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from Austin with love di
Marco Restelli (22/06/2018)
Il
nome di Giulia Millanta negli ultimi anni, album dopo album, è diventato
sempre più importante nell'ambito dell'Americana. Ciò è dipeso, senza dubbio,
sia dal suo talento, sia dalle importanti collaborazioni di cui ha potuto spesso
godere. Nel precedente disco, da noi recensito nel 2016 (Moonbeam
Parade), aveva già mostrato una progressiva maturazione artistica contornandosi,
nel contempo, di musicisti di alto livello come Charlie Sexton, Michael Fracasso,
Howe Gelb. Con questo nuovo lavoro, intitolato Conversation With A Ghost,
la cantautrice fiorentina ormai trasferita da sei anni ad Austin, continua il
proprio percorso, affrontando temi forti fra i quali quello della perdita di persone
a lei molto care. L'album, almeno per la maggior parte delle canzoni, lo ha scritto
da sola o insieme al talentuoso polistrumentista Gabe Rhodes (figlio di Kimmie
Rhodes), che ha coprodotto il lavoro e l'ha anche accompagnata nel recente tour
europeo. Un solido sodalizio artistico di cui ha beneficiato la dozzina di tracce,
piuttosto eterogenee, che compongono la track list.
Il disco si apre con
il primo singolo Blinded By The Sun scritto
in vacanza, ed ispirato dai posti dominati dalla forte luce del sole i cui raggi
sembrano in qualche modo avere un'influenza sul mood e sulla vita della protagonista
del brano. Nel relativo video la Millanta appare truccatissima, con una tuba nera
e certamente svela la sua ironia, ma anche una sorta di sottile inquietudine.
Nelle successive canzoni, la languida Hourglass e la più teatrale Puppet
On a String troviamo alla chitarra elettrica quel Marc Ribot che ha
contribuito a definire il suono post anni 70 di Tom Waits (iniziando da Rain Dogs
e poi in molti dei successivi album), con il suo plettro magico e imprevedibile.
La mia preferita dell'album, così come nel recente concerto unplugged al quale
ho avuto la fortuna di partecipare, è Lonesome Throne,
una ballata bluesy la cui melodia ti entra sotto la pelle sin dall'accenno del
primo dolce refrain. La coraggiosa Violence
è arricchita da molti versi spagnoli e dal suono dalla bellissima fisarmonica
di Joel Guzman (attualmente con Paul Simon e già con T. Bone Burnett, Joe Ely
e molti altri) mentre, in Coney Island Giulia
riesce letteralmente a sedurre l'ascoltatore con uno splendido pezzo jazzy.
Come
già avvenuto in altri suoi dischi precedenti c'è spazio anche per un brano in
italiano (anche se con il ritornello in inglese) intitolato La
Stanza. A livello musicale la chitarra elettrica e il basso (Glenn
Fukunaga) giocano un ruolo fondamentale nel suo incedere lento, scandito con efficacia
dalle percussioni dell'ottimo Dony Wynn (Robert Palmer, Robert Plant, Dr. John).
Il testo parla di una donna perennemente inquieta che passa il suo tempo nella
sua camera, mentre i ricordi si fanno sempre più duri, giorno dopo giorno, finché
il a capodanno pensa di prendere il volo (partire o forse di suicidarsi, chi può
dirlo?). Gioiellino. Riprendendo il filo dalla mia introduzione, ritengo che Giulia
Millanta con questo disco, prevalentemente intimo, abbia consolidato il suo percorso
di cantautrice che merita di essere meglio conosciuto, sia da noi in Italia che
in America.