigogolato e psichedelico per vocazione che nasconde in realtà una raccolta di canzoni immediatamente più contenute, riconoscibili e "di mestiere" rispetto all’opera precedente.

Infatti, tanto era sembrata coraggiosa, spiazzante, onirica la proposta di The Universe Inside, scia di improvvisazioni tra kraut rock, elettronica, ritmi funk e fughe free d’avanguardia, quanto appare composto, maturo e allineato alla loro vicenda pregressa questo album. Un ritorno a casa che fa il paio con l’inaugurale secondo viaggio di How Did I Find Myself Here?, pur non avendone la stessa freschezza e quel naturale desiderio di rimettersi in gioco. È un disco affabulatore e confortevole per chi ha amato la neo-psichedelia e i giorni di gloria del Paisley Underground del gruppo, quando guidava una rivoluzione silenziosa che avrebbe influenzato il rock “alternativo” degli anni a venire: qui troverete in The Chronicles of You e Lessson Numer One certi “luoghi oscuri” e quelle ballate dalle tinte rock noir che conquistavano il centro della scena da Medicine Show in avanti, stessa scuola alla quale ci sembrano attingere il riff roccioso di Trying to Get Over (magari finendo dalle parti di Out of the Grey...) e la sfuriata garage, figlia del cavallo di battaglia John Coltrane Stereo Blues, della conclusiva Straight Lines.

In quest’ultima emerge forte e chiaro il contributo del vecchio pard Chris Cacavas, ora in pianta stabile nella formazione insieme a Dennis Duck (basso), Mark Walton (batteria) e Jason Victor (chitarre), che lascia fluire rintocchi di organo e tastiere sporcando come al solito le canzoni di Wynn con volute lisergiche, richiami alla New York dei Velvet e persino vaghi sentori glam. I frutti più succosi li ottengono con il suono spaziale della traccia d’apertura, Where I’ll Stand, esperienza in parte replicata con meno convinzione in Every Time You Come Around, e meglio ancora quando la band decide di contorcersi su toni bluastri, terreno che rimanda esplicitamente alle opere soliste dello stesso Steve Wynn, per esempio nel pulsare dark di Beyond Control e nelle trame notturne, con tanto di eco distante del sax, di My Lazy Mind, a cui andrebbe aggiunto il garage soul di Damian, l’episodio più ammiccante dell'intera raccolta.

È chiara l’intenzione di atterrare sulla terra dopo il volo verso l’ignoto del citato The Universe Inside: il respiro dei Dream Syndicate in Ultraviolet Battle Hymns and True Confessions si è fatto più regolare e apparirà senz’altro meno convulso e avventuroso, ma l’esperienza gioca tutta a favore di Steve Wynn e soci.


    


<Credits>