Autori
Vari
Broken Hearts & Dirty Windows - Songs Of John Prine
[Oh Boy 2010]
Il peso avuto da John
Prine sulla canzone americana è indiscutibile, o perlomeno lo è oggi che veniamo
da un decennio che questa influenza l'ha evidenziata di continuo. Eppure nei suoi
anni d'oro Prine è stato sempre abbastanza ignorato, vittima del pregiudizio di
essere stato solo un nuovo Dylan che ha azzeccato una buona opera prima e nulla
più (se dovete/volete scoprire il resto vi rimandiamo al nostro Folklore
a lui dedicato). Broken Hearts & Dirty Windows è un tribute album
voluto dallo stesso John per la sua etichetta Oh Boy, e che ha questo preciso
intento: raggruppare nomi acclamati di ultima generazione per dimostrare l'importanza
odierna del suo songwriting. Operazione riuscita in parte diremmo, non tanto per
la vertiginosa scaletta, e neppure per i nomi in gioco che sono davvero quasi
tutti fondamentali per gli anni 2000, quanto perché il risultato è spesso forzato,
quasi un tributo dovuto, sentitamente obbligato.
In ogni caso speriamo
davvero che l'opera di Prine venga poi rivisitata anche dai fans ad esempio di
Bon Iver, che apre le danze nel suo inconfondibile stile onirico con Bruised
Orange, oppure da quel mondo di ascoltatori poco avvezzo al country
d'autore che magari visita spesso le produzioni dei Lambchop, qui intenti a rendere
sempre più cavernosa Six O'Clock News. Per
il resto contiamo sul fatto che il nome di Prine sia già ben noto a chi ama Josh
Ritter, certamente uno che gli deve tantissimo e che tratta con dovuto rispetto
(anche se senza troppi colpi di testa) la grande Mexican
Home, oppure a chi apprezza Conor Oberst, quasi calligrafico nel riregistrare
Wedding Day In Funeralville. Buoni tributi
vengono da alcune delle migliori roots-band in circolazione, come i Drive By Truckers
che trasformano Daddy's Little Pumpkin in
un boogie da bar, o i Deer Tick nella loro nuova versione malinconica che piangono
su Unwed Fathers (ma qui si sente la mancanza
dell'ironia di John), per non parlare degli Old Crow Medicine Show che sono quasi
intimiditi nel riprendere in mano il mega classico Angel
Of Montgomery.
Gli episodi meno riusciti vengono da Justin
Townes Earle, che per rendere Far From Me finisce
per fare una parodia del padre Steve, o da Sara Watkins, che si addormenta un
po' troppo su una The Late John Garfield Blues
che necessita di ben altro vigore. Si salvano i My Morning Jacket, quasi dylaniani
nel rendere la bella All The Best, mentre
applausi strappano gli Avett Brothers con la loro Spanish
Pipedream. Però alla fine le uniche che osano stravolgimenti personali
e sorprendenti sono le poco note Those Darlins, che divertono molto con la loro
Let's Talk Dirty In Hawaiian, piccola gemma
da riscoprire del catalogo minore di Prine. Forse proprio perché le meno attese,
sono state le uniche a rischiare qualcosa in mezzo a tanta composta devozione. (Nicola
Gervasini)
:: La scaletta 01
Justin Vernon alias Bon Iver - "Bruised Orange (Chain of Sorrow)" 02
Conor Oberst and the Mystic Valley Band - "Wedding Day in Funeralville" 03
My Morning Jacket - "All the Best" 04 Josh Ritter - "Mexican Home"
05 Lambchop - "Six O'Clock News" 06 Justin Townes Earle - "Far
From Me" 07 The Avett Brothers - "Spanish Pipedream" 08 Old
Crow Medicine Show - "Angel From Montgomery" 09 Sara Watkins - "The
Late John Garfield Blues" 10 Drive-By Truckers - "Daddy's Little Pumpkin"
11 Deer Tick [ft. Liz Isenberg] - "Unwed Fathers" 12 Those
Darlins - "Let's Talk Dirty in Hawaiian"