 | | Lowlands
Love
Etc...
[Harbour
Songs/ IRD 2014]
www.lowlandsband.com
File Under:
soul americana orchestra
di
Fabio Cerbone (21/11/2014)
|  |
Non c'è verso: Edward Abbiati e i Lowlands non riescono a stare fermi.
Il sesto capitolo della loro avventura discografica - al netto di ep e collaborazioni
varie (ricordiamo il recente Me
and the Devil con Chris Cacavas) - cambia ancora le carte in tavola.
Love Etc… è infatti l'ennesima capriola musicale, compiuta con tutta
la convinzione necessaria e senza per questo stravolgere il cuore delle canzoni
firmate da Abbiati, che restano al centro di questa esperienza, a metà
strada fra l'Inghilterra e la provincia pavese.
Innegabile l'inversione
di rotta dalle atmosfere più elettriche e bluastre del predecessore Beyond:
siamo passati dalle "strade di fuoco" e da un folk rock con anima punk, a ballate
che rispolverano romanticismo e melodie scandite in gran parte da atmosfere acustiche.
Nella band nuovi ingressi hanno fatto capolino, modificando una volta di più la
mappa genetica della loro musica: ci sono Alex Cambise (chitarre e mandolino)
e Mattia Martini (batteria) ad affiancare vecchie e nuove conoscenze del gruppo,
quali Roberto Diana, Francesco Bonfiglio e "Rigo" Righetti, ma soprattutto un'intera
sezione fiati a caratterizzare il repertorio. È quest'ultimo l'innesto più significativo,
insieme alle presenze internazionali di David Henry (violoncello e violino), Mike
Slo Mo Brenner (lap steel) e Richard Hunter (armonica), che spinge i Lowlands
nella direzione di un suono "unplugged", dove parole e musica cercano un flusso
continuo.
La coesione tematica del disco è dettata dall'amore e dalle
difficoltà di relazione: abbondano riferimenti alla vita personale e ai rapporti
di coppia, spesso con sovrapposizione di rimorsi e memorie, che si accavallano
a momenti di felicità. Tutto questo si è tradotto nel sound particolare di Love
Etc…, un disco essenzialmente folk nella sua natura più profonda, ma colorato
da suggestivi elementi di celtic soul, persino di swing, che riccorrono negli
arrangiamenti. La stessa title track, la solare leggerezza della melodia che percorre
brani quali You, Me, The Sky & The Sun e Happy
Anniversary o nel finale Doing Time, mette insieme i paesaggi
acustici dei Waterboys con l'alternative country dei primi Marah e l'Asbury sound
più agrodolce, evocando in qualche occasione la formula tra soul e irish
folk dei dimenticati Dexys Midnight Runners.
In generale il clima dell'album
è pacato, teneramente malinconico, nonostante le asperità della voce di Abbiati:
soffusa è l'introduzione di How Many con steel e violoncello e altrettanto
si rivela I Wanna Be, in cui la radice soul
della piccola orchestra improvvisata dai Lowlands sostiene la delicatezza delle
armonie. Nel conto di questa trasformazione andrebbero annoverati anche il piano
e l'accordion di Bonfiglio, che tengono spesso per mano le canzoni: dal docile
sobbalzare di Wave Me Goodbye, con l'armonica di Richard Hunter in sessione,
al gioioso rollare country blues di My Baby,
arricchita dalla slide dell'ospite Maurizio "Gnola" Glielmo. Questo gioco di contrasti
tra liriche spesso amare (carattere evidente in Still I Wonder, Can't
Face the Distance) e una musicalità quasi disarmante è lo sbocco naturale
di Love Etc…
In soli sei anni di incisioni ufficiali i Lowlands
hanno alimentato una piccola, importante storia, provando ogni volta a dire qualcosa
di diverso, pur frequentando la stessa lingua folk americana.
|