Possiamo
perdonare al più grande artista espresso dal mondo del brit-folk di fine anni
sessanta di monetizzare un po' la sua carriera, in vista di una (speriamo ancora
lontanissima) dorata pensione? Sì, dai, perdoniamoglielo a Richard Thompson,
uno dei pochi uomini del mondo musicale inglese ad eccellere in ogni campo nel
quale si sia cimentato. Chitarrista tecnicamente perfetto, tanto da guadagnare
forse più con i tutorial che con i dischi, autore di grandi testi, pieni di ironia,
riferimenti storici e sentimenti espressi col cuore in mano e stile letterariamente
ineccepibile, e anche produttore dall'orecchio fine per sé stesso e per altri
(pensiamo alle splendide collaborazioni con Loudon Wainwright III ad esempio).
E infine anche buon cantante, forse il campo dove meno eccelle, ma qui poi si
va sul soggettivo se la sua voce, in ogni caso calda e ben usata, sia di vostro
gusto o no.
Solo in un campo non è mai stato un big: quello delle vendite.
Non ci sono dati precisi sui numeri, ma i suoi dischi appaiono nelle Billboard
solo a partire dal 1985, e forse solo Rumor and Sigh del 1991 ha avuto buoni ritorni
anche grazie a dei video pro-MTV ben confezionati. I suoi album anni 2000 appaiono
sempre nelle classifiche UK, ma sappiamo tutti che questi posizionamenti non si
traducono più in buone vendite ormai da anni. Ma un dato è certo: l'album pseudo-antologico
Acoustic
Classics del 2014 è stato uno dei meglio accolti. Magra consolazione
per un artista che non ha mai sbagliato un album di inediti anche negli anni 2000,
pur ormai rimanendo nome solo per appassionati e over 40. Per cui concediamogli
pure il bis, se anche il suo pubblico si è stancato di aspettare sue nuove canzoni
(gli album Electric del 2013 e Still del 2015 continuavano ad offrirne di ottime,
sebbene cominciasse ad affiorare qualche primo sintomo di stanchezza) e alla fine
si scalda più per una nuova scarna versione di Meet On The Ledge o Crazy
Man Michael piuttosto che sapere cosa ha ancora da raccontare un vecchio folker
di 68 anni in vena di festeggiare cinquant'anni di carriera esatti (registrò il
primo album con i Fairport Convention nel 1967 a soli 18 anni).
Lo show
di questo secondo capitolo ha le stesse dinamiche del primo: solo voce e chitarra
acustica, ma non una chitarra qualsiasi. Eppure ancora una volta più che ai virtuosismi,
Thompson sembra interessato a ribadire di essere prima di tutto un autore, ricordandoci
episodi appartenenti al mondo Fairport Convention (Genesis
Hall), alla carriera con la ex moglie Linda (Jet Plane In A Rocking
Chair, A Heart Needs A Home) e recuperi
da tutti i decenni: anni 80 (She Twists The Knife Again, Pharaoh,
Devonside), anni 90 (The Ghost Of You Walks, Keep Your Distance,
Bathsheba Smiles, Why Must I Plead?) e anni 2000 (Gethsemane,
Guns Are The Tongues). Formalmente ineccepibile anche se si respira aria
da adempimento contrattuale (nonostante esca per la sua stessa casa discografica),
Acoustic Classics II è solo un modo per ricordare a qualcuno che
lui esiste ancora, e che se gente come noi continua a sgolarsi per dire che resta
sempre uno dei migliori, un perché ci sarà. E sono queste 14 canzoni, tutti veri
classici pur non essendolo mai diventati nel senso economico del termine.