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Walk on the wild side di
Nicola Gervasini (14/06/2017)
Dunque,
vediamo: si parte con lugubri tastiere quasi dark/new wave (Come
To Me Now), subito poste lì, all'inizio, quasi a far capire con chi
abbiamo a che fare, ma curiosamente non più ripetute in tutto l'album. Poi arriva
di seguito il brano più facile, una Crybaby che sa tanto del Joseph Arthur
che fu, e a questo punto la si butta in ridere con 1234,
sorta di folk and roll alla Violent Femmes, con il pensiero ai Ramones e omaggi
a People Who Died di Jim Carroll. A questo punto ci si accorge di aver alzato
troppo i ritmi e giustamente si rallenta, ma si mantiene il tono ironico con la
ballata Aboard My Train che quasi fa tornare
alla mente i bei tempi in cui non capivi se Ben Vaughn faceva sul serio o ti stava
pigliando in giro.
Ma non è finita: Dry Your Eyes non è il classico
di Neil Diamond ma suona quasi come una sua parodia, con parlato suadente e coretti
a far da tappeto. Il punto centrale dell'album sono i sei minuti di City
Music, rock-song urbana alla Lou Reed /periodo Coney Island Baby, con
le chitarre di Meg Duffy in grande evidenza, mentre Tin Can appartiene
alla famiglia delle folk-song stralunate alla Robyn Hitchcock. Caught
in My Eye ha invece un incedere pigro e una suadente slide per sonnacchiosi
pomeriggi a Nashville, Night Time è una indolente ballata notturna che
sfrutta un bel recitato nella strofa, Pearly Gates
un potente mid-tempo e anche uno dei brani che più strappano applausi, per finire
il tutto una triste country-ballad (Downtown Lights). Insomma, come vedete
c'è tutto l'ABC, e forse anche l'XYZ, del cantautore moderno nel nuovo album di
Kevin Morby, nome particolarmente in auge da quando l'anno scorso ha sorpreso
tutti (noi compresi) con il suo terzo album Singing
Saw.
Ora con questo City Music tenta l'album
adulto, retrò-lover e citazionista, e ancorato ad una idea di canzone urbana che
continua a guardare agli anni settanta, con in più gli elementi più tipici dell'
indie-folk di questi anni 2000, sempre in bilico tra avanguardia a tradizione.
Lui stesso dichiara che se Singing Saw era stato registrato con Bob Dylan e Joni
Mitchell che stavano a guardarlo fumando una sigaretta, in City Music ci sono
invece Lou Reed e Patti Smith che fissano intensamente gli ascoltatori. Sempre
con la sigaretta in mano in ogni caso. Il risultato è sicuramente interessante,
e pare anche più focalizzato di quello di altri suoi colleghi come Kurt Vile o
Sean Rowe, ma forse proprio per questo più convenzionale e inquadrato, privo di
quella naivetè che aveva fatto apprezzare il suo precedente sforzo.
Ora
sembra solo uno che sa fare "le buone canzoni di una volta", chiudendosi in uno
studio con i più fedeli collaboratori (Meg Duffy, Cyrus Gengras e Nick Kinsey),
e partorendo idee in puro regime democratico, che è la ragione per cui pare più
il prodotto di una band che di un singolo. Promuoviamolo dunque al professionismo,
con tutti i pro e i contro di questo fatidico passaggio.