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1978
Joe Ely
 Honky Tonk Masquerade  [MCA]

Esemplare testimonianza di una progressiva esplosione della scena country rock texana alla fine del decennio, Honky Tonk Masquerade rappresenta non solo la sbocciatura di Joe Ely come interprete e autore (comincia a firmare diversi brani in proprio o con l'aiuto dell'inseparabile amico Butch Hancock), ma anche la sua centralità nel ridare slancio al binomio fra rock'n'roll e radici. Negli anni l'accento si sposterà gradualmente verso la formazione rock del musicista, ma è pur vero che in questo lavoro Ely traccia un pecorso comune con i conterranei maestri texani delle stagioni passate, prendendo poi una strada tutta sua, all'insegna di una eclettica rivisitazione dei linguaggi tradizionali. Con i giovani compari Lloyd Maines e Jesse Taylor, Ely miscela rockabilly, western swing, walzer country e honky tonk music accendendo un juke box di colori e aromi dal confine. (FC)

http://www.youtube.com/watch?v=f7DB5rclU1M (Video)

Take #2, prova anche: Joe Ely (MCA 1977)


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1978
Lee Clayton
 Border Affair  [Capitol]

Lee Clayton non è stato ripagato dalla buona sorte per questi primi vagiti come singer-songwriter, ciò a dispetto della sua indiscutibile capacità nello scrivere ottimi brani per altri, riuscendo a fondere sapientemente il rock con la tradizione folk del Texas e i suoni di frontiera. Ne è esempio questo suo secondo lavoro e primo per la Capitol, che mette in evidenza ottimi brani a cominciare da Silver Stallion con una chitarra lancinante e i fiati che gonfiano il pezzo, ma anche il valzer If you Can Touch Her at All dominato dalla lap steel, armonica e fiati tex mex mentre Back home in Tennessee è ballata struggente, classico alla Van Zandt. La title track, languida song di frontiera, è tra i brani migliori. La ristampa del 2008 comprende anche i due album successivi che ne hanno però decretato il declino. (GZ)

http://www.youtube.com/watch?v=6-I7UiMYUT8 (Video)

Take #2, prova anche: Naked Child (Capitol 1979)

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1978
Rodney Crowell
 Ain't Living Too Long Like This  [A&M]

Rodney Crowell è sempre stato uno dei più dotati songwriter della scuola texana honky tonk durante i '70 e gli '80. Questo suo stellare esordio (con ospiti del calibro di Ry Cooder, Dr.John, Emmylou Harris e Willie Nelson) rivela non solo le sue originali capacità compositive, con testi che parlano di amori, sogni e sbornie ma mostra anche le sue capacità interpretative (facendo risorgere un brano senza tempo come Elvira di Dallas Frazier e l'inimitabile waltz A Fool Such I) con una sensibilità pop e una vitalità rock'n roll uniche e con il cuore rivolto verso la tradizione. Quello che più sorprende ascoltandolo é la sensazione che le canzoni escano da sole allo scoperto, per essere vissute sulla propria pelle. L'influenza di questa raccolta fu grandissima tanto che quasi ogni brano fu poi ripreso da altri, negli anni a venire. Per rivivere a pieni polmoni il vero sogno americano. (EM)

http://www.youtube.com/watch?v=au5BWBvkK2M (Video)


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1978
Southside Johnny
& The Asbury Jukes
 Hearts of Stone [Epic]

L'Asbury sound è maturo ma non se ne sarebbe neanche tanto parlato, se quella cricca di musicisti del Jersey non avesse ideato certi capolavori per sopravvivere alla periferia urbana. Così per Hearts of Stone di Southside Johnny, amico di Springsteen e di quel giro dei locali sulla costa, unica mano di colore alla ruggine delle fabbriche d'inizio anni '80. "L'amicizia con Johnny è nata in quelle notti d'estate in cui non c'era altro da fare che suonare" - dice "The Boss", e Johnny Lyon lo conferma, dal titolo di questo disco (title-track regalata dal compare) all'amore per quel R&B di cui il lavoro è pregno. Quello di Got To Be A Better Way Home o di I Played The Fool, ma anche nel romanticismo di Next To You o Light Don't Shine. Quando anche il rhythm & blues salva la vita. (MF)

http://www.youtube.com/watch?v=yQ3amVBypEk (Video)

Take #2, prova anche: I Don't Want to Go Home (Epic 1976)


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1978
Steve Forbert
 Alive on Arrival  [Nemperor]

Proprio quando il punk e le notti al CBGB's sembrano avere reso ormai obsoleta la figura del songwriter con chitarra a tracolla, riapre inaspettatamente i battenti il "club dei nuovi Dylan". Uno dei primi iscritti viene dal Mississippi, ma si è fatto le ossa suonando alla Grand Central Station di New York, porta giubbotti sgualciti di jeans e accorda un idioma folk-rock nervoso e una voce da adolescente ancora in crescita con uno sguardo disincantato sugli ups (pochi) e i downs (molti) della vita metropolitana e sulla scomodità del diventare adulti. Uno sprazzo di successo arriverà con Romeo's Tune sull'album successivo, ma qua c'è già tutta la poetica urbana e concreta (il talking a ruota libera di Steve Forbert's Midsummer Night's Toast, l'autoironia di What Kinda Guy…) di questo piccolo grande autore. (YS)

http://www.youtube.com/watch?v=eu_oTh04u3c (Video)

Take #2, prova anche: Jackrabbit Slim (Nemperor 1979)


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1978
Tom Petty
& The Heartbreakers
 Damn the Torpedoes  [MCA]

Damn The Torpedoes è uno di quegli album che hanno contribuito a definire il rock'n'roll cliché del "difficile terzo disco". In effetti, come è noto ormai a chiunque, all'epoca tutto concorreva perché Damn The Torpedoes rimanesse nell'ambito dei sogni e delle terre promesse. Una volta uscito, non solo è stato un successo immediato, ma con il tempo, che rende giustizia "anche ai losers", si è rivelato una vera e propria pietra miliare, svelando la caparbietà (e la cristallina coerenza) di Tom Petty e consacrando in via definitiva gli Heartbreakers tra le più grandi rock'n'roll band di sempre. Refugee la canzone perfetta. (MD)

http://www.youtube.com/watch?v=BB42I5PO5_4 (Video)

Take #2, prova anche: Tom Petty & the Heartbreakers (Shelter 1976)


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1979
Butch Hancock
 The Wind's Dominion  [Rainlight]

Ad ogni ascolto del primo Hancock è inevitabile il sussulto per via della somiglianza della sua voce (un po' anche nello stile) a quella di Dylan. In questo secondo lavoro (un doppio LP) Butch in molti brani amplia i suoni, uscendo dallo schema chitarra-voce-armonica, si avvale del supporto dei futuri Flatlanders (Joe Ely, Jimmie Dale Gilmore e Lloyd Maines). In tal modo dona profondità e spessore alle sue composizioni che però non risultano tutte alla stessa altezza (qualche lungaggine appesantisce alcune canzoni), anche se nel lotto emergono autentiche gemme che ancora oggi figurano tra le sue migliori composizioni di sempre come i dieci minuti di Only Born, che potremmo considerare la sua Desolation Row, oppure la stessa brillante Wind's Dominion con banjo e lap steel sugli scudi. (GZ)

http://www.youtube.com/watch?v=6LsKgPwv-Lg (Video)

Take #2, prova anche: West Texas Waltzes & Dust Blown Tractor Tunes (Rainlight 1978)


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1979
Lowell George
 Thank's I'll Eat It There  [MCA]

Dopo Feats Don't Fail Me Now Lowell George stentava a orientarsi nella strada imboccata dai Little Feat. Le tensioni con il resto del gruppo divennero palesi durante le registrazioni di Time Loves a Hero, disco in cui il contributo del chitarrista era ormai marginale, soprattutto in fase compositiva. "Cercano di suonare come i Weather Report", dirà amareggiato. Lo sfogo naturale e inevitabile fu quindi la realizzazione di un disco solista, in cui riversare il proprio amore per il funk e il soul, i laid-back dall'aroma country, blues e tex-mex, il canto della sua slide. Molte cover (tra cui Easy Money, dell'allora esordiente Rickie Lee Jones) e un pugno di originali (commovente 20 Million Things) sono l'ultimo lascito di George, il cui cuore malandato si fermò in una stanza d'albergo, il mattino dopo uno show al Lissner Auditorium di Washington. Aveva 34 anni. (YS)

http://www.youtube.com/watch?v=L9JVfGhVfk0 (Video)


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1979
Rickie Lee Jones
 Rickie Lee Jones  [Geffen]

Il basco, i lunghi capelli biondi, il cigarillo, gli occhi bassi tra strafottenza e sconforto (tutti racchiusi in una quanto mai iconica, e bellissima, foto di Norman Seeff). Nessun dubbio: Rickie Lee Jones, che si accompagna a Tom Waits (con lui e con l'amico Chuck E. Weiss movimenta le notti del Tropicana Motel, sul Santa Monica Boulevard di L.A.) e ha da poco abbandonato l'impiego da cameriera in un diner, è il nuovo angelo beat della città. Il suo indimenticabile album d'esordio, con Dr John al pianoforte e la crema dei turnisti californiani, vende più di due milioni di copie: è ammiccante, erotico, sensuale e swing. Ma dietro il jazz c'è il tormento di Van Morrison, dietro lo scat le ballate amare di Joni Mitchell, dietro il rhytm'n'blues, i ritmi caraibici e le parentesi di eleganza classica una spaventosa sensazione di freddo ed emarginazione, tutta la nevrosi e il dolore di una chanteuse al tramonto di un'epoca iniziata con la morte di Kerouac e già minacciata dall'incombere degli anni '80. (GC)

http://www.youtube.com/watch?v=qKlP5IHOm-k (Video)


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1979
Terry Allen
 Lubbock (On Everything) [Fate]

"Texas state of mind": Terry Allen, pittore, musicista, sceneggiatore (non necessariamente in quest'ordine), è nato in Kansas, figlio di un giocatore di baseball, ma non riuscirebbe ad immaginarsi altrove se non nel Texas, dov'è cresciuto. Lubbock (On Everything), dopo la "colonna sonora per un film immaginario" di Juarez (1975), infarcito di crimini e violenze, gioca la carta dell'affresco nostalgico e imponente (per durata), senza rinunciare all'ironia. Il risultato è una sarabanda ora travolgente ora malinconica di stili (country, rock'n'roll, tex-mex, blues, honky-tonk), strumenti (pedal-steel, pianoforte, violini, tromba, tuba, trombone, fisarmonica) e stati d'animo (dal sarcasmo beffardo di The Great Joe Bob (A Regional Tragedy) alla malinconia di The Wolfman Of Del Rio). Tutto sotto il cielo sterminato di quell'enorme paese dove "finché non hai una macchina, puoi anche permetterti di non avere ricordi", mentre James Crumley scrive un vaudeville alla Feydeau. (GC)

http://www.youtube.com/watch?v=SsN1AcllQ4I (Video)

Take #2, prova anche: Juarez (Fate 1975)


- - - - - - Riepilogo finale - - - - - -