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coppie alternative di
Fabio Cerbone (17/10/2017)
Un incontro artistico che si trasforma in un dialogo fra amici e ha il gusto di
una conversazione musicale libera dagli schemi. Due delle giovani sorprese della
tradizione rock rinnovata di questi anni, il chitarrista americano Kurt Vile
e l'australiana Courtney Barnett, entrambi testimoni di una sesibilità
"alternativa" che sembra pescare a piene mani in certo sound chitarristico degli
anni 90 (avete già pensato al gioco involontario dei nomi, Kurt & Courtney?),
nella cultura del cosiddetto lo-fi e in quella canzone sporcata di ritmi e cadenze
tra nuovo country psichedelico e post punk. Molti i punti di contatto, comune
il terreno di raccolta, anche se da angolazioni e sensibilità differenti. Eppure
non è stato difficile trovarsi, prima da un punto di vista geografico, sui palchi
di mezzo mondo, fra un tour e l'altro, quindi in uno studio di registrazione,
a mettere in condivisione impressioni, storie, semplici stralci di melodie, partendo
dal manifesto Over Everything, una vera seduta
psicanalitica insieme, dove i songwriting di Vile e Barnett sembrano guardarsi
allo specchio.
Brano trainante con i passaggi ellittici e cristallini
delle chitarre e la commistione delle voci, così imbambolate da completarsi a
vicenda tra una strofa e l'altra. L'obiettivo è centrato in pieno, con la complicità
di collaboratori del calibro di Mick Turner e Jim White dei Dirty Three, Stella
Mozgawa (Warpaint) e Mick Harvey, che assecondano i protagonisti nel procedere
pigro e sognante di buona parte di queste ballate. A imporre un solco, idealmente
vincitore nello stile, pare essere soprattutto Vile, forse perché qui affiancato
dal proprio bassista e più in generale vero direttore d'orchestra: è il procedere
intorpidito di Let It Go e della "younghiana" Fear
Is Like a Forest a offrire questa impressione, con Courtney Barnett
nel ruolo di una compagna che conosce gli spazi musicali per farsi notare. Un
po' in disparte invece si accomodano le frenesie e il nervoso puglio punk del
suo celebrato Sometimes
I Sit and Think, And Sometimes I Just Sit, in favore di un folk rock
che guarda ad orizzonti desertici (l'interpretazione di Kurt Vile di un brano
firmato da Courtney, Outta the Woodwork),
si dilata incantato (On Script) per adangiarsi infine fra dolci nenie elettro-acustiche
(l'irresistibile Continental Breakfast).
Dopo una partenza da manuale, il clima informale di Lotta Sea Lice si
acquieta, perdendo giusto un briciolo in intensità a favore di un suono quasi
folkie, intimo, evidente nella nuova interpretazione di Peepin'
Tom (dall'album Smoke
Ring for My Halo di Vile) per la sola voce di Courtney Barnett e nell'inaspettata
cover conclusiva di Untogether (brano dei Belly di Tanya Donelly, a ribadire
il decennio di maggiore fascinazione per i due musicisti), che ondeggia indolente
per quasi cinque minuti.
Non sappiamo quanto frutto di un estemporaneo
innamoramento artistico, ma proprio grazie al suo tono colloquiale Lotta Sea Lice
si mostra come qualcosa di più di un semplice passatempo, semmai il vero riconoscimento
di due anime gemelle.