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new old songs di
Davide Albini (09/04/2018)
A
celebrare trent'anni di carriera, che l'hanno promossa fra le autrici più stimate
del circuito country folk, arriva per Mary Chapin Carpenter la pubblicazione
di questo singolare progetto, Sometimes Just the Sky. Si tratta
infatti di una sorta di antologia che raccoglie una dozzina di brani, ciascuno
di essi tratto da un disco precedente della Carpenter, rivisitati e arrangiati
per l'occasione, e un solo inedito, la title track conclusiva, che pare sia stata
ispirata da un'intervista a Patti Smith sul potere e la gioia delle piccole rivelazioni
quotidiane. Non è la prima volta che la Carpenter torna a interpretare il proprio
catalogo: lo aveva già fatto qualche anno fa con il singolare Songs from the
Movie, dove vecchie canzoni erano rimesse a nuovo con il supporto di un'orchestra
composta da oltre sessanta elementi, in un un'opera molto ambiziosa e lontana
dal sound acustico e roots per cui è giustamente apprezzata.
Sometimes
Just the Sky è esattamente l'opposto, un album più consono alla storia della Carpenter,
alle sue radici di folksinger che dalla East coast è riuscita a conquistare la
fiducia di Nashville con un country d'autore molto elegante e misurato. Prodotto
negli studi londinesi Real World con la regia di Ethan Johns e della sua
band (Black Eye Dogs) e la partecipazione dello storico collaboratore Duke Levine
alle chitarre, questo disco asciuga il suono per dare evidentemente il maggiore
risalto possibile alle liriche introspettive della Carpenter, la quale sospira
con un portamento raffinato in Heroes and Heroines
e I Have a Need for Solitude. Raramente si esce dai binari di questo formalismo
e ciò può risultare il pregio e il difetto dell'intero Sometimes Just the Sky,
una caratteristica che anche nel precedente Things
That We Are Made Of rendeva omogenea e tratti un po' ripetitiva la
formula.
Il vantaggio rispetto alla produzione allora affidata a Dave
Cobb, è che Ethan Johns ha lavorato davvero di cesello, costruendo un sound avvolgente
e d'atmosfera, come risalta dalle note della cantilenante e rootsy One
Small Heart, tra i pochi episodi "vivaci" della raccolta insieme a
Naked to the Eye e The Calling, accoppiata
di folk rock dalle colorazioni rurali, preferendo in Jericho e This is Love, un'intonazione
più morbida, un languore elettro-acustico che si porge all'ascoltatore in punta
di piedi fino al violino dagli accenti irish che tratteggia la citata Sometimes
Just the Sky.
Senza stravolgere l'impianto dei brani originali, Mary
Chapin Carpenter ripercorre parole e caratteri a cui ha dato vita negli ultimi
trent'anni con una certa grazia e maturità che le vanno riconosciute.